STRAUB-HUILLET


Non si può vivere senza utopia, spiegava Volker Schlöndorff presentando a Roma il suo ultimo film, Il silenzio dopo lo sparo. Danièle Huillet e Jean-Marie Straub sarebbero d’accordo, e portano questa filosofia alla Quinzaine di Cannes. Con un film che, per quanto girato nel nostro Paese, seguendo una logica rigorosamente “produttiva”, non può dirsi italiano, ma lo è – e come tale sarà inserito nel catalogo del festival – per quelle ragioni che la ragione non conosce, alias il grande amore dei suoi autori per l’Italia.
Gli attori, del resto, sono tutti italiani e, come racconta il titolo bilingue – Operai, contadini Ouvriers, paysans – non professionisti.
In questo film, Huillet e Straub, che con il loro rigore hanno infiammato “il dibattito” ad altissimi livelli nelle già calde serate che Nanni Moretti organizzò l’estate scorsa nella sua arena Sacher, guardano agli anni Cinquanta lontanissimi già da mezzo secolo. Addirittura, a Elio Vittorini, un autore che oggi in Italia, possiamo dirlo, è stato dimenticato, ma che ricorre tenacemente nel lavoro dei due cineasti.
Sicilia!, del ’99, derivava direttamente dalla vittoriniana Conversazione. Stavolta, prima di arrivare sul grande schermo, la letteratura passa dal teatro. Ouvriers, paysans è ispirato a un romanzo del ’49, che Vittorini rimaneggiò a fondo nel ’64, due anni prima di morire: Le donne di Messina. Nel ‘67, l’editore Gallimard lo tradusse in francese.
La storia? Siamo nel ’44. Alla fine della guerra, i liberati e i sopravvissuti vanno in cerca di un passato o di un futuro. Finché un gruppo di uomini e donne che hanno già perso tutto decidono di stabilirsi in un villaggio in rovina, nella campagna tra Modena e Bologna. Imitano le donne di Messina, che, racconta Vittorini, hanno ricostruito la loro città distrutta dal terremoto.
La primavera scorsa, tra maggio e giugno del 1999, Huillet e Straub portano sul palcoscenico i loro operai e contadini. Il sottotitolo è Prima del miracolo economico. Personaggi, costellazioni e testi di Elio Vittorini, ma di sotto-sottotitoli e di richiami, al cinema e alla storia, Operai, contadini ne ha molti: Kosovars, Le retour du fils prodigue, La ricotta, Les lumières de la ville, Wann dann der Erde Grün von neuem euch erglänzt. Tutto un quadro di riferimento. L’occasione della messinscena è Generazioni festival – Incontro internazionale dei Teatri, manifestazione toscana. Gli attori-non attori – Angela Nugara, Giacinto di Pascoli, Giampaolo Cassarino, Enrico Achilli, per citarne qualcuno – sono gli stessi che ritroveremo nel film.
Sul palco o sullo schermo, i corpi “presi dalla strada”, come si diceva una volta, di Straub-Huillet ripercorrono il percorso dei primi uomini. Sulla strada ritornano, ma è quella, vecchissima e nuova, che va dalla Natura alla Storia e che l’utopia vuole tracciare un’altra volta, per raddrizzare le storture della prima o della seconda. A poco a poco, si delinea una specie di comune-comunità, che primitivamente cerca di cancellare il dolore vissuto durante la guerra, l’infelicità, la fame, di costruire un riparo da violenza, miseria e paura, e di inventare dei nuovi modi di produzione e dei nuovi rapporti umani. Con tenacia, il gruppo tiene un registro di progressi e sconfitte, una specie di diario, gli atti di un’inchiesta o di un processo. Così, coralmente, giorno dopo giorno, l’utopia diventa, almeno in parte, realtà. E anche il film.

24 Aprile 2001

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