Sorrentino per il 75°: “Voglio tornare alle emozioni delle origini”

La prima delle due giornate in cui il Delegato Generale ha riunito autori internazionali, tra cui Paolo Sorrentino, per dibattere sul presente e futuro del cinema, per festeggiare l'edizione


CANNES – 75 è il numero delle edizioni che vanta e festeggia il Festival di Cannes e a onorare la ricorrenza c’è anche Paolo Sorrentino.

Non a presentare un film, non a celebrare la sua personale arte, ma in un ruolo poco ricorrente e per questo accattivante: dialoga in inglese con un ricco parterre di cineasti, quello che si è  riunito in questa giornata per immaginare il cinema del futuro imminente, con il comun denominatore del non rinnegare le esperienze pregresse, ma altrettanto certo nel voler disegnare l’avvenire. “Forse sto diventando vecchio – dice, con leggerezza e autoironia – ma mi è tornata la voglia di fare cinema come una volta, cercando immagini significative che vivano e suscitino emozioni sul grande schermo. Ho affrontato con grande entusiasmo la sfida delle serie tv per mettermi alla prova con quel tipo di narrazione; ho lavorato con Netflix perché la storia di È stata la mano di Dio si adattava bene alle mie e alle loro esigenze. Ma non credo che tornerò indietro: è raro poter generare immagini significative e seminali quando si è indirizzati allo schermo piccolo delle tv o delle piattaforme. Ci sono ovviamente eccezioni, ma anche da spettatore mi capita sempre più di rado di emozionarmi nel seguire le piattaforme. Così credo che vorrò tornare alle mie origini“.

Thierry Fremaux ha riunito una “confraternita” di autori del grande schermo per questa eccezionale celebrazione, tutte voci che stanno in equilibrio tra presente e futuro, un panel di personalità così ricco da necessitare un doppio turno. La prima giornata, oltre a Paolo Sorrentino, ha visto Guillermo Del Toropoi Claude Lelouch e Costa Gavras, accanto a Olivier Assayas e Mathieu Kassowitz, insieme alla generazione di Michel Hazanavicius e Gaspar Noé. Mentre per domani c’è attesa per un coro di voci ancor più internazionale, se possibile.

“Non è una cerimonia per i 75 anni del Festival – chiarisce in apertura il delegato generale – ma un libero scambio di idee sul presente e futuro del cinema dopo che due anni di pandemia hanno cambiato molte regole del gioco anche per creatori e spettatori”. 

“Io non so cosa accadrà – afferma Del Toro – perché è la realtà e non noi che creiamo il futuro. Dobbiamo aspettarci uno schiaffo, un bacio o peggio? Lo vedremo. Di certo, in questo periodo ciascuno di noi poteva fare una serie, girare una pubblicità, scrivere un film, lavorare con le piattaforme: un tale eccesso di offerta che ci sentivamo come un passeggero che rincorre il treno in corsa sforzandosi di saltare a bordo, vagone dopo vagone. E questo non è un bel sentire perché un’opera d’arte non è un semplice ‘content’, espressione orribile come ‘pipeline’ che non vorrei sentire mai più. La creazione è un fatto sempre nuovo che deve generare emozione in chi la realizza e in chi ne fruisce. E questa è la mia vera, unica preoccupazione per il futuro: cosa ne sarà del cinema che stiamo perdendo a rotta di collo da quando si sta trasformando in un contenuto immateriale in balia di grandi gruppi che possono far sparire capolavori solo perché non li trovano più politically correct o in linea con le loro aspettative di marketing? Stiamo buttando nella spazzatura del web centina di opere che sono la memoria di quest’arte e regalando la scelta a gente che può dire: ‘ho tutti i quadri di Monet ma alcuni non mi piacciono più e quindi li faccio sparire'”. 

La preoccazione, con un po’ di sorpresa – o forse no – serpeggia tra gli autori più giovani, più preoccupati della deriva in atto e dell’abbandono delle sale, mentre un decano come Claude Lelouch dice: “ho sognato di filmare con uno smartphone prima che lo inventassero: l’uomo ha in sé tutto il cinema, nessuna cinepresa è meglio dell’occhio, niente sente i suoni meglio di un orecchio, il cervello è la più perfetta sala di montaggio mai inventata. Il fatto è che ad ogni generazione il cinema inventa tecniche e modalità nuove e noi autori cambiamo e ci trasformiamo grazie a questo”. 

“Il primo a volere che un festival fosse anche una piattaforma di discussione – ricorda Fremaux – fu Rossellini nel ’77 che in cambio della presidenza di Giuria pretese una libera discussione sul senso del fare cinema“. Poi venne il convegno fondativo della nuova Mostra di Venezia, “Il cinema degli anni’80”, ideato da Carlo Lizzani nel’ 79, e l’Unione Mondiale degli autori sognata da Gillo Pontecorvo nel 1995. 

E domani, 25 maggio, il festeggiamento/dibattito continua. 

24 Maggio 2022

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