‘Antonia’: l’endometriosi raccontata senza tabù

Arriva su Prime Video la nuova serie dramedy ideata da Chiara Martegiani. Antonia è una giovane donna in fuga dal dolore e da se stessa, che scopre come la malattia cronica abbia sempre influenzato la sua vita

Antonia

Arriva su Prime Video la nuova serie dramedy Antonia, ideata da Chiara Martegiani, diretta da Chiara Malta e scritta da Elisa Casseri, Carlotta Corradi e Martegiani con la supervisione creativa di Valerio Mastandrea, che affianca Martegiani anche nel cast, oltre ad essere suo compagno nella vita reale.

Ci sono anche anche Barbara Chichiarelli, Emanuele Linfatti, Leonardo Lidi e Chiara Caselli.

Una produzione Fidelio e Groenlandia (una società del Gruppo Banijay) in collaborazione con Prime Video, in collaborazione con Rai Fiction, Antonia sarà disponibile in esclusiva su Prime Video dal 4 marzo.

Antonia è una giovane donna in fuga dal dolore e da se stessa. Dopo aver lasciato la sua famiglia poco più che adolescente, ha trovato una sorta di equilibrio a Roma, una giungla urbana ed emotiva perfetta per integrarsi senza dover fornire troppe spiegazioni. Ma al suo 33esimo compleanno, il suo piano di difesa fallisce: litiga con tutti, viene licenziata e finisce in ospedale, dove scopre di avere l’endometriosi, malattia cronica che, senza che Antonia se ne rendesse conto, ha influenzato tutta la sua vita.

Attraverso uno strano percorso di psicoterapia, la scoperta della malattia diventerà però un’occasione per conoscersi e smettere di scappare, iniziando ad affrontare i nodi della sua esistenza.

Per Martegiani è una narrazione in parte autobiografica: “Antonia – racconta – è nata in un mio momento di crisi. Avevo 31 anni, una figlia e non sapevo bene come andare avanti. Volevo raccontare una donna in crisi come me. Poi mi è stata diagnosticata l’endometriosi e quindi abbiamo deciso di inserirla nel racconto, ma anche con un certo senso di leggerezza, che le sceneggiatrici Carlotta Corradi ed Elisa Casseri hanno perfettamente saputo interpretare”.

Le due sceneggiatrici rispondono: “Siamo partite da basi reali, abbiamo consultato una psicologa e provato tutto, anche il viaggio sciamanico, mettendo la leggerezza e l’ironia al centro del nostro lavoro. Simbolo della serie è una gallina, ma all’inizio era un orango. Nessuno lo sa ma il pollo per sei mesi è ermafrodita, sia maschio che femmina, e poi “sceglie”. E poi ovviamente si parla di ovaie, e quindi le uova sono la metafora ideale. Volevamo che ci fosse incontro di genere. In Antonia c’è un lato maschile che fa parte del personaggio”.

La regista Chiara Malta specifica: “ho fatto in modo che lo sguardo di Antonia fosse centrale, è lei che porta avanti la storia. Per me la gallina era un nonsense. Non l’avevo capita, ma meglio così. A volte alcune cose bisogna abbracciarle più che capirle, esattamente come la malattia, che non ha un senso specifico”.

Di contro in Manfredi, personaggio di Mastandrea, ci sono diversi lati femminili, o quantomeno di fragilità, comunque positivi. Dice l’attore: “Il lavoro con Chiara è nato in casa, quindi ci siamo permessi di creare un uomo migliore di me, è perfetto, straordinario, che fa un lavoro umile, comprensivo, semplice, che aggiusta tutto. Quando gli viene detto che Antonia ha l’endometriosi contatta subito un amico che fa la guardia giurata al Policlinico per avere informazioni. E’ una persona estremamente sana. Le crisi così possono diventare costruzioni e confronto. Volevamo un maschio non stereotipato. Di fronte a una richiesta di genitorialità un rifiuto di una donna può creare un muro, ma lui invece si mette comunque a disposizione. C’è crisi ma non c’è chiusura. E’ giusto raccontare i maschi fragili, che la cultura non ci ha fatto passare”.

Conferma Martegiani: “Per certi versi Manfredi è più femminile di Antonia, lei scappa. Lui invece vuole chiarire, una diversità che mi ha interessato. Ma un maschio comprensivo non è necessariamente un maschio perdente, ci mancherebbe. La serie ha avuto su di me un effetto terapeutico, in particolare nei confronti di questo lavoro. Quando sono arrivata alla serie avevo già affrontato la maternità e l’endometriosi, ed ero un’altra donna. Ho dovuto recuperare, ma mi sono molto divertita e sono cresciuta”.

Su Antonia: “Non è una donna simpatica, tratta malissimo la sua migliore amica, ma nel corso della serie dovresti affezionarti a lei e capire perché è così antipatica. La malattia la condiziona, ma lei non lo sa”.

“Ma attenzione – fa eco Malta – anche le donne possono e devono poter essere fragili. Il prezzo dell’emancipazione si traduce spesso nel dover essere eroine a tutti i costi, e invece a volte non ce la si fa, e va bene lo stesso”.

Non sarà che questa debolezza del maschio la si cerca troppo – chiedono dalla sala – anche in maniera forzata ed enfatica?

“Il rischio c’è – ammette Mastandrea – viviamo una decade esasperata rispetto a certi temi che andrebbero trattati forse in maniera più naturale. Personalmente, interpreto maschi che non ce la fanno da trent’anni, ma si vede che non ho influito sulla cultura dominante, perché l’esercizio del potere maschile in certi ambiti e contesti persiste. Quando parlo di raccontare maschi diversi non vado tanto incontro a questo, semplicemente dico che il nostro lavoro deve affrontare in maniera sana la complessità di genere. Penso che dall’altra parte dell’Oceano lo stiano facendo peggio di noi, esasperando i toni. Ma il maschio tormentato era già materia di Massimo Troisi, per esempio, emerge molto anche nel documentario di Martone, lo faceva perché il suo racconto gli permetteva di farlo in maniera complessa e divertente”.

Poi, circa il tema dell’endometriosi, aggiunge: “l’abbiamo presa come pretesto di un quadro sociale: con l’endometriosi si sta meglio se si diventa madre o se si smette di essere fertili, e quindi donne. Ci sembrava la perfetta sintesi della richiesta della società moderna. Se sei madre sei una donna, se non lo sei vai in menopausa, e sei da buttare. E’ un veicolo per raccontare la ricerca della propria identità”.

Riflessione che conferma quanto detto dalla regista Malta in chiusura: “non è che una serie al femminile debba escludere il maschio a prescindere. Siamo più intelligenti di così. Mastandrea ne è stato direttore artistico e ha dato un fondamentale apporto. Anche ‘noi donne ce la facciamo da sole’ diventa un luogo comune. Certo che ce la facciamo da sole, ma non c’è bisogno di sottolinearlo duramente”.

29 Febbraio 2024

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