Arriva in sala il 18 gennaio con Warner Insidious 4: L’ultima chiave di Adam Robitel, con Lin Shaye e Kirk Acevedo, horror classico che come i suoi predecessori gioca con tutti gli stereotipi del genere ma non annoia grazie a una struttura ben collaudata e alla buona prova di Shaye che torna nei credibili panni della non più giovane dottoressa Elise Rainier, brillante parapsicologa dotata di straordinari poteri che impiega per contattare i morti.
La sceneggiatura è di James Wan, il regista, sceneggiatore e produttore cinematografico malese naturalizzato australiano che ha dato il via al franchise dopo aver modernizzato l’horror prima con Saw – L’enigmista e poi con Dead Silence. Ci sono appunto i topoi, come la casa isolata e spaventosa piena di inquietanti presenze, ma anche l’ironia.
Si parte con un antefatto, con Elise bambina che vive con fratello più piccolo, padre violento (Acevedo) e madre amorevole in una vecchia magione infestata da oscure presenze nel nulla del New Mexico. Oggi invece Elise è anziana e viene contattata da un uomo perché la aiuti a liberare la sua casa da spettri che la invadono.
Una richiesta a cui lei è abituata, ma che diventa eccezionale quando scopre che la casa da bonificare è proprio quella in cui è cresciuta con la sua famiglia. Per lei sarà così un ritorno al passato che affronterà accompagnata dal fidato e simpatico duetto di quarantenni formato da Specs (Leigh Whannel) e Tucker (Angus Sampson), acchiappa fantasmi 2.0 attrezzati con apparecchiature digitali di ultima generazione, che gestiscono l’azienda Spectral Sightings. Per Elise sarà la conferma di un concetto da tempo acquisito: la malvagità è più vicina agli umani che alle anime dei dannati.
Per Benoît Delhomme un’opera prima matura e intensa, magistralmente angosciante, che esplora la maternità e le sue possibili ossessioni, dal 9 maggio al cinema con Vertice 360: remake di Doppio sospetto di Olivier Masset-Depasse, dal romanzo Oltre la siepe di Barbara Abel
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