‘Cuckoo’, Hunter Schafer da ‘Euphoria’ al coming of age horror

Tilman Singer presenta nella sezione Berlinale Special il suo ultimo lungometraggio ambientato nelle Alpi bavaresi. Tra dramma psicologico e racconto di paura, il film tratto dall'efferata natura del Cuculo vive quasi unicamente dell'interpretazione della sua giovane protagonista


BERLINO – Il cuculo è uno dei pochi uccelli a non costruire nidi. Il noto migratore originario delle foreste tropicali depone le uova nei luoghi amorevolmente architettati da altri volatili. È, in sostanza, simile a un parassita, approfittatore di spazi e sforzi, scaltro calcolatore senza cuore. Un’idea che al regista tedesco Tilman Singer, al Festival di Berlino nella sezione Berlinale Special, è piaciuta molto, tanto da costruirci attorno un intero film. Si chiama Cuckoo e nasce proprio da un documentario incontrato dal regista quasi per caso. Cosa fare però di un elemento tanto intrigante quanto privo di struttura? Ci si disegna attorno una storia: Cuckoo è perciò un coming of age, che muta d’improvviso, dopo la prima ora, in un horror che guarda ad Argento, a Shining e persino alle atmosfere del Twin Peaks di David LynchIl gesto apparentemente efferato del cuculo diventa occasione per riflettere sui rapporti familiari, in particolare sulle dinamiche tra padre e figlia e tra sorelle, soprattutto quando quest’ultime non hanno legami di sangue. Una parabola lunga e complicata, che sceglie la via dell’horror sensazionalista – soprattutto nell’ultimo atto – trasformando fantasmi interiori in vere e proprie presenze, ombre del passato in creature in carne e ossa. Un unico viaggio che attraversa tante, forse troppe, ambizioni, sorretto però da una giovane protagonista completamente votata al ruolo.

Cuckoo si presenta allo spettatore con un titolo mostrato a schermo con un font molto spesso, il cui interno diventa il film stesso come un portale verso un’altra dimensione. Tilman Singer cerca da subito un carattere forte, elementi caratterizzanti per la propria storia. Sono numerosi i riferimenti che balzano agli occhi dello spettatore. A calamitare l’attenzione è però lei, grande protagonista di questa storia, sballottata tra un dramma psicologico e un horror puro, fatto di sintagmi classici che restituiscono una screem queen quasi perfetta. Schafer, classe 1998, ha dichiarato in occasione della conferenza stampa del film di essersi divertita molto nel ruolo e di “amare le parti urlate”. Non sa però, per ora, quale strada prenderà, se davvero ci sia spazio per un futuro da vera scream queen (“dovrei farne tanti altri di film horror per diventarlo, no?”) o se il film di Singer sia stata solo un’incursione passeggera. Cuckoo è per Hunter Schafer infatti la prima interpretazione in un lungometraggio, contattata da Tilman Singer proprio mentre si trovava ancora sul set di Euphoria, la serie HBO record di ascolti per la rete.

La star di Euphoria Hunter Schafer arriva a inizio film nelle Alpi bavaresi dopo aver perso la madre ed essere capitata quindi nella nuova famiglia del padre. In Cuckoo interpreta Gretchen, diciassettenne costretta tra i boschi tedeschi, lì dove nulla può succedere. Il padre è un architetto ed è stato invitato dal proprietario di un importante resort, il signor Koning (Dan Stevens), a costruire una nuova sezione del suo complesso di Hotel. Gretchen sente suoni, passi, vede ombre: la seguiamo nelle sue ossessioni chiedendoci continuamente quanta verità ci sia in queste impressioni che sembrano figlie di un trauma irrisolto, la perdita della madre e lo sradicamento dai suoi luoghi d’origine. Molto importanti nell’intelaiatura del dramma psicologico, oltre che ottime occasioni per la sua interprete, sono però anche le scene più apparentemente innocue, quando Gretchen si abbandona al suono della propria chitarra o prova a fuggire con una sconosciuta.

Singer non nasconde gli intenti orrorifici e da subito utilizza la regia per anticipare la consapevolezza della protagonista, che scopre piano piano quali terribili verità si nascondano nella nuova famiglia. Le soluzioni visive si alleano con il suono, particolarmente ricercato, e gli spazi, fondamentali per tracciare le geometrie asettiche ed estranee a cui Gretchen è costretta come in gabbia. Una prima scena in un bagno pubblico anticipa le intenzioni e la meta di Cuckoo, ma nonostante restiamo appesi all’incertezza. Poi, il film lascia andare ogni incertezza, e cambia aspetto. Diventa un horror senza compromessi, didascalico, con cattivi dalle intenzioni narrate in lunghi monologhi e creature paranormali. Per un attimo, il film sosta anche nell’indagine paranormale, ma anche questo volto ha vita breve. A reggere, intatta, è sempre Schafer, che attraversa i generi senza subire la dissonanza che altri comprimari restituiscono allo spettatore.

Il senso profondo del film, celato inizialmente nei misteri interiori e labirintici della sua complicata protagonista, si disperde, e Tillman non ne tiene le fila. La metafora si fa didascalia, il cuculo escamotage, giustificazione per un super villain che già avevamo intravisto e che si rivela ben più scontato delle aspettative. Il nido di questo cuculo tanto amato da Singer si spezza, e soffre di doppia personalità. Dramma psicologico pieno di appeal nella prima ora, film horror con poca personalità per il tempo che resta. La sensazione in fondo è che un cuculo abbia fatto le scarpe al nostro, scambiando il suo film con quello che stavamo guardando. Illesa è proprio lei, Hunter Schafer, forse screem queen, forse no, di certo battezzata al lungometraggio e pronta ad altre prove.

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16 Febbraio 2024

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