Amelio: “Padri in crisi alla ricerca della tenerezza”

Il regista parla del suo nuovo film, che inaugura il Bif&st e arriva in sala due giorni dopo. Un film personale, che parla di vecchiaia, rapporti con i figli e di una società in preda all'ansia


“Non sarò a Cannes e ne sono contento. Guardate come siamo sereni stamattina. Vi ricordate le conferenze stampa ai grandi festival dove parlano per primi gli imbecilli e dopo quattro domande già ti portano via. Sono stato sette volte a Venezia e quattro volte sulla Croisette, ho vinto un Leone d’oro. Adesso da questo film mi aspetto soprattutto una cosa, di arrivare al pubblico”. Così Gianni Amelio risponde a chi si stupisce perché il suo nuovo La tenerezza abbia scelto la strada di un festival “intimo” come il Bif&st, che inaugurerà sabato 22 aprile. Prodotto dalla Pepito insieme a Rai Cinema, scritto con Alberto Taraglio e Chiara Valerio, molto liberamente ispirato al romanzo del napoletano Lorenzo Marone La tentazione di essere felici (Longanesi Editore), è un film molto personale senza darlo a vedere. Una storia di paternità, anzi della difficoltà di essere padri oggi, in un’Italia in piena crisi, morale e culturale. “La vera autobiografia – spiega il regista calabrese – sta nelle cose non dichiaratamente autobiografiche ma che sono anche le più sincere. E’ un po’ traslata perché mette in scena i nostri timori, le nostre fragilità”. 

Lorenzo (Renato Carpentieri) è un avvocato un po’ truffaldino che vive da solo in un bell’appartamento della vecchia Napoli. Dalla morte della moglie, che tradiva e non amava, ha interrotto i rapporti con i due figli adulti. Ma mentre il maschio Saverio (Arturo Muselli) sembra fregarsene, Elena (Giovanna Mezzogiorno), madre single e traduttrice giurata dall’arabo presso il tribunale, coltiva la speranza di recuperare un dialogo pur non sapendo bene come riallacciarlo. Lorenzo si occupa quando può del nipotino, il figlio di Elena, ma per il resto è chiuso in se stesso, indurito nel cinismo e fiaccato da un infarto. Fino al giorno in cui nell’appartamento accanto al suo, con una terrazza in comune, non si trasferisce una famiglia del Nord apparentemente felice. Hanno due bambini il padre ingegnere introverso (Elio Germano) e la madre (Micaela Ramazzotti) che è una forza della natura: è soprattutto con lei che Lorenzo fa amicizia, tornando a interessarsi alla vita. “Il romanzo è stato certamente una fonte di ispirazione e infatti ho dato al protagonista il nome dello scrittore per rendergli omaggio, ma abbiamo cambiato quasi tutto, dall’ambientazione al personaggio centrale – spiega Amelio – nel libro c’è un provocatore, uno che organizza piccoli raid nei negozi col nipotino, fingendosi di volta in volta poliziotto, chirurgo o avvocato. Qui c’è un uomo anziano che ha la mia stessa inquietudine, il rifiuto dell’età che avanza. Trovo che invecchiare sia ingiusto, un uomo dovrebbe fermarsi ai 40/50 e portarseli per tutta la vita, una donna ai 30. Quando invecchi, la premura altrui, anche quella dei figli, ti dà fastidio, come pure il non essere autonomo. Pensate che io mi lavo da solo le camicie da quando avevo 19 anni e quando non potrò più farlo starò male. Adoravo Monicelli, non solo come regista, ma come uomo, per la sua sicurezza. Il più bel complimento per me è essere diventato come Monicelli”. 

Insiste molto sul tema dell’età, il regista, tornato alla finzione dopo la parentesi documentaristica con Felice chi è diverso. “Carpentieri siamo coetanei e ci capiamo. E’ un attore straordinario e lo trovo bellissimo, sembra Sean Connery. L’avevo diretto in Porte aperte e volevo tornare a lavorare con lui, ma ci sono voluti 27 anni”. E Carpentieri rivela di essersi sentito a proprio agio in una Napoli che gli appartiene completamente, quella in cui passeggia ogni giorno tra Piazza del Gesù e la Facoltà di Architettura. 

Ad Amelio, che ha voluto nel cast anche Greta Scacchi e Maria Nazionale, viene chiesta una definizione di tenerezza: “Ancora non so se è un sentimento o un gesto… Il titolo mi è venuto pensando al finale, a quel contatto tra il padre e la figlia. Della tenerezza ha parlato nei giorni scorsi Papa Francesco e ha detto che ci dà la libertà, forse è vero. Non perché sia il Papa, ma Francesco è una delle menti più illuminate del nostro tempo. Credo che la tenerezza serva per scacciare l’ansia che in questo mondo fatto di trappole e di inganni, ci perseguita. Ci vuole coraggio per non essere timidi o ritrarsi, vogliamo apparire forti a tutti i costi, anche le donne sono così”. E ancora, a proposito del gesto finale: “In Ladri di biciclette c’è questo finale straordinario in cui il bambino ha il coraggio di prendere la mano del padre bastonato. Qui c’è un padre che ha accumulato sensi di colpa, ha lasciato la donna che amava per una moglie che non ha mai amato…”. 

Il film suggerisce anche una lettura sociale, legata ai grandi temi del conflitto tra popoli e culture, con quelle presenze di migranti non si sa mai se minacciose o fragili, comunque ambigue. “La tenerezza si apre e si chiude con due processi e c’è un imputato in cui potrebbe nascondersi un terrorista”. E Giovanna Mezzogiorno aggiunge: “Senza fare sociologia di serie C, in un momento storico in cui i sentimenti vengono ostacolati da tante cose e non siamo quasi mai rilassati, i rapporti sociali sono carichi di insidie e fanno paura. E’ un’umanità, la nostra, che vive tutti i rapporti con stress, forse solo i bambini piccoli hanno la grande libertà di comunicare tenerezza o rabbia in modo semplice e diretto”.

Alla fine è il suo personaggio a racchiudere il senso del film in una frase, attribuita a un poeta arabo. “Felicità non è un luogo dove andare, ma una casa dove tornare”. 

La tenerezza uscirà dal 24 aprile con 01 Distribution

Cristiana Paternò
20 Aprile 2017

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