‘Manifesto’, 13 volte Cate Blanchett

In sala solo tre giorni dal 23 ottobre con I Wonder Stories il film d'arte e sull'arte del regista tedesco Julian Rosefeldt: quasi una summa del Novecento


Un fiammifero brucia, mentre la voce di Cate Blanchett recita alcuni stralci del “Manifesto del Partito Comunista” di Marx e Engels, lasciando la scena a tre signore anziane che fanno esplodere fuochi d’artificio in un campo. Un senza fissa dimora, mentre si trascina sul tetto di una fabbrica abbandonata, decanta il “Manifesto Bianco” di Lucio Fontana; una punk nichilista, seduta al tavolo di un bar di New York, cita qualcosa dell’Estridentismo di Manuel Maples Arce; una vedova al funerale recita l’avanguardia dadaista di Tristan Tzara durante il discorso funebre; una madre riunisce in preghiera la sua famiglia con i versi di “Io sono per un’arte” di Claes Oldenburg. E ancora una broker decanta il Futurismo di Filippo Tommaso Marinetti; una coreografa dell’est Europa recita il “No Manifesto” di Yvonne Rainer; una scienziata interpreta il Suprematismo di Kazimir Malevich; due giornaliste citano “Le proposizioni dell’arte concettuale” di Sol LeWitt in diretta tv; una burattinaia recita il Surrealismo di André Breton e una maestra di scuola indottrina i suoi giovani studenti su “Dogma 95” di Lars Von Trier e sulla poetica di Jim Jarmusch e Werner Herzog.

13 ruoli e una sola attrice, il premio Oscar Cate Blanchett, per altrettanti episodi da 10 minuti e mezzo l’uno, che mettono in scena, ai giorni nostri, alcuni dei manifesti politici e artistici più famosi di tutti i tempi. È Manifesto (2015) il film d’arte e sull’arte del regista tedesco Julian Rosefeldt, che quest’anno ha conquistato il Sundance, con i suoi quadri contemporanei dedicati al pensiero occidentale novecentesco, interpretati dallo stesso personaggio che cambia volto e ruolo a seconda della cornice. Manifesto è nato alcuni anni fa da un’idea di Rosefeldt come installazione artistica multi-screen, composta da 13 schermi che proiettavano immagini contemporaneamente, presentata nel 2016 a Berlino e a New York. Le riprese del film, invece, hanno avuto luogo nel 2014 nei dintorni di Berlino, in una full immersion di 12 giorni, in cui accanto a Rosenfeld, regista, produttore e sceneggiatore del progetto, ha lavorato, nuovamente, Christoph Krauss come direttore della fotografia. In Italia al cinema per l’evento di I Wonder Stories soltanto il 23, 24 e 25 ottobre, Manifesto ripercorre un secolo in 90 minuti, passando da un decennio all’altro, in una collezione di frammenti tenuti insieme dalla voce dell’attrice protagonista, che si era misurata con una performance simile in Io non sono qui (2007). L’accostamento tra i dogmi del pensiero novecentesco e la cornice storica odierna, con i suoi eccessi e le sue contraddizioni, sembra interrogare lo spettatore su cosa è cambiato nel tempo, su cosa è rimasto del passato e sul senso di un manifesto, lasciando qua e là dei suggerimenti. Come quando, nel primo quadro, il senza fissa dimora urla a un pubblico invisibile che gli artisti affermati non hanno bisogno di un manifesto, perché il sistema va loro incontro, mentre gli outsider devono urlare la loro opinione per essere ascoltati.    

Viola Brancatella
18 Ottobre 2017

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