“Da mio padre ho capito che fosse più importante cosa dire, non come dire, perché lo stile viene dopo. È stato il grande insegnamento di mio padre”, così Isabella Rossellini ha concluso il suo racconto autobiografico, tra narrazione a braccio e lettura da recital, nella lezione che ha tenuto alla Festa di Roma, in occasione della consegna del Premio alla Carriera.
Gianluca Farinelli, presidente della Fondazione Cinema per Roma, attendendola sul palco della Sala Sinopoli, ha parlato di “un momento mitico, sul tappeto anticipato da una vampa di emozione e affetto. Uno dei momenti più belli della vita: noi l’adoriamo per essere una donna incredibile, con due genitori straordinari per la Storia del Cinema. Lei, già a L’altra domenica, per quello che dice e fa, era avanti di 40 anni; e da modella ha dimostrato che l’età non conta. E poi c’è la sua carriera da regista con piccoli capolavori che raccontano, a noi sbadati, il mondo che ci sta intorno, della Natura. E lei, con la sua fattoria biologica, è anche una contadina”.
La poliedrica Isabella Rossellini, così come la racconta anche Marin Lacombe nel suo documentario A Season With Isabella Rossellini, presentato alla Festa, era attesa sul palco da Renzo Arbore e Alice Rohrwacher, l’ultima regista che l’ha diretta ne La chimera. Lui si dice “felice di premiarti , Isabella, per la grazia con cui eserciti tutti i tuoi talenti, che sono tantissimi” e la Rohrwacher, che si racconta anzitutto “onorata di essere qui con lei”, confida che “quando mi chiedono perché l’avessi chiamata per La chimera, dico che non l’ho chiamata, ho piuttosto pregato dicesse di sì… ho accesso delle candele”. Rohrwacher poi, dal palco, le dedica una piccola, intima, affettuosa lettera, che legge dal suo quaderno dei sogni, e che conclude dicendo “…si può essere un’icona senza rinunciare a essere vivi. Con ammirazione e amore”, parole che chiosano con un abbraccio tra le due artiste.
“Io sono qui in presenza di queste tre persone, dei maestri di vita”, le prime parole di Isabella Rossellini, che di Arbore dice: “mi ha dato grazia e ironia. Con Alice sono tornata in Italia, con lei condivido l’amore per la Natura. E Farinelli ha restaurato tanto cinema di mio padre e ha influenzato il mio modo di fare cinema”. Del Premio, “ringrazio che sia anche una Lupa, un animale”, per lei etologa un grande significato simbolico.
Poi, seduta sola sul palco, leggio davanti a sé a fare da traccia e dando alla masterclass anche il tono del recital appunto, Isabella Rossellini introduce la lezione spiegando che “parlerò dei miei ultimi anni e di come sono diventata regista, da vecchia!”, facendo così subito emergere di lei il profilo ironico e pragmatico, la cui genesi emergerà nel racconto delle prossime righe, delle parole della signora Rossellini stessa.
“Un regista canadese, Guy Maddin, mi aveva mandato una sceneggiatura barocca, ma insieme dei dvd con i suoi lavori precedenti, tra cui un corto, Il cuore del mondo, che pareva un film del Muto, rovinato, un’ispirazione per un artista contemporaneo. Sono stata la moglie di Martin Scorsese, il primo a schiacciare il campanello d’allarme sul deterioramento delle pellicole: restaurare le pellicole dei film di mia madre e mio padre così è diventata una missione. I film di mio padre sono stati molto influenti ma di poco botteghino, ed erano quelli più in pericolo”, parole che accompagna alla visione della sequenza di Roma Città Aperta, quella simbolica della corsa e della successiva raffica che finisce Anna Magnani, “una scena che continua a stringermi il cuore, ogni volta che lo vedo”.
Continua la storia, Rossellini, raccontando che poi “ho fatto il film di Guy, La musica più triste del mondo, che mi ha aperto alla regia: nel 2006 papà avrebbe compiuto 100 anni e volevo celebrarlo con la mia voce, così ho fatto Mio papà ha 100 anni, ho scritto la mia prima sceneggiatura e firmato la co-regia, e avevo bisogno della cinematografia di Maddin e da lì la sua idea di farmi interpretare tutti i personaggi del film, da Fellini a mia madre”.
Poi, “Robert Redford l’ha visto e l’ha acquistato per il suo canale tv Sundance, e mi ha incoraggiata a fare la regia, seguendo il format breve di YouTube: è nata la serie GreenPorno”.
Isabella Rossellini è stata modella e ricorda quando “Lancôme non ha più rinnovato il mio contratto e i dirigenti non sono stati diplomatici e mi hanno detto che la pubblicità rappresenti il sogno e io non lo rappresentavo più”, perché era diventata più matura all’anagrafe, aveva 42 anni. “Così mi sono iscritta all’Università perché il mio carburante è la curiosità, questo me l’ha insegnato anche Arbore”. Il papà da bambina le ha regalato un libro “L’anello di re Salomone di Conrand Lawrence: lì sono rimasta fulminata e ho detto che sarei diventata etologa e avrei fatto la regista di film sulla Natura, ma come? E così, incontrando la piccola troupe di Guy, e visitando gli archivi, soprattutto della Cineteca di Bologna, guardando Méliès ho capito che avrei fatto di questo il mio stile”. Rossellini mostra del maestro del Muto sequenze di Viaggio sulla luna (1902) e pone la questione: “ma quale sarebbe stato il tono dei miei film? Ironia e stupore. È così che mi è venuta in mente anche l’espressione seria e perplessa di Buster Keaton, espressione che ho assunto nei miei film”.
Poi, “c’è il mio ultimo monologo per il teatro, Il sorriso di Darwin, commissionato dal Museo d’Orsay e con cui arriverò in Italia a gennaio/febbraio 2024”.
Comunque, continua lei, tirando un po’ le fila, “se dovessi rivivere la mia vita farei la regista da più giovane, cosa però più difficile per donne della mia generazione, per non parlare di etologhe e scenziate. Dopo l’Accademia di Costume e Moda frequentata a Roma, lavorai nel reparto costumi sui set di mio padre, che era molto geloso, anche se uscivo con Christian De Sica, figlia del suo migliore amico. Così andai a New York e cominciai a lavorare con Gianni Minà, da lì ho poi potuto lavorare a L’altra domenica di Renzo Arbore come inviata, dove ho imparato a fare piccoli film e ho imparato che se si fanno storie con ironia si arriva di più alle persone”.
Sempre a NY “ho incontrato il fotografo Bruce Weber e mai avrei immaginato segnasse una carriera di 45 anni. La fotografia e il cinema sono nel mio dna: mio nonno Justus Bergman era fotografo e nonno Angelo Rossellini ha fondato il Cinema Barberini (1931), così ho sempre saputo che con un solo fotogramma si possa raccontare una storia. Ho avuto tantissime copertine, 500 circa, e una quarantina con ‘Vogue’; è stato Richard Avedon a spronarmi a fare cinema, di cui io avevo paura per il confronto con mio madre: lui mi diceva che la modella non parla, ma esprime emozioni che l’obiettivo raccoglie, così mi sono iscritta alla scuola di recitazione. Ho dato anche la voce a un personaggio de Gli incredibili (2018), e due anni fa a una specie di conchiglia per Marcel The Shell”.
“La responsabilità di un’attrice è visitare le menti dei registi perché allarga la mia conoscenza. La Dorothy di Blue Velvet doveva avere una facciata per nascondere il tormento della donna. Per la passeggiata nuda mi è venuta in mente la fotografia di Nick Ut della bambina in Vietnam e io ho assunto quella postura”, racconta ancora.
“Per tutta la vita ho sofferto con la schiena, sono nata con la scogliosi e ho subito due operazioni, una a 13 anni e una dieci anni fa” e della prima Rossellini condivide con la platea il filmato famigliare, girato dalla mamma Ingrid, di lei allettata all’uscita dall’ospedale. “Ogni volta ho dovuto reimparare a camminare e muovermi e così credo di far tutto e subito perché ho il dubbio che tra poco o all’improvviso potrei non camminare; così non ho voluto aggiungere altri interventi come la chirurgia plastica, come si vede sulla copertina di ‘Vogue’ di questo mese”, conclude mostrando di lei l’immagine del primo piano del suo volto, su cui si disegnano le righe che raccontano il tempo della vita.
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