SCILLA (RC) – Per Rosa Diletta Rossi, classe 1988, quest’ultimo anno è stato “un’escalation emotiva importante, con progetti ai quali sono molto affezionata”. L’attrice 35enne ha girato prima la serie di Canale 5 Maria Corleone. Poi è stata la giovane Alda Merini nel film tv della Rai di Roberto Faenza Folle d’amore-Alda Merini e, infine, Irene Nardiello, fidanzata e successivamente moglie di Gildo Claps, nella miniserie sempre di Rai 1 diretta da Marco Pontecorvo Per Elisa-Il caso Claps.
La incontriamo all’Altafiumara Resort di Scilla, in Calabria, dove sta per ricevere il premio come Miglior attrice per il ruolo di Maria Corleone ai Maximo Awards, consegnati nell’ambito dell’Audio-Visual Summit 2024. Nella serie (ancora disponibile su Mediaset Infinity) è Maria Florio, brillante stilista che vive a Milano da dieci anni con il compagno procuratore da cui aspetta un bambino. In realtà fa di cognome Corleone ed è nata a Palermo da una famiglia mafiosa. Un attentato al padre e la morte del fratello gemello la spingeranno a reagire e vendicarsi.
Rosa Diletta, cosa ha significato interpretare Maria Corleone?
Ho sentito un grande senso di responsabilità, nonostante sia un personaggio di finzione. È stata la mia prima protagonista sullo schermo. Un grande privilegio che ho portato avanti dall’inizio alla fine all’interno di una storia collettiva, che non avrebbe funzionato senza l’intelligenza e l’ascolto di un gruppo di colleghi, capeggiato dal regista Mauro Mancini.
Per te chi è Maria?
Un grande fumetto. Una donna che si lascia alle spalle la vita che aveva sognato e scende a patti con un senso di vendetta che pensava di non avere o forse aveva seppellito da anni, tirandolo fuori con sfrontatezza. Per portare avanti questo spirito così agguerrito nella rivendicazione della propria famiglia, mette da parte totalmente il suo animo sensibile, legato al fidanzato e alla maternità. Ho dovuto immaginare una situazione in cui questa donna smette di sentire le cose e prende una direzione unica. Come Uma Thurman in Kill Bill segue il suo unico obiettivo. Chissà cosa succederà a Maria una volta che si ferma.
Anche tu sei sfrontata nel tuo mestiere?
Abbastanza, anche se mi sento più schietta. Lo sarei stata in qualsiasi lavoro avessi fatto. La schiettezza mi aiuta a interagire in maniera più onesta e trasparente. Mi piace arrivare dritto al punto e questo è qualcosa che mi accomuna a Maria. Nel lavoro credo sia importante e utile esserlo, sia per me che per gli altri.
Quest’anno ti abbiamo vista anche nei panni della giovane Alda Merini, nel film tv di Roberto Faenza.
Maria Corleone è stata la prima di un terna di grandi donne che ho potuto interpretare. Fare un personaggio storico come Alda Merini mi ha messo un po’ di paura. È stata una delle artiste e poetesse più importanti del Novecento. Ho approcciato in maniera diversa a questo ruolo.
In che modo?
Ci sono andata piano, ho letto molto di lei, ho capito il momento buio del suo ricovero in manicomio attraverso alcuni scritti come L’altra verità, dove parla della confusione e degli incontri che l’hanno salvata. La cosa interessante è che nonostante la difficoltà di quegli anni terribili, lei è riuscita a mantenere una grande lucidità intellettuale. La poesia l’ha salvata e questa cosa è stato un grande faro.
Poi c’è stato il ruolo di Irene Nardiello nella miniserie su Elisa Claps.
Far parte di questo progetto è stato davvero emozionante. Conoscere i veri protagonisti di questa storia, Gildo e Irene, è qualcosa che mi porterò per sempre, un percorso di vita e una delle bellezze del mio mestiere. Poter incontrare persone di così grande generosità, che si sono messi a disposizione, non capita tutti i giorni.
E ora di cosa hai bisogno?
Dopo una stagione così intensa, fatta di un’escalation emotiva così importante, mi piacerebbe tornare a fare una commedia, all’italiana, come piace a me, dove si può ridere anche di situazioni difficili.
Quanto è complicato fare l’attrice?
Non è tanto il mestiere in sé a esserlo, anche se affrontare alcuni personaggi non è sicuramente semplice. È un lavoro difficile più che altro perché richiede una grande tenacia, anche spirituale e psicologica. È un mestiere in cui devi gestire le assenze, i vuoti, c’è tanta discontinuità. Insomma, fare l’attore è da temerari, sempre un po’ alla Kill Bill.
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