Lav Diaz ipnotizza il festival con la sua Lullaby

Otto ore di proiezione, accolte con grandi applausi, per il nuovo film del cineasta filippino, una rievocazione allegorica della rivoluzione antispagnola del 1896


BERLINO – A due giorni dalla fine è arrivato l’unico film che può contendere l’Orso d’oro a Fuocoammare di Gianfranco Rosi. Si tratta di una pellicola già leggendaria, anche solo per la sua durata, 485 minuti, pari a otto ore, che la Berlinale ha proiettato in un’unica giornata, dalle 9 del mattino alle 7 di sera, con una pausa di un’ora per il pranzo in una proiezione unica per pubblico e stampa. Contrariamente a quanto si potrebbe immaginare la sala è rimasta pressoché piena, con poche defezioni, anche se molti festivalieri, grazie a un braccialetto rosso, hanno potuto lasciare più volte la proiezione, sia per motivi “fisiologici” che per ragioni di lavoro, mentre tanti altri hanno ceduto al sonno a più riprese pur restando stoicamente al proprio posto. Stiamo parlando ovviamente del nuovo film di Lav Diaz, A Lullaby to the Sorrowful Mistery, una sorta di Nascita di una nazione dedicato alla rivoluzione filippina del 1896-97, la cosiddetta Katipunan Revolution, ma in chiave intimista ed allegorica, con frequenti incursioni nella mitologia locale. In bianco e nero, costruito con una serie di lunghi piani sequenza, con intensi dialoghi tra due o più personaggi di concezione teatrale, con musiche esclusivamente diegetiche, dice molto sul carattere nazionale e contemporaneamente restituisce un forte e drammatico sentimento della natura. Se davvero Diaz e Rosi si divideranno i premi maggiori, come molti pronosticano, sarà ancor più curioso dal momento che il cineasta filippino vinse il Pardo d’oro a Locarno nel 2014 con From What Is Before – che durava “solo” sei ore – proprio quando il regista italiano era in giuria.

La trama (se si può parlare di trama) prende le mosse dalla figura di Andrés Bonifacio y de Castro, uno dei personaggi di spicco della lotta contro il dominio coloniale spagnolo alla fine dell’Ottocento, considerato il padre della rivoluzione, condannato a morte dagli invasori. Nel film si intrecciano diverse vicende legate alla sua persona: la vedova è alla disperata ricerca del suo corpo, scomparso nella giungla, accompagnata da due donne e un uomo malato. Il governatore spagnolo ordisce piani segreti con la complicità di filippini traditori, che poi si pentiranno. Un altro rivoluzionario, gravemente ferito, viene trasportato verso una possibile salvezza, mentre fanno la loro apparizione alcuni personaggi metà uomo e metà cavallo.”Si sono fatti infiniti discorsi sulla morte di Andrés Bonifacio – spiega il regista – sono state dette cose ambigue che hanno portato spesso a conseguenze sanguinose. E’ nostro dovere liberarci da queste mistificazioni e coltivare la memoria e la storia, spero che questo film possa significare qualcosa per il nostro paese”.

L’autore, famoso proprio per la durata monstre dei suoi film (tra cui Evolution of a Filipino Family di 11 ore), risponde anche su questo aspetto: “Non mi sottometto a regole. Il cinema è libertà e non vedo i miei film come rivolti soltanto ai cinefili e non a un pubblico commerciale per la durata, io mi sono emancipato dalle regole commerciali. In poesia esiste l’haiku ed esistono i poemi come l’Iliade, entrambi hanno senso. Del resto il cinema è il mezzo più potente, penetra profondamente nell’anima e penso che abbia molto in comune con la psichiatria”. E sull’impatto politico della sua rilettura della rivoluzione del 1896 – quasi coeva, come sottolinea, alla nascita del cinema – Diaz ritiene che il film possa servire a cambiare le coscienze non solo in patria ma nel mondo intero. “La gente attraversa le frontiere perché ha fame, muore di fame, e questo accade ovunque, anche nel Mediterraneo”.

Sollecitato da una domanda di Enrico Ghezzi (“un grande filosofo con cui ho fatto tante discussioni”) cita Rossellini: “Con la sua opera neorealista tutti abbiamo cominciato: ci sono molti elementi politici nel suo cinema come nel mio”. Ma si dice ispirato anche dall’espressionismo tedesco e dal fumetto.

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