VENEZIA – Un direttore d’orchestra, un compositore, un pianista, un ebreo polacco nato nel 1918 nel Massachusetts, e che – a 25 anni – viene nominato direttore assistente della New York Philharmonic, con la platea del grande pubblico ad ammirarlo quando sostituisce il direttore Bruno Walter alla Carnegie Hall.
Lui è Leonard Bernstein protagonista di Maestro – film in Concorso – diretto e interpretato da Bradley Cooper – assente dal Lido per l’adesione allo sciopero statunitense.
Cooper – dalle note di regia – commenta: “a casa mia si ascoltavano molti album di musica lirica e classica. Passavo ore a immaginare di dirigere un’orchestra, mettendoci tutto l’impegno di un bambino di otto anni. In particolare, ascoltavamo di continuo un’incisione di Leonard Bernstein. Quindi la luce di cui avevo bisogno per realizzare Maestro si era in realtà accesa molti anni prima di imbattermi nel progetto. Dopo un anno di ricerche su Lenny e sulla sua famiglia, e dopo aver preso del tempo per rielaborare il tutto, ho capito che l’aspetto che più mi colpiva era il matrimonio tra Lenny e Felicia. È stato un amore vero, non convenzionale, che ho trovato infinitamente affascinante: ecco la storia che volevo raccontare. Sarò sempre grato a Jamie, Nina e Alex – i figli di Bernstein – per avermi fatto entrare nella loro famiglia e nei loro cuori: è stata una delle gioie più grandi della mia carriera”.
Maestro – interpretato anche da Carey Mulligan, nel ruolo della moglie, l’attrice Felicia Cohn Montealegre – è una prova d’attore alla seconda: se, infatti, Cooper si restituisce magistrale, dalla somiglianza estetica alla cura dei dettagli mimici, non è da meno la sua partner sulla scena: un passo a due tra maestri, in cui – a più riprese – ci si chiede chi possa essere il migliore, in un continuo spalleggiarsi, sorpassarsi, mai schiacciarsi, restituendo l’armonia, la spigolosità, l’entusiasmo, la frizione, insomma tutta lo spettro della sfera emotiva di una relazione di coppia.
E, a proposito di coppia, quella di Leonard e Felicia, per la società degli Anni ’50, era certamente anticonformista, anche se forse non nell’ambiente artistico: espressamente omosessuale, Bernstein amava la sua compagna di vita, la mamma dei suoi bambini, che – tollerando la cosa – gli chiese però discrezione, dapprima con i figli, tra cui Jamie, presente alla Mostra ad accompagnare il film: “mio fratello e Nina eravamo veramente emozionati come Bradley volesse raccontare la storia autentica del rapporto dei nostri genitori, ha voluto coinvolgerci e ha fatto di tutto per includerci. La generosità è stata vicendevole perché lui ha condiviso il processo di lavorazione. Quando ha visto nostra casa in Connecticut ha chiesto se potesse girare lì e l’ha fatto, è stato toccante e surreale. Comunque, io non parlerei di biopic, l’intero progetto è cominciato diversi anni fa: era molto più diretta la storia, Bradley però se ne uscì con questa idea molto nuova sul progetto e quando è subentrato ha raccontato un ritratto del loro matrimonio, una storia d’amore”.
Non solo l’interpretazione si restituisce piena e poco discutibile, ma anche la cura sofisticata della regia, che fa scelte fotografiche come una suddivisione “in due tempi cromatici”, in cui la prima parte del film è in bianco e nero, e la seconda – come a essere al passo col tempo storico raccontato – a colori; poi, Cooper cerca e fa ricorrere visioni raffinate, come quella della scena del primo bacio con Felicia, costruita con un’architettura studiatissima dei visi, così come del controluce, delle ombre a piombo, dell’effetto di trasparenza dei volti nel fumo.
Sì, il fumo, elemento perenne nel film, perché il Maestro – è cosa conosciuta – era un tabagista e l’accessorio della sigaretta lo caratterizza dalla prima all’ultima scena: è la bombetta o la sciarpa rossa che Bradley Cooper sceglie per incidere la personalità di Bernstein. Una personalità che si restituisce, emotivamente, in una forma ricorrente di entusiasmo per la vita, dove il sorriso gioioso e lo sguardo quasi stupito e vibrante, che Cooper dona al suo Leonard, la esplicita ma – si sa – l’esistenza non ha solo un colore, e anche per Bernstein non è stata tinta solo da quello della lievità, ma anche del contrasto con Felicia, che nel trascorrere del tempo lo accusa di superbia e di non saper accettare se stesso: “morirai come una checca vecchia e sola”, le sue parole . È questo il momento biografico in cui Leonard decide di lasciare la famiglia e vivere liberamente ma, la sua Messa, diretta in una sequenza del film, culmina in un atto d’amore – momento in cui lei gli dice: “non c’è odio nel tuo cuore” -, e narrativamente la scena si fa arco di connessione con il futuro lì imminente.
Felicita ha un cancro, la diagnosi è certa. E Leonard torna, torna a casa, torna da lei, per lei, senza intaccare la sua identità, compatta, lì e per sempre.
Il film è prodotto da Steven Spielberg e Martin Scorsese e dallo stesso Bradley Cooper, e a dicembre sarà in sala in cinema selezionati e, dal 20 del mese, su Netflix.
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