Si occupa di adolescenti e ricerca dell’identità femminile fin dal suo primo film, Il giardino delle vergini suicide (1999), Sofia Coppola. E continua a farlo con Priscilla, in sala il 27 marzo con Vision Distribution, dopo il concorso veneziano. Ispirato al memoir Elvis and me di Priscilla Beaulieu Presley, pubblicato nel 1985, il film si focalizza sulla contrastata storia d’amore tra Elvis the Pelvis e una 14enne interpretata molto bene da Cailee Spaeny (Coppa Volpi alla Mostra di Venezia e candidata al Golden Globe). Quando si conoscono, a Wiesbaden, dove la ragazza è al seguito della famiglia e Presley (Jacob Elordi) presta servizio militare, lui è già grande e famoso. Eppure nasce un amore romantico, una fiaba per Cilla che ottiene dai genitori il permesso di trasferirsi a Graceland, nel Tennesee, con la promessa di terminare gli studi. L’abuso psicologico sulla ragazza è sottile perché l’uomo la circonda di attenzioni, regali e tenerezze, pur tenendola reclusa in una gabbia dorata. I due si sposano per poi mettere al mondo la figlia Lisa Marie, ma Priscilla non ha una sua identità, Elvis interviene su tutto, sceglie i suoi abiti e persino il colore dei capelli, le impedisce di lavorare e di uscire con le amiche: per il mondo lui è una star trasgressiva, ma in casa si rivela paternalista e conservatore. Il film è tutto concentrato sulla sensibilità della giovanissima Priscilla, ragazza forte e integra che si trova catapultata dentro all’universo di una rock star assediata dalle fans, sempre sulla copertine dei rotocalchi e non immune da qualche love story sul set, come quelle con Ursula Andress o Ann-Margret. Gli sbalzi di umore, l’abuso di farmaci e i continui tradimenti rivelati dai giornali minano il rapporto, ma è soprattutto l’evoluzione di Priscilla, il suo diventare sempre più consapevole di quello che vuole, a portare infine al divorzio nel 1973. Ed è proprio sulla forza di Priscilla che insiste Sofia Coppola, parlando con i giornalisti italiani.
“Sono stata molto colpita dal suo libro di memorie di Priscilla – spiega la regista, figlia di Francis Ford – Lei è un’icona nella cultura americana, ma sappiamo poco sugli anni cruciali in cui è cresciuta e diventata donna. Mi interessa molto la sua storia, che tra l’altro è anche quella della generazione di mia madre”.
Non nuova al period film con titoli come L’inganno e il suo più celebre Marie Antoinette, Sofia Coppola spiega qual è stata la sfida rappresentata da questo film, che ricostruisce molto bene un’epoca per certi versi mitica come gli anni ’60, che è anche un’epoca in cui la liberazione della donna comincia a prendere forma. “Tutta la mia carriera è costellata di sfide per riuscire a raccontare le storie che volevo. Di Priscilla Beaulieu Presley mi ha colpito la forza. Bisogna pensare a quegli anni e al fatto che fosse completamente dipendente dal punto di vista economico. Nonostante questo ha trovato l’energia di riscattarsi e di andare per la sua strada. Mi piacciono le storie di donne che riescono a conquistare la propria indipendenza, trovo che siano una grande fonte di ispirazione. Ancora oggi esistono donne che si lasciano sedurre da un uomo e poi si ritrovano in una relazione non sana. E’ vero che c’è più consapevolezza, ma è vero anche che spesso le donne tendono a compiacere gli uomini, almeno in una prima fase, per poi rendersi conto che non stanno con la persona giusta”.
Nessuna preoccupazione per le reazioni dei fans di Elvis, visto che mostra i piedi d’argilla del gigante? “No, mi sono concentrata sulla storia di Priscilla e non su Elvis, che è stato tante volte raccontato al cinema. La sua Fondazione non era stata particolarmente contenta del film (non ci sono canzoni di Elvis nella colonna sonora, ndr) e non lo ha per niente sostenuto, ma la mia era una scelta ben precisa”.
Priscilla è in qualche modo una fiaba dark. “Sicuramente, anche perché per lei è stato come vivere una fiaba, immaginare di diventare la principessa di Graceland. Poi la fiaba si è sgretolata strada facendo, quando si è resa conto che la realtà era molto diversa. I toni cupi sono legati alla narrazione e anche all’ambiente, in quella casa si dorme in pieno giorno con le tende tirate, c’è qualcosa di claustrofobico”.
Priscilla Presley ha sostenuto il film alla Mostra di Venezia, si è riconosciuta nel personaggio e si è commossa. “Quando si adatta l’autobiografia di una persona vivente – aggiunge Sofia Coppola – si desidera essere fedeli alla verità e al tempo stesso riuscire a far emergere il proprio lato creativo, è stato un gioco di equilibrio a cui ho lavorato molto e alla fine lei era soddisfatta del risultato. Mi sono attenuta alla sua storia così com’è raccontata nella sua autobiografia, mantenendo il suo punto di vista e senza mai giudicarla. Tutto questo naturalmente è filtrato attraverso la mia prospettiva, ma non ho tradito la sua narrazione”.
Infine un’osservazione sulla capacità del film di dialogare con il presente. “Per me è stato facile identificarmi in lei e credo che sarà così per tanti giovani che sono, oggi come ieri, alla ricerca di un’identità”.
Priscilla è coprodotto dall’italiana The Apartment con A24.
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