La commedia all’italiana vista da Masolino d’Amico

La Nave di Teseo ha pubblicato la terza edizione, riveduta e corretta, del volume La commedia all’italiana di Masolino d'Amico


Non a caso inserita dall’editore milanese La nave di Teseo nella propria collana i Fari, torna in una nuova e sontuosa veste uno dei libri-faro che illuminano dall’interno la genesi e l’evoluzione del genere cinematografico italiano più popolare in assoluto in tutto il mondo: La commedia all’italiana. Il cinema comico in Italia dal 1945 al 1975, scritto da Masolino d’Amico.           

In questa terza edizione, riveduta e corretta ma volutamente non aggiornata agli sviluppi successivi al trentennio d’oro, il massimo studioso, critico e traduttore del teatro italiano prende per la prima volta coscienza che infiniti dettagli delle proprie acutissime analisi tanto delle imprese immaginarie quanto dell’impatto sociale che hanno avuto i mitici ‘mostri’ Totò, Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi, Marcello Mastroianni, Nino Manfredi, assieme ai grandi autori Mario Monicelli, Age e Scarpelli, Dino Risi, Luigi Comencini, Marco Ferreri, Luciano Salce, Benvenuti e De Bernardi e tanti altri, derivano proprio dai rapporti di amicizia e di famigliarità che Masolino d’Amico aveva intrattenuto con loro fin da ragazzo.

Ecco cosa scrive: “Quei film, quei personaggi sempre più remoti interessano ancora qualcuno, quando entrano nelle scuole di cinema studenti che non hanno mai visto Marcello Mastroianni su uno schermo, né grande né piccolo? Eppure a giudicare dalla diffusione e reperibilità odierna di centinaia di titoli che una volta si erano considerati scomparsi e dimenticati, tenderei a dire che mai tante pellicole ‘vecchie’ sono state così popolari. Oggi la maggior parte delle moltissime di cui mi occupai è facilmente fruibile ovvero, se si è curiosi, consultabile: disponibile in rete, pubblicata in dvd, trasmessa in televisione. Incomparabilmente di più che non trentacinque anni fa, quando mi misi ad allargare le mie competenze e a documentarmi. Allora certi reperti potevano manifestarsi solo a notte fonda sul teleschermo, trasmessi da qualche emittente minore; bisognava tenersi pronti e registrarli in vhs. Si impostava l’orologio, e la mattina dopo c’era la sorpresa. Non di rado al posto del film annunciato, mettiamo uno di Franchi e Ingrassia, ne era stato dato un altro, in qualche caso fortunato addirittura più inafferrabile. Per fare ordine non c’erano repertori consultabili tipo Mereghetti […]”.

“Ma di fatto il cinema con cui mi misurai era il cinema con cui ero cresciuto; il cinema della mia adolescenza e giovinezza, che in gran parte avevo visto spuntare. Avevamo dodici o tredici anni, mia sorella ed io, quando con nostra madre [Suso Cecchi d’Amico, NdR] andammo a vedere all’aperto, a Santa Marinella, l’esordio di un comico nuovo e a noi del tutto sconosciuto, Alberto Sordi – Mamma mia, che impressione – che ci entusiasmò. Lì Sordi non ebbe nessun successo, ma poi diventò celeberrimo. Quando ero al liceo andare alla prima di un suo film era a Roma un rituale obbligatorio per me e per i miei coetanei. Imitavamo le sue battute e i suoi atteggiamenti. Più tardi, quando ero all’università, si andava al cinema quasi tutte le sere. Dopo cena, l’ultimo spettacolo era alle 22.30 o 22.45. Poi il grande punto di ritrovo era una piccola prelibata gelateria in una parallela di viale Parioli, gelateria nota come ‘i froci’. ‘Ci vediamo dai froci?’ Mi sono chiesto a lungo il perché del nome, a vederli i gestori, forse due fratelli, non avevano niente che potesse giustificarlo. Una sera però guardai il cognome del titolare della ditta, nella licenza appesa al muro. Si chiamava Frogetti”.

“Ecco, forse la principale giustificazione nel ripresentare questo libro è proprio questa componente autobiografica che, adesso vedo, vi scorre sottotraccia. Parlavo di cose che conoscevo bene senza bisogno di studiarle, perché le vivevo. Di quell’epoca, di quel clima, insomma, fui più che uno studioso, o un cronista, un testimone. Come tantissimi altri, si capisce; ma loro non ci sono più, e ai racconti di chi c’era oggi si sostituiscono fatalmente i documenti e gli archivi. Nell’appendice, che vi segnalo, registrai i soprannomi allegramente infamanti che i protagonisti della commedia all’italiana di allora diedero a una eminenza grigia di quel cinema, tale Pietro Notarianni, indispensabile uomo-ombra del produttore Franco Cristaldi e fautore dietro le scene di innumerevoli imprese. Ora – in attesa che Peppuccio Tornatore si decida a terminare il docufilm sul personaggio, che ha da tempo in cantiere – del fondamentale Pietro non si ricorda più nessuno. Nel prezioso volume che una ricercatrice davvero in gamba ha appena dedicato all’attività di Cristaldi e della Vides Film, Notarianni è solo un nome – l’autrice alza le braccia e si dichiara impotente a descriverlo, non risultando costui, quasi, nel materiale di archivio. Chieda a me! Mi verrebbe fatto di dirle. Finché sono ancora vivo, a differenza di quasi tutte le persone nominate nel mio libro. Io non solo fui all’uscita di quei film, ma per ragioni familiari ne vidi anche nascere parecchi”.

“Ero presente quando ad Age e Scarpelli che raccontavano il progetto del nuovo film che scrivevano con Comencini, mia madre suggerì: ‘Intitolatelo Tutti a casa‘. Organizzai il torneo di ping pong a casa nostra, a Castiglioncello, per far vincere qualcosa a Gassman furioso per la sconfitta a football subita dalla troupe del Sorpasso ad opera di una formazione di villeggianti, nella quale avevo immesso senza dirlo un paio di giocatorini della squadra locale. Ero seduto sulla spiaggia del Lido di Venezia con Cristaldi e il predetto Notarianni quando notammo in lontananza una bella ragazza mora con un bikini verde smeraldo che dei fotografi stavano riprendendo. Dandosi arie da produttore (ero giovane io, ma era giovane anche lui), Cristaldi disse a Pietro di andare a informarsi di chi fosse costei. Pietro tornò. Era la vincitrice di un concorso per la più bella italiana di Tunisi, una mezza siciliana, e si chiamava Claudia Cardinale. Tante altre ne potrei raccontare, ma nel libro non l’ho fatto. Però, come dicevo, io ‘c’ero’, e magari questo un po’ si sente. E se non è certo una garanzia di qualità, alla lunga potrà forse risultare di qualche interesse. Il giornale del giorno prima si butta, ma quello di trentacinque anni prima a volte è affascinante”.

 Altri ricordi e aneddoti riguardanti parecchi dei citati ‘soliti ignoti’ del cinema italiano, Masolino d’Amico li aveva raccolti nei deliziosi volumetti Persone speciali (Aragno, 2003) e Persone speciali seconda serie (Aragno, 2005).

11 Marzo 2022

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