VENEZIA – “Enea è un film sul desiderio di sentirsi vivi, il bisogno che muove tutte le scelte di Enea è di sentire dentro di sé il movimento della vita. E se magari i ristoranti, il circolo sportivo, i posti che frequenta possono essere elitari, la vitalità non lo è, è incorruttibile”.
Lo afferma Pietro Castellitto presentando Enea, la sua opera seconda in concorso a Venezia, ben accolta dai festivalieri.
Dopo l’esordio con I predatori, il 31enne Castellitto ha realizzato una fiaba nera o un gangster movie senza gangster, come preferisce definirlo. Anche protagonista, proprio nel ruolo di Enea, rampollo di buona famiglia alla ricerca di emozioni forti, Castellitto jr. ha voluto tra gli interpreti anche suo padre Sergio e suo fratello Cesare, nei ruoli rispettivamente di padre e fratello minore.
Tra le peculiarità del film, prodotto dalla Frenesy di Luca Guadagnino, con Lorenzo Mieli per The Apartment Pictures, società del gruppo Fremantle, e Vision Distribution che lo distribuisce dal 25 gennaio, le lunghe sequenze di volo girate a Cinecittà al Teatro 18 dove si trova uno smart stage con ledwall per riprese virtuali tra i più grandi d’Europa.
“Girare lì è stato bellissimo – dice Pietro a Cinecittà News – è sempre meglio avere degli elementi reali e il ledwall ci ha consentito di giocare con un aereo vero, una cosa impensabile in GCI. Era una tecnologia che non tutti conoscevano ed è stata una sfida, ma al terzo giorno eravamo tutti rodati”.
Tra le scene girate al Teatro 18 c’è anche quella in cui l’aereo da turismo si infrange contro un grattacielo, una scena importante ed emozionante, che rimanda all’attentato delle Torri Gemelle. “I film devono essere simbolici – chiarisce Castellitto jr – ogni epoca ha dentro di sé tutte le storie del mondo, ma poi sono i simboli che concretizzano quelle storie e le rendono importanti. Ho cercato di dare a quel personaggio una morte epica, mitologica”.
Cosa ricorda dell’11 settembre 2001? “Per la prima volta in vita mia ho capito che la guerra esisteva. Ero molto piccolo, avevo dieci anni, eravamo in campagna in Toscana e sentimmo i caccia sorvolarci, mio padre pensava che fosse scoppiata la terza guerra mondiale. Per me che pensavo che la guerra appartenesse solo al passato è stato un momento di svolta. Il paradosso tragico dell’esistenza è che la vita si sente meglio in guerra. E questo è un film sul desiderio di sentirsi vivi, soprattutto Enea e Valentino hanno questo desiderio. In un ambiente saturo di pace, sono costretti a inventarsi una guerra che non c’è”.
di Cristiana Paternò
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