Mi ha sfidato molto il personaggio di Smetto quando voglio 2 e 3. Perché era piuttosto serio in un contesto molto comico. Una delle sfide più grandi per me. Mi ha emozionato anche il personaggio di Viola in Suburra. È stato molto impattante per me. In generale, sono affezionata a tutte le cose che ho fatto. Per come la vedo io, quando fai un personaggio a un certo punto lo devi cominciare ad amare. Anche se uno mi stesse antipatico, dovrei capirne le ragioni.
Sui social esprimi molte delle tue idee, prendendo posizioni anche in fatto di politica internazionale e non solo. Altri sembrano aver paura di dire la propria, forse perché, si dice, potrebbe rivelarsi pericoloso per la propria carriera. È così?
Da noi una ricaduta vera non c’è. A volte mi sento naif, perché non ho queste paure. Sinceramente, non mi interessa di perdere lavoro se le ragioni sono queste. Non giudico chi non si esprime, ma io sono cresciuta in una famiglia di dottori, persone devote al prossimo, e mi stanno a cuore questi temi. Anche il film che ho fatto parla di un ultimo, del suo essere estremamente unico e incredibile. Io decido di dire quello che penso e sono consapevole che probabilmente non frega a nessuno, ma una parte di me crede che se lo facessero tutti le cose cambierebbero. Per quello insisto. Sono sempre stata attenta a quello che succede nel mondo. In America vedo delle cose allucinanti, una caccia alle streghe a chi si esprime.
Credi si stiano aprendo nuove opportunità per le registe in Italia?
Sì, c’è maggiore apertura. Il mestiere del regista è stato per troppo tempo appannaggio maschile. È importante incoraggiare le giovani autrici a prendere in mano la propria visione. Si fa molta polemica rispetto agli attori e alle attrici che esordiscono alla regia, ma credo sia insensato. Chi ha più possibilità, come noi attrici, deve fare di tutto per usare la propria posizione per diventare regista, se vuole. Io ho deciso di non recitare nel mio film, perché volevo mettermi alla prova dietro la macchina da presa. Sin da bambina ho sempre voluto fare la regista, volevo diventare come Dario Argento. Le mie colleghe che hanno esordito alla regia anche da protagoniste secondo me sono spinte dalla voglia di raccontare dei bei ruoli femminili, perché in Italia mancano, e lì forse la situazione sta persino peggiorando.
Volevi girare film come Dario Argento, ma sei mossa da un fervore anche molto politico e sociale, un po’ come certo horror alla Jordan Peele. Dopo questo debutto, pensi che un esperimento sul genere lo faresti?
Certo, alla Get Out. Infatti in un mio cortometraggio ho provato a fare una cosa simile. Adriatica non me l’ha permesso, perché la storia non si adattava. Però sì, in futuro mi piacerebbe tantissimo mettermi alla prova. Sono cresciuta vedendo i film di Dario Argento e leggendo It di Stephen King.