Il “Tour de France” di Depardieu: da razzista a rapper

Diretto da Rachid Djaïdani, il film è interpretato anche da Sadek oltre che dall'attore che ha scoperto il rap e cantato una sua personale versione della Marsigliese


CANNES – Di padre algerino e madre sudanese, quando aveva vent’anni il francese Rachid Djaïdani passò dal lavoro di carpentiere nei cantieri al set de L’odio di Mathieu Kassovitz. Nonostante fosse lì come addetto alla sicurezza, quello fu il momento in cui scattò la scintilla col cinema che lo ha portato fino alla Croisette, dove quest’anno è per la seconda volta protagonista alla Quinzaine des Réalisateurs come regista di Tour de France.

Accolto con grande calore dalla platea della sezione collaterale, il film è un road movie attraverso la Francia e le sue contraddizioni guidato da una strana coppia composta da Gérard Depardieu nei panni di Serge, omone burbero e razzista, e Sadek (uno dei rapper più cliccati su YouTube), in quelli di Far’hook che, in fuga da tafferugli della scena hip hop, si trova a fargli da autista in un curioso pellegrinaggio attraverso i porti francesi.

L’anziano e il giovane, il conservatore e il ribelle, l’amante dei quadri di Vernet e il divo emergente della scena rap, il razzista e il meticcio: il Tour de France di Djaïdani mette faccia a faccia due volti della Francia contrapposti, ma solo se si guarda attraverso la lente dei cliché. Infatti i due si dimostreranno capaci sostenersi a vicenda e dialogare, anche a suon di Free Style, come dimostra la scena cult in cui Depardieu intona la Marsigliese a ritmo di rap. “Ho costruito il film pensando a lui come protagonista – ha detto il regista, che chiama Depardieu “Tonton” (zio) – ma e’ fondamentale il ruolo di Sadek, che sembra tanto diverso da lui solo se ragiona per stereotipi. Insieme erano in simbiosi. Sul set Tonton era tutto, il mio regista, il mio primo assistente, mio fratello, la mia guardia del corpo”. Ironico e gigantesco (in tutti i sensi) simbolo della Francia nel film, Depardieu ha confessato: “Non conoscevo il mondo del rap e con questo film ho capito un certo modo di vedere la vita e di raccontare il modo in cui la si vive. Ho capito che l’attitudine del rap e’ il contrario di quello che si dice di solito: per me la cosa piu’ vicina all’hip hop e’ Rimbaud”.

17 Maggio 2016

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