“Una pietra preziosa, granitica, continuiamo a scoprire tutte le sfaccettature più indicibili, più alte, la sua complessità di donna e di artista. Forse sarebbe riduttivo definire mia madre ‘artista’. È come una nube che ti avvolge”. Così Francesco Menegatti, figlio di Carla Fracci, la grande ‘divina’ scomparsa a Milano il 27 maggio 2021, in un’intervista all’Adnkronos prima dell’uscita del film di Daniele Luchetti Codice Carla (una produzione Anele con Luce Cinecittà e Rai Cinema) nelle sale da oggi, solo per tre giorni.
“Sono molto contento di questo lavoro – aggiunge Menegatti – Daniele Luchetti è un uomo di profonda sensibilità, non è stato difficile entrare in sintonia con lui. Difficile è stato parlare di mia madre subito dopo la sua scomparsa, ho fatto un grande sforzo, non lo nego. Per mia madre la casa era una sorta di rifugio, un santuario che andava preservato. Non amava gli alberghi, piuttosto le piaceva stare in famiglia, silenziosa a casa, leggera come una piuma. Una persona all’apparenza normale, si è mantenuta salda oltre il mito“.
“Con il film di Daniele Luchetti si chiude un capitolo della mia vita, un momento che definirei ‘lapidario’ – continua Menegatti, architetto e docente universitario. “Ritornato a casa dopo la proiezione di Codice Carla, ho messo la musica di The Doors The End, spero si aprano scenari nuovi e altrettanto intensi. Con mia moglie ho ricordato questa famiglia così colorata e particolare, fatta di viaggi, di partenze e ritorni, con qualche problema, a volte costellata di solitudini profonde, a volte di sofferenza. Mia madre era di tutti, l’avrei voluta più presente. Sentivo spesso la sua lontananza. Mia madre era un’opera d’arte anche se viveva tutto con assoluta umiltà”.
Francesco Menegatti confessa di non aver voluto vedere il primo film dedicato alla madre, Carla, diretto da Emanuele Imbucci, uscito nel 2021, a pochi mesi dalla scomparsa della grande étoile. “Già questo film è stato molto duro, impattante. È ancora troppo presto… Momenti difficili da affrontare. C’è in me una sorta di braccio di ferro tra quello che era mia madre e il riflesso incondizionato sul suo personaggio, un simbolo per molti. Forse quello di cui ho bisogno adesso è un po’ di silenzio, una pausa di riflessione per poi riposizionarmi sui blocchi di partenza. Sono convinto che mia madre fosse un capitale umano e intellettuale sfruttato poco, forse in ritardo. La storia giudicherà”.
E lancia un appello: “Si faccia avanti qualcuno che possa portare avanti un progetto per una grande mostra dedicata a mia madre: solo di costumi, ne abbiamo circa 150 e l’ultimo dono è quello di Mario Brancato, ci ha regalato l’abito di Medea indossato da mia madre in una creazione di John Butler danzato accanto a Mikhail Baryshnikov con l’American Ballet Theatre. Ho un’immagine nitida di quel balletto, per qualche istante sono stato trasportato in un momento di dolcezza assoluta, nonostante si parli di Medea, non la migliore delle madri”.
“Ho conservato in una sacca tutto il camerino di mia madre – prosegue Francesco Menegatti – Mi piacerebbe che fosse ricostruito. Una sorta di rituale per mia madre, quando entrava disponeva gli oggetti in una certa posizione… Poi c’è lo specchio, le cornici, i trucchi. Momenti di assoluta solennità che sono poi quelli dell’attore che si prepara ad entrare in scena. Momenti altissimi e catartici- spiega ancora – Forse più alti della recita stessa. Li ho vissuti centinaia e centinaia di volte con mia madre seduto nei camerini, magari assorto nelle mie cose, momenti sospesi… Fin quando non attaccava la musica. Sensazioni irripetibili”.
Diretto da Fabrizio Corallo che ne firma anche la sceneggiatura con Silvia Scola, è ricco di testimonianze e materiali d’archivio. Con Luca Argentero e Barbara Venturato
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