Viggo Mortensen: “Green Book, la prima impressione non conta”

Alla Festa di Roma in selezione ufficiale Green Book, il film di Peter Farrelly, ispirato alla storia vera dell'amicizia tra un virtuoso del pianoforte nero e un buttafuori italo-americano che diventa


Green book è una guida per automobilisti afroamericani, un prontuario per evitare grane, dove sono indicati hotel, ristoranti e altri locali accessibili ai colored. Siamo nell’America del 1962 e una persona di pelle nera, per quanto benestante e altoborghese, non può muoversi negli Stati del Sud senza rischiare la pelle: diventa automaticamente bersaglio di violenza e discriminazione, dalla proibizione di usare la toilette dei padroni di casa all’arresto senza motivo “perché i negri non possono circolare dopo il tramonto”.

E’ quello che racconta Green Book, il film di Peter Farrelly, prodotto tra gli altri anche dall’attrice Octavia Spencer (un Oscar vinto per The Help), visto alla Festa di Roma in selezione ufficiale. Ispirato a un’amicizia vera, quella tra il virtuoso del piano Don Shirley e il suo autista italo-americano Tony Lip ne racconta il viaggio da Nord a Sud. La ricchezza del film, scritto tra l’altro dal figlio di Tony, Nick Vallelonga, è soprattutto quella dell’incontro prodigioso tra due persone lontane anni luce, per educazione e background, che si scoprono amici on the road nel corso di otto settimane passate insieme. Don Shirley sceglie Tony, svelto di lingua e di mano, che ha appena perso il suo lavoro di buttafuori in un locale, come factotum e autista. L’uomo, che adora mangiare junk food e usa un linguaggio piuttosto sboccato, inizialmente non si trova a suo agio con quell’artista raffinato, solitario ed enigmatico… ma lungo la strada i due impareranno ad apprezzarsi reciprocamente, mentre sullo sfondo scorre un’America profondamente razzista.   

Applaudito al Toronto Film Festival, dove ha vinto il People’s Choice Award, il film, diretto e co-scritto da Peter Farrelly, per un volta non in coppia col fratello Bobby (con cui ha realizzato commedie antipolitically correct come Tutti pazzi per Mary), ha la sua forza, oltre che in uno script molto efficace, nei due attori protagonisti: Mahershala Ali (vincitore del Premio Oscar per Moonlight) e Viggo Mortensen (nominato agli Oscar per La promessa dell’assassino e Captain Fantastic). Dopo l’anteprima alla Festa, Green Book sarà distribuito in Italia il 31 gennaio 2019 da Eagle Pictures e Leone Film Group.

A presentarlo a Roma è Viggo Mortensen, attore poliglotta che nel film sfodera un italiano piuttosto pittoresco e anche in conferenza stampa si cimenta in qualche battuta nella nostra lingua. Nato a New York ma danese di origine, è anche fotografo, poeta e pittore. Come attore spazia da Il Signore degli anelli a David Cronenberg.

Come è entrato nel progetto?

Lo script di Green Book era uno dei migliori che avessi mai letto e vi assicuro che ne leggo a centinaia. Nick Vallelonga ha scritto una storia basata sulla biografia di suo padre, una storia che mi ha fatto ridere e piangere, con personaggi descritti benissimo. Così, anche se esitavo ad accettare il ruolo, perché non sono italiano e ci sono attori italo-americani bravissimi, alla fine ho detto di sì, cercando di non fare una caricatura di Tony. Sono stato molto aiutato dalla sua famiglia, che ho incontrato e che mi ha rimpinzato di cibo fin dal primo momento, tra piatti di pasta e cannelloni, cinque o sei portate: sono entrato così in sintonia con i Vallelonga.

Green Book è un film storico che parla al presente e riesce a trasmettere tutta l’assurdità del razzismo.

E’ un film speciale perché non ti dice cosa devi pensare. Piuttosto è un invito al viaggio, a ridere e piangere e forse riflettere su quanto le prime impressioni siano limitate. È vero, è una bella storia che può aiutarci a capire il presente. E in questo momento è importante. Ma lo è in ogni momento, in realtà, dall’inizio dei tempi e fino alla fine dell’umanità, che temo sia vicina per colpa degli esseri umani.

In che modo queste storie sono necessarie?

Perché ci aiutano a diventare un po’ meno ignoranti su chi è diverso da noi. Il progresso umano non è un cammino lineare, a volte facciamo dei passi indietro. Negli Usa, in Italia e in gran parte del mondo, ci sono leader e organizzazioni internazionali non fanno quello che dovrebbero fare. Mi riferisco alla crisi dei rifugiati, alle migrazioni, al razzismo, alla misoginia, alle incomprensioni tra le razze e le religioni. L’ignoranza è ineliminabile, ma fa paura che coloro che occupano posti di responsabilità siano ignoranti o fingano di esserlo per rimanere al potere. È comprensibile allora che la gente si chieda a che serve votare. Perché pensano di non poter influire sulle scelte politiche. Ma io credo che l’umanità sia fatta di tanti piccoli gesti. Green Book ci fa capire i piccoli gesti sono importanti. Quando tagli la strada in macchina a qualcuno puoi correre via oppure chiedere scusa. Fare la cosa giusta può rendere il mondo un po’ migliore. 

Come si è trovato a recitare insieme a Mahershala Ali?

La base di una buona recitazione è la capacità di ascoltare gli altri e guardare le cose che avvengono attorno a te. Ali è una persona generosa e grazie a lui la storia di due tizi chiusi dentro una macchina, che poteva anche essere molto noiosa, è diventata avvincente.

Per questo ruolo lei è ingrassato parecchio a furia di hamburger e Kentucky Fried Chicken.

Ho preso circa 20 kg, ma è stato un piacere, tra l’altro ingrassare è più facile che dimagrire, specie alla mia età.

Come se l’è cavata con l’italiano? Aveva un dialog coach?

No, capisco abbastanza l’italiano e lo parlo un pochino. Peter Farrelly non voleva il classico italo-americano del cinema, voleva qualcuno di diverso. Tony aveva origini calabresi e come molti italiani a New York parlava un dialetto antico, con parole inventate a partire da espressioni inglesi. Abbiamo improvvisato molto sul set e poi il nostro costante riferimento è stata la famiglia Vallelonga. Nick mi ha invitato nel New Jersey dove i suoi parenti hanno un ristorante, che si chiama Tony Lips. Molti di loro hanno dei piccoli ruoli nel film.

Le piacerebbe fare un film in Italia?

Perché no? Ho incontrato Giuseppe Tornatore al ristorante, è un grande talento e magari ne verrà fuori qualcosa.

24 Ottobre 2018

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