Valentina Bellè: “Al cinema mancano ancora donne memorabili”

Tra le dieci European Shooting Stars 2024, la giovane attrice racconta il suo lavoro e i progetti che l'attendono, tra cui l'ultimo film di Marco Tullio Giordana


BERLINO – Tra le dieci European Shooting Stars 2024, attori e attrici emergenti nel panorama europeo, selezionati ogni anno per prendere parte a speciali eventi e incontri della Berlinale, Valentina Bellè è un giovane volto del cinema italiano. A 31 anni il suo curriculum spazia tra cinema e tv, con un’importante presenza di progetti internazionali, tra cui la partecipazione a Catch 22 di George Clooney o il recente Ferrari di Michael Mann. Nata a Verona, ma formatasi tra il Lee Strasberg Theatre and Film Institute a New York e il CSC di Roma, già nel 2023 ha partecipato alla Berlinale con la serie Disney+ The Good Mothers, mentre all’ultimo Festival di Venezia era presente in ben due titoli del concorso principale, l’ultimo lungometraggio di Giorgio Diritti Lubo, e l’opera di Mann su Enzo Ferrari. Tra esperienze di formazione – “questo lavoro è fatto per il 60% dagli incontri della vita” – e idee di cinema, le parole di Valentina Bellè a CinecittàNews:

Da giovanissima hai lasciato Verona e tra New York e Roma hai iniziato a formarti come attrice. Ora torni a Berlino per la seconda volta come European Shooting Stars, come è iniziato tutto?

Devo ammettere di essere arrivata a Roma credendo sarebbe stato tutto difficilissimo. Avevo tanta voglia di fare e immaginavo la mia vita come un corridoio alla cui fine si trovava un portone in legno massiccio, ossia il mondo della recitazione, che conoscevo appena. Proprio mentre caricavo per sfondarlo qualcuno l’ha aperto, e mi sono trovata dall’altra parte. È stato strano, ho provato un po’ di sindrome dell’impostore.

È anche un lavoro fatto di opportunità da cogliere

Certo, è successo tutto in fretta, ma allo stesso modo anche per gradi. Non mi è capitato il grande successo che vedo ora capitare ad alcuni giovanissimi, della generazione dopo la mia, anche grazie alle piattaforme streaming. Di questo sono grata, perché non so come avrei gestito quel tipo di successo all’inizio. Il mio è stato un percorso di piccoli successi, piccoli fallimenti, e ho potuto quindi maturare un certa consapevolezza. Forse una strada più silenziosa, ma mi ha aiutato ad essere aderente alla realtà.

Quindi la tua formazione è avvenuta parallelamente tra set e scuole di recitazione

Sì ho studiato tanto e continuo a farlo. Ho studiato al Centro Sperimentale di Cinematografica a Roma e al Lee Strasberg Theatre and Film Institute a New York; attualmente continuo la mia formazione partecipando a vari laboratori. Questo lavoro si fa con la formazione ma anche soprattutto parlando con i colleghi e continuando a collezionare esperienze di vita: diciamo che è 60 percento lavoro e 40 percento vita. Per questo per me è importante non lavorare troppo e invece vivere.

Durante questi giorni di European Shooting Stars sei riuscita a confrontarti con gli altri 9 giovani attori e attrici emergenti?

Sì, ma avrei voluto che ci fosse uno spazio in più per permetterci di conoscerci meglio e condividere esperienze. Ci siamo confrontati il primo giorno ed è stata anche occasione per scambiare esperienze e difficoltà. Ogni paese ha la propria industria dell’audiovisivo, alcune funzionano meglio di altre e si può sempre imparare.

So che da oltre 10 anni tieni un diario, è lì che appunti gli incontri fondamentali?

È vero, ma è da un po’ che non lo uso in realtà. Non ho mai scritto un diario dal punto di vista di un personaggio che sto preparando, cosa che molti colleghi fanno. Chissà, magari un giorno proverò con il personaggio giusto. Mi ha aiutato a capirmi meglio, e nel lavoro dell’attrice si parte da qui. Io consiglio a tutti di avere un diario, è straordinario.

Hai già fatto molte esperienze su set internazionali, dalla serie Catch 22 di George Clooney al recente Ferrari di Michael Mann. Cosa ti porti via da queste esperienze e cosa le differenzia dai set italiani?

La cosa più lampante con gli americani è la struttura del lavoro. Capisci di essere parte di una macchina molto grande, con tanti soldi in gioco e percepisci l’Industria che ci sta dietro. C’è un rispetto dei ruoli molto preciso e grazie a questo ognuno è libero di esprimere la propria professionalità. A volte in Italia trovo più disordine. Un ambiente anche più famigliare e accogliente, però un po’ caotico. È un aspetto culturale, forse, difficile da cambiare, ma sono contenta quando degli italiani vanno a lavorare all’estero perché spero sempre che tornino e raccontino cosa hanno visto, per aiutarci a migliorare.

Questo aspetto è aiutato dalle coproduzioni internazionali, che aumentano gli intrecci, e inoltre sempre più produzioni hollywoodiane scelgono l’Italia per girare i propri prodotti audiovisivi

È vero, tante produzioni stanno arrivando, probabilmente per il Tax Credit conveniente. È una cosa interessante. Prendi la serie The Good Mothers ad esempio, una storia assolutamente italiana ma diretta da un regista inglese, Julian Jarrold, e da Elisa Amoruso. Ha aperto molte strade e ora Elisa sta girando una serie internazionale con un regista importantissimo. Oggi è più facile avere opportunità di scambio. Non era così quando ho iniziato, vediamo dove ci porta.

A proposito di The good mothers e attualità: anche il cinema italiano sembra più sensibile nei confronti di certi racconti al femminile. Dalla tua prospettiva di attrice è davvero così? Stanno cambiando i ruoli che ti vengono proposti?

Sì, ma se ci fai caso il tema adesso è la donna in difficoltà o la donna violata. Tantissime sceneggiature che ho letto nell’ultimo anno si concentrano su questo. Anche nei bei progetti intendo. A volte mi sembra un’azione più politica che di ricerca artistica. Sento che ci incartiamo sul tema. Vorrei che la donna venisse indagata nel suo slancio, oltre il suo essere madre, figlia, moglie. L’ultimo film che mi viene in mente con dei bei personaggi femminili è La pazza gioia di Virzì, che però è del 2016. Sono pochi i ruoli femminili che ti restano in testa oggi, mentre quelli maschili sono ancora tanti. Basta guardare i film che erano in competizione all’ultima Mostra del Cinema di Venezia: in quanti di questi c’era una protagonista memorabile? Nessuno.

Ti piacerebbe scriverlo tu un personaggio così?

No, no, no, no, no. Devi avere un forte talento per farlo. Io non sento di averlo, non adesso. Per ora sono più capace a chiacchierare tanto.

Si inizia anche da lì…su cosa stai lavorando ora invece?

Ho preso parte a due film molto diversi tra loro. 6 fratelli di Simone Godano, che ho visto completo settimana scorsa e l’ho trovata una commedia semplice e ben pensata, con un suo equilibrio. Sono molto contenta di averne fatto parte e mi ha regalato l’opportunità di recitare con attori, anche della mia generazione, che stimo molto, come Gabriel MontesiLinda Caridi. Poi Scamarcio ha un personaggio spassosissimo e Adriano Giannini è sempre meraviglioso. Poi c’è il nuovo film di Marco Tullio GiordanaLa vita accantoMarco Tullio mi ha rubato il cuore, è un vero poeta e noi attori siamo i suoi versi. Un’esperienza stupenda.

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