Danis Tanovic: i Rom, la discriminazione, la rabbia nel mio film boy scout


BERLINO – “La rabbia, l’incapacità di capire e accettare la disumanità delle persone”. E’ questo il motore che ha spinto il premio Oscar Danis Tanovic (nel 2001 per No Man’s Land) a girare quello che definisce un “boy scout film”. Con un budget bassissimo (ma con la partecipazione di Rai Cinema), pochi giorni di riprese e una troupe di una manciata di persone, il regista ha infatti realizzato An episode in the Life of an Iron Picker che, dice, in modo del tutto inaspettato, è finito in concorso alla Berlinale. La storia del film, in realtà, è di quelle che si prestano perfettamente a un festival colto, rigoroso e politico come quello tedesco. Sullo schermo scorre infatti la vicenda reale della famiglia rom dei Mujic: mantenuta dal commercio di ferro del padre, deve far fronte all’aborto di mamma Senada che, incinta del terzo figlio, scopre che il bimbo le è morto in grembo. Nessuno però è disposto ad operarla perché non ha l’assicurazione medica, e la sua stessa vita è a rischio. Una storia accaduta davvero in Bosnia-Erzegovina, che ha spinto il regista di Triage a cercarne i protagonisti per trasformarla in cinema e denunciare la discriminazione imperante nel Paese. Dopo averli incontrati Tanovic ha deciso di girare il film con gli stessi protagonisti della vicenda, Nazif e Senada, che hanno ricostruito con lui tutti i passaggi, in un sorprendente mix tra documentario e finzione.

 

Perché ha scelto proprio questa storia?

Perché ero arrabbiato. E questa rabbia mi ha fatto tornare giovane come quando facevo documentari durante la guerra. Come può succedere che in un Paese dove durante la guerra si rischiava la vita per salvare degli estranei, una donna rischi di morire e nessuno la aiuta? Io sono padre e marito e mi chiedo come possa succedere. Il fatto che siano Rom, poi, è casuale, ci sono tante famiglie come questa nel mio Paese.

 

Come ha girato questo film in termini pratici?

Ho avuto la folle idea di far recitare loro due e mi sono detto: con un budget così piccolo se funziona, bene, altrimenti pazienza. Ero totalmente libero. Filmavo la vita, li seguivo mentre mangiavano, dicevo loro di fare ciò che dovevano senza fare caso a me. Non c’è stata quasi messinscena, quando dovevano ricostruire l’episodio accaduto lo giravamo al massimo due volte, perché alla terza avrebbero iniziato a recitare. Per il resto non c’erano luci, non c’era trucco, non c’era catering: sul set eravamo io, il direttore della fotografia e il tecnico audio.

 

E’ un’impressionante fotografia della discriminazione dei Rom…

Di sicuro uno sguardo sulla discriminazione nel mio Paese, non solo dei Rom. In Bosnia-Erzegovina tutti sono discriminati per un motivo o per l’altro, è un sistema che sta crollando perché si vive alla giornata, non si pensa al domani, non c’è un sistema sanitario.

 

Il suo protagonista combatte di fronte a tremende avversità…

C’è una grande vitalità della gente del mio Paese, dopo che ha affrontato la guerra. Nazif mi piace perché combatte. Il film non è patetico perché lotta, ed è il motivo che me lo fa amare. Io penso di essere una persona aperta, sono di sinistra, ma il mio contatto con i Rom si limitava agli incontri in mezzo alla strada quando mi chiedevano soldi. Sono grato che mi abbiano fatto entrare nel loro mondo: sono persone orgogliose, buone. Nel mio Paese le persone sopravvivono perché si aiutano. Succedeva anche in Italia prima che diventaste ricchi… ma ora state tornando indietro.

 

Ha pensato a qualche modello mentre girava questo film?

I miei film preferiti sono italiani, quelli di una volta, i classici. In questo caso pensavo a Ladri di biciclette, piango ogni volta che lo vedo ed è uno dei motivi per cui amo il cinema.

 

Uscirà presto in sala?

Non sono così ingenuo da pensarlo: il pubblico vuole intrattenimento, non vuole andare al cinema per vedere la vita reale.

 

Quanto aiuta aver vinto un Oscar?

Aiuta molto solo se sei a Hollywood. A me al massimo danno dei posti migliori in aereo. Sono e resto uno ‘straniero’, un regista bosniaco, uno magari si aspetta che sia milionario e faccia film milionari…

 

Cosa dobbiamo aspettarci per un suo prossimo film?

Ne so preparando uno, ma non dico nulla se non che venerdì inizio a girare qui a Berlino, è una città molto affascinante, grafica.
 

13 Febbraio 2013

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