‘The K-Pop Story’: boy band e soldi facili nella commedia sudcoreana

Il film di Yun Jae-yeon, in anteprima italiana al Seeyousound International Film Music Festival, racconta dall'interno le contraddizione del mondo del K-Pop


Se c’è una cultura che sta rapidamente prendendo piede a livello globale è quella sudcoreana. I cinefili lo sanno perfettamente grazie al successo di film e serie del calibro di Parasite e Squid Game. Chi è appassionato di musica, invece, non può che pensare al K-Pop, genere che da Gangnam Style in poi, soprattutto con la diffusione dei social network, è letteralmente esploso in tutto il mondo, creando fenomeni mastondotici come quello dei BTS. Il successo clamoroso della boy band ha puntato i fari sul mercato musicale sudcoreano, diventato improvvisamente uno dei più importanti in assoluto.

Il film di Yun Jae-yeon The K-Pop Story, in anteprima italiana al Seeyousound International Film Music Festival, analizza il fenomeno da un punto di vista periferico, raccontando la storia di chi vede nella musica una facile possibilità di arricchirsi alle spese di tanti ingenui sognatori. Per quanto il titolo internazionale del lungometraggio possa far pensare a un documentario informativo, quello originale – traducibile con “Facciamo soldi” – ci aiuta un po’ di più a capire dove questa piccola commedia indipendente vuole andare a parare.

Protagonista è Dong-geun, in arte DG, che fin dalle primissime inquadrature ci mostra l’essenza del musicista K-Pop, con i suoi vestiti griffati, eleganti ed eccessivi al tempo stesso, i capelli cotonati, gli occhiali da sole in ogni situazione e le movenze che ricordano dei passi di danza. DG è appena uscito di prigione e ha un credito nei confronti di Yoon, direttrice di un grande centro di investimenti, che lo invita a sfruttare un fondo milionario per l’arte e la cultura grazie all’aiuto del CEO dell’agenzia artistica Butter Cream Bread Entertainment. Butter, in sostanza, è un truffatore che sfrutta i tanti giovani musicisti che sperano di raggiungere fama e ricchezza attraverso il K-Pop. DG, però, quando incrocia la strada con i Watsup, eterogeno terzetto dal grande entusiasmo, decide di aiutarli a entrare per davvero nel mondo dello spettacolo, proponendogli la cover del suo unico, grande successo: Woman in the Rain, canzone dietro la quale si nasconde una commovente storia familiare.

“I cantanti elemosinano i soldi delle persone”, secondo DG, ma lo fanno toccando “il cuore delle persone”. Un modo colorito per descrivere il mestiere dell’artista, ma che ben racconta la passione e la dedizione che ogni musicista dovrebbe avere, cercando di emozionare così tanto gli spettatori da meritarsi “un’elemosina” che, nei migliori casi, diventa milionaria. Qui sta la chiave che rende umano l’eccentrico protagonista del film, diviso tra il desiderio di ricchezza e una genuina passione per la musica.

The K-Pop Story si configura come una commedia dal basso budget ma che ha il coraggio di non prendersi mai sul serio, ironizzando dall’interno sul fenomeno musicale del momento e sulle persone che lo alimentano. Se il modo di fare e di parlare dei sudcoreani risulta spesso straniante per noi occidentali, la comicità di questo film risulterà alquanto grottesca, con dei personaggi che dal nostro punto di vista possono sembrare completamente slegati dalla realtà, ma che affondano le radici in un contesto – quello del K-Pop – in cui l’eccesso è parte fondamentale del registro comunicativo. Una volta scesi a patti con queste dinamiche, il film scorre rapido, con piccoli colpi di scena e trovate gustose, che ci permette di dare un’occhiata ai confini più estremi di un fenomeno culturale di portata colossale, scoprendo la vita di quelle persone che si nutrono con voracità delle briciole lasciate cadere dall’enorme e invitante pagnotta chiamata K-Pop.

24 Febbraio 2024

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