“È un egocentrico, una sorta di sociopatico, in lui esiste questo senso di famiglia, è un romantico e la serie è una sorta di metaverso” così Pedro Alonso, a Roma per l’anteprima, parla del suo Berlino, quello che il pubblico ha conosciuto e da cui è rimasto ammaliato ne La casa di carta, e che ritorna con uno spin off che porta proprio il suo nome di battaglia, BERLINO appunto, con un ruolo che “torna indietro nel passato”, perché le 8 puntate raccontano sì lui, la sua personalità, il vitale e pragmatico bisogno di sfamare la vita con l’ingegno, la follia, l’adrenalina del furto, l’ambivalenza morale e la voglia di superare il limite, ma la tragedia della malattia che il personaggio portava addosso nella serie natale non c’è, lui nemmeno la immagina lontanamente, e questo conferisce una leggerezza volatile, una dissennatezza amabile, una liberazione dal tormento così che il tutto sia abbracciato da un innervato romanticismo e da un complessivo fuoco di fascino che infiamma il personaggio.
“Ho sentito subito che questo personaggio poteva ancora dare molto; BERLINO è una serie a sé, che si può guardare senza aver visto una puntata de La casa di carta“, precisa l’attore.
Berlino ha una certezza, anzi due, che guidano la sua quotidianità e il suo progredire: come afferma lui stesso nelle primissime sequenze “ci sono solo due cose in grado di trasformare una brutta giornata in una giornata fantastica: l’amore e un giorno di lavoro che frutta milioni”, offrendo così – nel mistero tutto di quello che il colpo in preparazione potrà riservare e sovvertire – una chiave d’accesso a questo Berlino.
Se Alonso già ne La casa di carta aveva marchiato di personalità il suo personaggio – e forse non a caso lo spin-off della serie è stato costruito proprio intorno a Berlino – qui è l’étoile che si può permettere di occupare il cuore della scena, e anche se non manca – all’attore e al personaggio – lo spirito per interpretare assoli tutt’altro che incerti, anzi ammalianti, anche in questa occasione l’individualità, almeno nello studio, nella pianificazione e nell’esecuzione del colpo, non predomina: per il furto presso una casa d’aste parigina – valore della rapina 44 milioni di euro – Berlino ha una sua famiglia criminale, una delle tre del suo passato (rispetto a quella finora nota dalla serie precedente). Per questa banda, pur non scendendo mai dal suo personale piano emotivo e cerebrale di carisma che danza tra lucidità granitica, epidermico romanticismo, irresistibile imprevedibilità, volente o nolente si restituisce come il pigmalione, il capo famiglia dalle idee (im)possibili.
Ciascun membro “della famiglia” ha una caratterizzazione pensata per imprimere subito una riconoscibile identità: c’è Damián (Tristán Ulloa), che “di giorno è un accademico specializzato in ingegneria e fisica; nel tempo libero, invece, è una mente criminale. La persona perfetta per trasformare in realtà le idee di Berlino”, queste le parole dell’interprete sul suo docente filantropo e consigliere di Berlino; c’è Keila (Michelle Jenner), mente geniale dell’ingegneria elettronica, talento al pari della sua timidezza; c’è Cameron (Begoña Vargas), per cui impulso e spericolatezza sono pane quotidiano, con la perenne ombra di un pregresso psichicamente complesso; c’è Roi (Julio Peña Fernández), il “figlio” – non biologico – di Berlino, il suo primo fedelissimo; e c’è Bruce (Joel Sánchez) l’uomo d’azione della banda, quello su cui nessuno scommetterebbe il minimo sindacale e invece capace di fuochi d’artificio.
E, siccome non c’è futuro senza passato, e narrativamente i canali comunicanti sono sempre un labirinto efficace, da La casa di carta – non dal principio – la storia e il pubblico reincontrano Itziar Ituño e Najwa Nimri, le poliziotte Raquel Murillo e Alicia Sierra.
E, sempre come abbiamo imparato dalla serie precedente, in particolare nell’indimenticabile interpretazione di Ti amo di Umberto Tozzi, cantata proprio da Pedro Alonso, anche per BERLINO torna la musica pop e, in particolare, quella italiana, con la Felicità di Al Bano nel finale.
Questa serie, rispetto alla precedente, in cui il senso della morte serpeggiava, sceglie un taglio di luce vivo, seppur sempre nella sfera del realismo, nonostante la suggestione propria del furto che – ai più, al pubblico – pare naturalmente qualcosa di fantascientifico, ma l’allure della narrazione gioca anche su un sottile e accattivante senso dell’illusionismo, tra le trame della commedia romantica, e non a caso, la piacevole didascalia risiede proprio nell’ambientazione parigina, città de l’amour…
Gli episodi della serie, creata e scritta da Álex Pina ed Esther Martínez Lobato, debuttano il 29 dicembre su Netflix.
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