Marco Müller: “La mia star è Stallone, la sorpresa Tarantino”


C’è uno strano clima alla conferenza stampa della settima edizione del Festival di Roma (9-17 novembre): folla delle grandi occasioni ma anche la significativa assenza degli enti locali sul palco della Sala Sinopoli all’Auditorium di Renzo Piano. Al posto di Renata Polverini, travolta dal diluvio di scandali in Regione, c’è in platea l’assessore Fabiana Santini, che però non dice nulla, mentre il presidente della Fondazione Cinema per Roma Paolo Ferrari si rammenta solo alla fine di ringraziare la Provincia. Insomma, la direzione Müller dell’ex Festa veltroniana, fin da subito accompagnata da una fantozziana nuvoletta, sembra avere un futuro quantomai incerto. Ma l’ex direttore di Venezia almeno all’apparenza regge il colpo, anche se le domande più direttamente politiche non sembrano andargli troppo a genio e si capisce che tenta di svicolarle. Ma sotto la lente d’ingrandimento c’è anche il programma. E lui lancia una sorta di difesa preventiva: “In quattro mesi e mezzo abbiamo fatto miracoli, riuscendo a portare a casa anche cambiamenti sostanziali”. Però l’identità del festival (che ha 12 mln di € di budget, di cui 4 dai soci e il resto da privati, in parte ancora da incassare) sembra più vicina a Torino che alla storica rivale Venezia.

 

Allora, Müller, la vicenda che ha travolto la giunta regionale del Lazio vi ha creato difficoltà nel mettere a punto il programma?

La Regione Lazio per noi è tante cose, tra cui il nuovissimo Lazio Film Fund che l’assessore Santini annuncerà durante il festival e che darà sostegno al cinema.

 

Nessun sogno infranto, rispetto alle premesse, quelle di un grande festival internazionale di sole anteprime mondiali?

Il nostro sogno era inventare Cinemaxxi, che sarà presentato tra una decina di giorni, e che prende l’eredità di Extra. Abbiamo due film degli studios in anteprima mondiale, il cartone in 3D Le 5 leggende e Bullet to the Head di Walter Hill con Sylvester Stallone (i due trailer erano proiettati ininterrottamente sul megaschermo alle sue spalle, ndr). Abbiamo alcuni degli autori più grandi del mondo come Larry Clark e Kira Muratova. Abbiamo il film di chiusura Una pistola en cada mano dell’autore catalano Cesc Gay, di cui ricorderete l’opera prima Krampack. Certo, saremmo più contenti se avessimo iniziato a novembre dell’anno scorso a lavorare al programma: comunque abbiamo visto oltre 1.500 film.  

 

E di nuovo rischia di non avere tutto il tempo che vorrebbe con la crisi politica in Regione che potrebbe portare alla carica di governatore proprio Nicola Zingaretti, cioè colui che si è opposto alla sua nomina fortemente voluta da Polverini e dal sindaco Alemanno.

Io ho avuto il sostegno di tutti e tre gli enti locali, molto più che a Venezia in otto anni. Non penserete che sia stato chiamato qui perché ho un’etichetta politica al collo?

 

Il suo programma è talmente ricco di opere prime e seconde che sembra far concorrenza più a Torino che alla Mostra di Venezia.

Le opere prime e seconde appartengono alla Torino di Tugliatto e Giulia D’Agnolo Vallan, ormai il Festival di Torino è diventato generalista (ma il concorso torinese è riservato a opere prime, seconde e terze, ndr). E poi non siamo noi che abbiamo cercato i nuovi autori, sono i nuovi autori che hanno cercato noi.

 

E Tarantino?

Lo vedrete presto qui. Ha una sorpresa in serbo per voi e Django Unchained sarà all’Auditorium, ma non posso dire di più, saprete tutto tra una settimana. Come non posso dire dei due film sorpresa del concorso, perché voglio proteggere gli autori che vivono in situazioni dove la censura è ancora una realtà.

 

Se non aveste posto la regola delle anteprime mondiali, avreste potuto invitare qualche film di forte impatto spettacolare come “Lincoln” di Spielberg. E’ pentito di essersi imposto questa condizione?

Innanzitutto io non credo che non abbiamo le star. Come ho detto avremo Stallone e poi le star non sono solo quelle hollywoodiane. Vedrete l’opera seconda di Valérie Donzelli, il film di Roman Coppola ha un grande cast con Bill Murray e Patricia Arquette, il nuovo Jacques Doillon, tornato a lavorare dopo un problema di salute, è il suo migliore da molti anni a questa parte… Senza contare i ritratti di Tornatore, Montaldo e Tiberio Murgia, l’omaggio al grande Renato Nicolini, che mi manca ogni giorno. Un film come Lincoln non sarebbe comunque potuto venire, perché Hollywood programma le tappe della promozione a partire da molti mesi o un anno prima.  

10 Ottobre 2012

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