TORINO – “Ho letto questa storia tantissimo tempo fa e mi è sembrato incredibile che una storia così straordinaria fosse vera”. Giorgia Farina introduce così la sua nuova commedia, Ho visto un re, presentata Fuori Concorso al 42° Torino Film Festival. Ambientato nel 1936, durante la guerra d’Etiopia, il film racconta di un principe africano esule in Italia, che viene imprigionato nella voliera del giardino di un Podestà fascista. A quei tempi una persona nera era qualcosa di speciale, soprattutto per gli abitanti di un piccolo paese di provincia. A essere incuriosito, in particolare, è il piccolo Emilio, il figlio del Podestà, che rivede nell’etiope Abraham il suo idolo Sandokan, iniziando con lui un’amicizia da tenere assolutamente nascosta.
“La cosa che più mi ha spinto a fare questo film e che c’era un bambino anche nella realtà. – dichiara la regista – L’idea di potere raccontare fatti storici particolari con il punto di vista, la purezza, gli occhi di qualcuno così giovane e fresco, che vede il problema e lo fa diventare un’avventura. Qualcuno per cui l’altro è un amico. È tutto sospeso tra immaginazione e realtà, per me è stato un motivo talmente forte che mi ha fatto portare avanti questo progetto per anni”.
Nei panni del severo Podestà Marcello, “il padre che nessuno vorrebbe avere”, troviamo Edoardo Pesce, chiamato a ridicolizzare lo stereotipo del fascista duro e puro.” Un personaggio totalmente ottuso, un ruffiano, un arrivista, che grottescamente rappresenta l’ottusità del regime, ho avuto la possibilità di andare sulla commedia ed è stato molto divertente. Sembra quasi un personaggio da Plauto – afferma l’attore – Spero di fare più commedie perché ho un animo da comico, da piccolo ho sempre fatto il buffone. Nella recitazione abbiamo cercato di essere naturalistici, anche per fare credere a questa fiaba. Il tono è da commedia, ma in un certo senso realistico. Diciamo anche delle cose tremende. Con la scusa del ventennio diciamo delle cose per cui adesso saresti arrestato. In questo è stato molto liberatorio. Ci siamo proprio divertiti, così tanto che è stato un lavoro tra virgolette”.
Per fortuna ci sono anche dei personaggi positivi, a partire dai protagonisti – il piccolo Marco Fiore e Gabriel Gougsa, attore dalle origini etiopi – per arrivare al buon zio progressista interpretato da Lino Musella, e dalla maestra Blu Yoshimi, che più di tutti compirà un percorso di cambiamento, aprendosi alla diversità. Completano il cast Sara Serraiocco, nei panni di una madre accecata dal desiderio di diventare una pittrice futurista, e Gaetano Bruno, il vero antagonista della storia nella sua incarnazione di tutto ciò che di peggio è stato il Fascismo: violenza, inganno, discriminazione.
Molto caratteristica è la scelta di costellare il film, fin dai primissimi minuti, di animazioni realizzate in cgi, nel tentativo di rappresentare ciò che accade nella mente del piccolo Emilio. Sarà il suo mondo fantastico, d’altronde, a porre le basi per il sovvertimento dell’ordine prestabilito voluto dagli adulti attorno a lui e dal regime sopra di lui. “Le animazioni le abbiamo pensate in tandem con la produttrice Donatella Palermo. – racconta Farina – Abbiamo pensato insieme quale potesse essere l’incipit giusto di una storia per metà immaginata da un bambino. Ci siamo ispirate alle tavole che c’erano nei libri di Sandokan, che erano meravigliose, art nouveau, tutte disegnate. Un’animazione che è volutamente l’immaginario di un bambino. Mi sembrava il modo migliore per fare entrare lo spettatore fin da subito nella testa di un bambino. Credo che questa animazione volutamente sgangherata e naif ti prenda per mano e ti porti con sé all’interno di questa storia”.
Ho visto un re è un inno alla fantasia come arma suprema contro la falsità rappresentata dal mondo degli adulti. Quando la verità smette di essere importante, niente vale più della purezza di un bambino, che vede una persona per quello che è e non per quello che appare. Non basta una divisa da balilla, insomma, per fermare la nostra capacità di sognare. “Mi sono molto fidata del nostro piccolo grande Marco, rileggendo il copione con i suoi occhi e con le sue emozioni. – conclude la regista – Mi ha aiutato molto a calarmi in questa età. Non è difficile, basta fare un passio indietro, basta spogliarsi dei panni di adulto”.
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