Il cinema italiano è un Freccia Rossa


Agli incontri di coproduzione fra produttori catalani, brasiliani e italiani svolti a Sitges (Barcellona), John Hopewell, redattore di ‘Variety’, ha affermato che guardando al trend degli ultimi anni i due paesi che hanno maggiormente aumentato le coproduzioni nel mondo, sono l’Italia e il Brasile. E ha aggiunto che se continua così nei prossimi tre anni si assisterà ad un vero e proprio boom. Il più stupito da questa affermazione sembravo proprio io, pensando alle difficoltà in cui la produzione italiana si dibatte. Ma seguendo nel corso che mi sono imposto di guardare a quello che abbiamo piuttosto che piangere su quello che ci manca, ne ho tratto alcune deduzioni.

Il cinema italiano non solo ha ritrovato il suo pubblico in patria, ma racconta anche storie che in buona parte sono capite e apprezzate all’estero.

 

Che i nostri film siano girati in italiano non è più un problema per i nostri coproduttori.

Per chi viene a girare in Italia gli incentivi fiscali sono molto appetibili.

Gli attori italiani sono ben conosciuti dai produttori più attenti e apprezzati da fette di pubblico non proprio elitarie.

 

La nostra presenza a festival e mercati è numerosa e qualificata e soprattutto sempre meglio comunicata.

 

Le esigenze di promozione all’estero sono sempre più condivise da attori, registi e produttori.

 

Stiamo superando la nostalgia per il cinema del passato e costruendo simpatia e attesa per il cinema contemporaneo.
E potrei continuare.

 

Sembra che per respirare un po’ di ossigeno e tirarci su di morale dobbiamo guardarci dall’estero e “dimenticare” i nostri guai interni. Ecco perché tutti (politici, autori, produttori, istituzioni, etc) dobbiamo capire che il treno del cinema italiano è diventato un Freccia Rossa e che non dobbiamo scendere alla stazione sbagliata.

Non dissipiamo quanto abbiamo conquistato (tax credit, contributi percentuali sugli incassi, rilancio degli studios, sviluppo delle Film Commission e dei fondi regionali, finanziamenti pubblici almeno per opere prime e seconde, strategie comuni con Ministeri quali Sviluppo Economico/ICE e Ministero degli Affari Esteri) e facciamo capire quanto tutto ciò è indispensabile a un mercato sano e in crescita e non di assistenzialismo.

15 Ottobre 2010

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