Con la consegna dei David di Donatello si chiude definitivamente, almeno per noi italiani, la stagione dei premi legata al 2023. Tra 10 giorni inizierà il Festival di Cannes e il pubblico, così come i critici, andranno alla ricerca dei prossimi titoli di cui innamorarsi o anche solo discutere: il nuovo fenomeno Paola Cortellesi o il prossimo Barbenheimer.
Insomma, è il momento giusto per pubblicare le brevi conversazioni che abbiamo avuto con alcuni dei vincitori dello scorso FantaOscar, il fantasy game di CinecittàNews che scava nella passione dei cinefili di tutta Italia, sfruttando i più popolari e prestigiosi riconoscimenti del mondo del cinema. A coloro che si sono saputi distinguere con le loro scelte abbiamo chiesto da dove nascesse il loro amore per la settima arte e quali titoli della scorsa stagione abbiano saputo risvegliarlo.
Luca Blasio è uno studente universitario di 20 anni, che ci racconta come il suo amore per il cinema sia nato guardando la serie Psych con sua madre. Una passione cresciuta insieme al desiderio di lavorare nel mondo del cinema, magari come attore. Luca rievoca un evento del 2019 (in foto), quando ha avuto l’occasione di entrare a sorpresa alla premiere romana di C’era una volta ad Hollywood, introdotta da una lettera dello stesso Tarantino, che chiedeva al pubblico il massimo riserbo su quanto stessero per vedere. Un episodio che Luca “si porterà sempre nel cuore” e che ricorda a noi freddi cronisti del mondo del cinema quanto questa forma d’arte secolare sia in grado di far emozionare, anche con le cose più semplici.
“Il mio film preferito tra i candidati di quest’anno, – ci rivela Luca – se devo parlare col cuore, è Mission: Impossible – Dead Reckoning – Part One perché è una saga a cui sono molto legato, ma se devo essere oggettivo, non posso non dire Oppenheimer di Nolan. Un film che ho già visto quattro volte e che è stata forse l’esperienza cinematografica più bella della mia breve vita”.
Anche il 23enne Riccardo Panetta, studente, sceglie il capolavoro di Nolan come film dell’anno: “tre ore che filano come se fossero trenta minuti. Rimani incollato allo schermo per tutto il tempo, sempre in tensione grazie all’eccelso montaggio e l’incredibile colonna sonora. Un’opera incredibile che ci fa riflettere sulla persona che ha cambiato la storia e sul mondo che ha creato (o distrutto). Ho amato anche Godzilla Minus One, che in un certo senso continua il discorso lasciato in sospeso da Oppenheimer”.
“Ricordo come se fosse ieri la prima volta che vidi la Trilogia Originale di Star Wars, Terminator, Il Signore degli Anelli e, in particolar modo, I Predatori dell’Arca Perduta. – ci racconta Riccardo parlando della sua infanzia – Quest’ultimo film in particolar modo fece nascere in me la passione per il cinema e da allora cominciai ad esplorare questo mondo per conto mio. Al liceo ho seguito un corso di cinematografia che mi ha cambiato la vita e tutt’ora studio cinema all’università”.
“Il cinema è il mio migliore amico, – rivela Mattia Rizzolli, studente e filmmaker 22enne – mi ha sempre aiutato, in ogni momento di difficoltà. Ogni volta che posso cerco di andare in sala e provare a cogliere il meglio da ogni pellicola che ho davanti per apprendere ancora di più, in ogni giorno, in ogni istante. Ogni tipologia di cinema parte da un’idea, una storia, una suggestione che nasconde dietro di sé un regista che vuole raccontarci qualcosa. Ecco allora, che cerco d’imparare da ogni film, scoprendo così nuovi mondi”.
“Tra i candidati agli Oscar, – continua Mattia – ho apprezzato molto La zona d’interesse di Jonathan Glazer, un film che colpisce per tanti aspetti, uno su tutti: la capacità di non mostrare. Vediamo l’orrore dell’Olocausto sotto un’altra prospettiva e forse è proprio per questo che la pellicola crea un rumore così forte, impossibile da ignorare e dimenticare”.
Nonostante sia di un’altra generazione, Gianluigi, insegnante 37enne, ha scelto anch’egli la pellicola di Jonathan Glazer: “un’autentica rivelazione. Un film che materializza il potere del grande Cinema, lavorando tanto con ciò che non si vede quanto con ciò che si sente, per raccontare l’Olocausto da una prospettiva inedita e coraggiosissima. Un vero pugno nello stomaco dello spettatore, che attraverso la sua indubbia originalità e fattura, non lascia indifferenti e potrebbe facilmente assurgere a capolavoro, almeno per quanto mi riguarda”.
“Non ricordo il giorno in cui me ne innamorai. La mia passione è maturata con l’età. – continua Gianluigi parlandoci del suo rapporto con la settima arte – Tuttavia ricordo distintamente che il mio primo bacio con il grande schermo è silenziosamente esploso con Donnie Darko. Posso dire di aver perso la mia verginità sentimentale con il cult di Richard Kelly, a tutt’oggi la mia pellicola preferita. Il potere che riconobbi e che riconosco a quel film, concerne la sua profonda natura esistenzialista, la capacità di abbracciare le domande senza risposta che l’uomo rincorre da sempre, senza tralasciare l’empatia che mi lega al personaggio magistralmente interpretato da un giovanissimo Jake Gyllenhaal”.
Immaginiamo che Gianluigi sarà tra i primi a riscoprire sul grande schermo la versione restaurata di Donnie Darko, che tornerà al cinema tra un mese. Chissà quali emozioni proverà quando le luci si spegneranno in sala. Forse quel senso di elettrizzante felicità che, alla fine dei conti, è quello che ricerchiamo tutte le volte che decidiamo di abbandonarci alla settima arte.
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