Depardieu: “Sono rinato con Bertolucci”

Gérard Depardieu ha presentato a Roma Innocente, il libro da lui scritto in cui, senza censura, racconta di potere, religione, cinema, politica, vissuto personale e interiore


Innocente di Gérard Depardieu (Edizioni Clichy, pp.160) è, anzitutto, un espresso tributo a Sant’Agostino, così ha spiegato l’attore francese, che, a proposito del suo mestiere, dice: “Non sapevo che avrei fatto l’attore, ma sentivo di avere il bisogno di parlare, mi piacciono le parole, per cui non parlo molto italiano ma posso leggerlo e capirlo, come il russo”. Nel dire che “non c’è niente di coraggioso nell’essere attore” il discorso inizia ad allargarsi, passando dalla religione alla politica, con inevitabili battute su Putin, ma ovviamente arrivando al cinema. Così esprime il suo punto di vista più ampio sulle cose della vita, facendo un’affermazione precisa sugli attori, anche qui con “nomi e cognomi”, che non risparmia nel libro per ogni contesto: “Al cinema Marcello (Mastroianni) era semplice, come Tognazzi: erano naturali, per questo straordinari”. È significativa questa considerazione di Depardieu poiché conferma la sua lettura umana delle persone, che spiega lungamente in tutto l’incontro: “Innocenza è guardare la vita senza pretendere, guardare con il cuore, cogliere quello che viene”. 

Con questo spirito non riesce a non accarezzare il ricordo affettuoso del suo Olmo Dalcò in Novecento di Bernardo Bertolucci: “Quando ho fatto Novecento sono rinato. Con Bernardo sono rinato. Porto nel cuore l’Italia del Nord, Parma, Langhirano, il grana. Forse tutto questo l’avevo già conosciuto in un’altra vita”. Con queste parole conferma il suo affetto per le nostre terre, non solo da un punto di vista cinematografico ma anche gastronomico, per cui ha ricoperto ruoli di prestigio per la tutela del marchio del prosciutto toscano e collaborato con Carlo Petrini per Slow Food, come ci tiene a ribadire. L’Italia di Depardieu continuamente s’intreccia con il cinema, non soltanto quello interpretato da lui, ma quello che lui prende come spunto per riflessioni sociali: “Tutta la grande borghesia italiana ripone nel matrimonio il simbolo della felicità, questo ha permesso film italiani straordinari, i francesi non hanno questo sentimento”.

Così Depardieu celebra ancora il cinema italiano ma al tempo stesso lancia una critica ad una porzione della nostra società, toccando così la Chiesa e ampliando il discorso al concetto di potere in genere: “La Chiesa è tutta una questione di potere”, considera in un passaggio in cui include riflessioni sul tempo presente, sulla storia dell’oggi, dove spazia dagli esodi migratori conseguenti alle guerre e al terrorismo. “Islam e Daesh sono tutti ignoranti e cattivi. Un grande problema sono anche le giovani donne che non hanno prospettive e che a 18 anni restano incinte, mettendo così al mondo figli che diventeranno guerrieri”. Passa a parlare della gestione del potere mediatico, per cui “in tv è tutto pornografico, anche l’informazione; i conduttori sono uguali in tutto il mondo, non mi piace questo, mi sono rivoltato contro l’aggressività dei media. Loro (chi fa informazione) parlano, parlano, ma non pensano ai migranti. La gente che dice di fare informazione è merda, parlano di razzismo ma in realtà c’è solo ipocrisia, è un mondo del cazzo, senza umanità”.

Si arrabbia Depardieu, non risparmia considerazioni lapidarie, ben rafforzate dall’uso di un italiano, alternato al suo francese, in cui le parolacce funzionano nel sostenere il suo punto di vista indignato. E dunque, Depardieu, schifato dell’informazione del presente, racconta che preferisce “leggere di Storia, perché su 600 libri in uscita all’anno in Francia, 599 sono merde”.  “La lettura – continua – mi ha aperto: ciò che c’è dentro un libro ti può aprire alla luce, come in un film possono bastare cinque piani a darti la chiave, ma è una questione di cuore”.

Per l’attore, di qualunque questione si tratti, “ascoltare è la cosa più importante”, ma l’ascolto, quello sincero, non è quello in cui si sorride quando qualcuno parla: “così sorridere è da deficiente”, ammonisce. Gérard Depardieu spiega che ha vissuto così, senza farsi domande, perché “non è possibile imparare se sei contro la vita, bisogna guardare la gente dentro gli occhi, l’innocenza è dentro la vita”. Tra “sacro” e profano il pensiero di Depardieu si ramifica e si sintetizza tra ironia – ricorda l’incontro con Luis Buñuel e quello che il regista ispano-messicano gli disse: “A 90 anni so che il cazzo non risponde, posso vivere in pace” – e una presa di coscienza concreta e spirituale, per cui chiosa con una “preghiera” popolare: “butta via il telefono e cerca di sentire un altro rumore, così sei vivo e innocente”.    

Nicole Bianchi
26 Settembre 2016

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