Una notizia shock e relativamente inaspettata, la morte di David Bowie, avvenuta oggi sopo 18 mesi di battaglia contro il cancro e “pacificamente”, secondo il breve comunicato rilasciato dalla famiglia. Vero che il Duca Bianco non si vedeva sui palchi dal 2006, ma il suo ultimo disco, Blackstar, il ventisettesimo di una carriera quasi cinquantennale, era uscito l’8 gennaio, appena pochi giorni fa. Questa mattina, l’annuncio sul suo account twitter. Talmente surreale, tra l’altro appena dopo la notte dei Golden Globes, che la stampa ha ritardato a rilanciarlo: tutti hanno pensato a (o sperato in) una bufala, magari architettata da sapienti hacker. Invece, purtroppo, è tutto vero, e i familiari nel tweet chiedono di rispettare la privacy “pur sapendo che il loro dolore “sarà condiviso da molti”. Il premier britannico David Cameron in un tweet ha scritto: “Sono cresciuto ascoltano e guardando il genio pop di David Bowie. Era un maestro nel reinventarsi e continuava ad azzeccarci. Una perdita enorme”.
Bowie nasce a Londra nel 1947. Nome di battesimo David Robert Jones (Bowie è il cognome adottato per non confondersi con il David Jones cantante dei Monkees). Il suo primo singolo, ‘Can’t help thinking about me’, venne pubblicato il 14 gennaio del 1966 (il lato B si intitola ‘And I say to myself’) a nome di David Bowie e The Lower Third. Sette anni dopo era già un mito giovanile, il fondatore del glam rock, padre putativo di buona parte della generazione del rock inglese degli Oasis. Nel 1973, con uno strepitoso concerto all’Hammersmith Odeon di Londra, insieme agli Spiders From Mars, Bowie annunciava la fine di Ziggy Stardust, l’alieno dalla rivoluzionaria ambiguità sessuale che è stato la sua prima incarnazione e il passaporto per il successo.
Nonostante i suoi album – ad oggi – siano stati per anni lontani dai primi posti delle classifiche, Bowie resta uno dei protagonisti assoluti della scena mondiale: dal 1997 è anche quotato in Borsa, grazie all’emissione dei Bowie Bonds effettuata offrendo a garanzia le royalties ricevute per i dischi venduti fino al 1993 (circa un milione di copie all’anno). Da questa operazione pare che abbia ricavato più di 40 milioni di euro. Nel 2007 ha ricevuto il Grammy alla carriera, equivalente musicale dell’Oscar. Nel 2005 l’intervento di angioplastica al cuore lo costrinse ad interrompere una tournée e annullare tutti i suoi impegni. Probabilmente l’incontro cruciale della sua carriera è stato quello con Lindsay Kemp nel 1967: grazie a lui ha appreso i segreti del mimo e della messa in scena teatrale, elementi fondanti della sua personalità artistica affermatasi attraverso le ormai celebri impersonificazioni, Ziggy Stardust e il Duca Bianco, algida figura che ha schiuso le porte della new wave. Nei panni di questi due personaggi, Bowie ha inciso album leggendari come Space Oddity, The Man who sold the world, The Rise And Fall Of Ziggy Stardust And The Spiders From Mars.
All’inizio degli anni ’80 è uno dei pochi capaci di conciliare rock e teatro, pop e avanguardia, trasgressione e letteratura potendo contare su solidi legami che vanno dal rock’n’roll stardom a Warhol e William Burroughs. Dopo Station to station e The Thin White Duke Bowie lascia Los Angeles e si trasferisce a Berlino dove, con la collaborazione di Brian Eno, registra tre degli album piu’ importanti della sua carriera, Low, Heroes (forse il suo capolavoro) e Lodger. A Berlino Bowie riesce a liberarsi dalla schiavitù della cocaina e inaugura gli anni ’80 con una nuova clamorosa svolta stilistica che gli frutterà il più grande successo commerciale della sua discografia, Let’s Dance, un raffinatissimo viaggio attraverso il rock’n’roll, il funky, la dance più elegante. E’ il periodo piu’ commerciale di Bowie che spiazza ancora una volta i suoi fan formando i Thin Machine, un quartetto chitarra, basso, batteria che suona un rock durissimo, disastroso dal punto di vista del mercato. La sua attività è rimasta intensissima anche negli ultimi anni con album come Black Tie White Noise, Outside, Hours, Reality, Heathen.
Indimenticabile il suo duetto con Freddie Mercury nell’album dei Queen ‘Hot Space’, in cui canta con il frontman il celebre singolo Under Pressure.
Ricca anche la sua carriera nel cinema: da L’uomo che cadde sulla Terra del 1976 a Christiane F: Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino, passando per Miriam si sveglia a Mezzanotte, Furyo, Tutto in una notte, L’ultima tentazione di Cristo, Twin Peaks: Fuoco cammina con me, Basquiat, Zoolander e The Prestige. Il suo ruolo più iconico è sicuramente quello di ‘re degli gnomi’ in Labyrinth: dove tutto è possibile, celebre fantasy anni ’80, mentre il più bizzarro è quello di villain ne Il mio west di Giovanni Veronesi, a fianco di Harvey Keitel e Leonardo Pieraccioni.
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