Occhi di gatto made in Sud

Una banda di donne armate di bigodini e pistole decide di dare un svolta alle proprie vite svaligiando la banca del paese travestite da uomini. È l’incredibile storia, ispirata ad una vicenda di crona


Parte da un’incredibile quanto rocambolesca vicenda di cronaca che ha investito la provincia francese negli Anni ’80, Brave ragazze di Michela Andreozzi, che aveva già fatto il suo esordio alla regia due anni fa con un’altra storia di ‘sorellanza’, Nove lune e mezza, e che di questa nuova commedia al femminile, in 300 sale dal 10 ottobre, firma anche la sceneggiatura. Protagoniste quattro donne disperate, affogate dalle difficoltà economiche, che pensano di dare una svolta alle loro vite impugnando le armi (anche se, nella realtà, si trattava di pistole scacciacani) e svaligiano la banca del paese travestite da uomini. Quella che sembrerebbe un’idea assurda destinata all’immediato e catastrofico fallimento, contro ogni ragionevole previsione, va in porto, e le quattro donne, soprannominate dalla stampa locale ‘La banda delle Amazzoni’, prima di essere scoperte riuscirono a portare a termine non solo quel colpo, ma anche altre sei rapine in tutta la provincia francese, diventando, una volta in carcere, icone di culto a cui tutte le donne della zona resero omaggio. Eroine di un riscatto e di una ribellione tutta femminile, di persone comuni che lottano, non per la ricchezza, ma per la conquista di un posto al mondo.  

“Da emarginate senza speranza finirono per rappresentare un simbolo di ribellione alla condizione stessa della donna. Volevamo capire cosa, in quei gesti di rabbia e disperazione era stato interpretato come un impulso di ribellione al sistema. In che modo un crimine aveva potuto trasformarsi in una presa di posizione, in un gesto di coraggio”, sottolinea Michela Andreozzi, che nel film appare anche in un cammeo e che racconta come la pellicola abbia avuto una lunga gestazione, cominciata molti anni fa, ben prima dell’attuale attenzione mediatica sul tema del femminile, con un ritaglio di giornale in cui c’era l’intervista a una delle vere protagoniste uscite dal carcere. “Molte delle cose che si ritrovano nel film sono state raccontate dalle rapinatrici, ad esempio il fatto che prima delle rapine fumavano tutta la notte per farsi venire la voce roca”.

La versione cinematografica ripercorre quella stessa vicenda, innestando alcuni elementi di fiction nella narrazione (una delle donne, ad esempio, nel film, e non nella realtà, è vittima di violenza domestica), ambientando le gesta della banda in rosa a Gaeta, provincia laziale che la regista conosce bene: “Ho trascorso lì miei Anni ‘80, era il posto in cui andavo in vacanza, a cui mi sono ispirata. Anche molte caratteristiche del personaggio di Anna, del modo in cui gioca con i figli, di sua madre semplice ma sempre elegante, sono ispirate a miei ricordi reali”. 

Nella soleggiata ma immobile Gaeta vivono quattro ‘brave ragazze’, donne comuni che la vita mette di fronte a situazioni di emergenza: Anna (Ambra Angiolini) è una ragazza madre con due figli da mantenere e nessun lavoro stabile, Chicca (Ilenia Pastorelli) e Caterina (Silvia D’Amico) sono due sorelle dal carattere opposto accomunate dal desiderio di un futuro migliore e lontano, la timida Maria (Serena Rossi) è una devotissima alla Vergine cui chiede la grazia di liberarla dal marito violento interpretato da Massimiliano Vado, compagno, nella vita, della regista (“È stato divertente dirigere mio marito in un ruolo abominevole”). 

“Mentre scrivevo nella mia testa le protagoniste erano già loro, le ho scelte per il temperamento e perché le caratteristiche dei personaggi si sposavano bene con le loro caratteristiche umane”, racconta la regista che continua: “La condizione della donna oggi non è cambiata o, almeno, non è cambiata abbastanza da poterci ritenere fuori dagli schemi di una società che ancora ci giudica, ci tratta e ci considera cittadine di serie B, e che per tutto questo, c’è ancora bisogno di farsi sentire”.

 

Carmen Diotaiuti
03 Ottobre 2019

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