Halloween II, le streghe son tornate!


Grida, sussulti, ombre costanti e luci improvvise, facce orrende che spuntano dal buio. E l’inconfondibile andatura sbilenca del sempre più gigantesco assassino Michael Myers, con l’immancabile maschera bianca e il coltellaccio pronto ad abbattersi sulla vittima sacrificale di turno.
Basta il trailer, da poco pubblicato in italiano, a far morire dallo spavento. Stiamo parlando di Halloween II, sequel del remake, uscito nel 2007, del classico di John Carpenter.

Suona buffo, ma c’è poco da ridere. Il regista Rob Zombie, passato dai palcoscenici heavy metal (era il cantante della band White Zombie) al cinema horror viscerale con l’ultra splatter La Casa dei 1.000 Corpi, all’inizio non ne voleva sapere: “Quando finii il primo Halloween, avevo esaurito le risorse, ero esausto, e non volevo sentire le parole ‘ancora Michael Myers'”.
Ma ha cambiato idea quando ha capito che, dato il successo ottenuto al botteghino, il seguito sarebbe comunque arrivato – Questo è il cinema, baby! – con o senza di lui.
“Ho cominciato ad essere possessivo riguardo alla questione – dice – Erano il mio Michael Myers, la mia Laurie Strode, il mio mondo. Non volevo che fosse qualcun altro ad occuparsene.”
E ha senz’altro ragione a parlare così perché, risultato commerciale a parte, la sua versione di Halloween è stata davvero in grado di personalizzare e rilanciare il mito creato da Carpenter nell’ormai lontano 1978.

Abbiamo parlato di remake, indebitamente, ma il film di Zombie era molto di più.
Era un “prequel”, perché narrava l’infanzia del mostro, esaminando, come in un mito delle origini, i motivi che hanno portato il killer ad essere ciò che è.
Una porzione narrativa totalmente assente nel prototipo, che del resto non ne necessitava: per Carpenter, Michael Myers era una figura astratta ed evanescente, il male puro e assoluto, che non ha origini e non ha motivazione.
Era l’archetipo di tutti i “cattivi”: l’Uomo Nero, se vogliamo o, come viene ripetutamente chiamato, l’ombra della strega, sfuggente e assolutamente al di fuori delle leggi della logica.
In favore di questo concetto, Carpenter trascurava, volutamente o comunque con coscienza, l’obiettivo di una perfetta coerenza narrativa: il suo Myers poteva benissimo evadere a bordo di un’auto che, a pensarci bene, non poteva saper guidare, avendo passato infanzia e adolescenza chiuso in manicomio.

Il Myers di Zombie è completamente diverso: interpretato da un culturista (l’enorme Tyler Mane), fisicamente imponente, violento oltre misura, rappresenta un’epoca in cui le paure si sono concretizzate e materializzate, in America come nel resto del mondo.
L’assassino del nuovo Halloween non è un’apparizione fantasmatica percepita con la coda dell’occhio, ma il frutto marcio di un male che si sviluppa all’interno dell’uomo, e che può colpire ferocemente chiunque, in qualsiasi momento.
Sì, c’entra anche l’11 settembre.
Ecco dunque ricomparire la necessità cinematografica di dare al male un passato “storico” e un’infanzia traumatica: qui è proprio la “carnalità” dell’assassino, il suo avere un corpo, a renderlo spaventoso, perché chi ha un corpo conosce il dolore fisico e dunque sa come infliggerlo al meglio.

Ma il film di Zombie era anche un “reboot”, come si dice in gergo, poiché azzerava la continuità narrativa della serie ripartendo da capo e modernizzando la storia.
Non era il primo tentativo: ci avevano già provato Tommy Lee Wallace con Halloween III: il signore della notte (1982), del tutto svincolato dal personaggio di Michael Myers, e Steve Miner con Halloween 20 anni dopo (1998), cha dava un bel colpo di spugna ignorando totalmente quanto accaduto dal quarto episodio in poi.
Nessuno dei due, però, aveva ottenuto particolari consensi.

Torniamo a divertirci con i termini “tecnici”: il sequel del remake è anche un remake del sequel?
In questo caso, no.
Rob Zombie non tiene affatto in considerazione Halloween II – Il signore della morte del 1981, seguito dell’originale, scritto da Carpenter ma diretto da Rick Rosenthal, e prosegue piuttosto nella sua ricerca di originalità, facendo partire questa storia esattamente dove finiva il suo Halloween, quello del 2007, ma sviluppando una linea del tutto autonoma, lavorando soprattutto sui personaggi.

Protagonista a parte, tornerà il cast del primo episodio al completo, a partire dal Professor Loomis di Malcolm McDowell (Donald Pleasence negli anni ’70), perennemente a caccia del mostro.
Poi, ci saranno le parti femminili.
Non poteva essere altrimenti, perché Rob Zombie, come ogni rock star degna di tal nome, adora le donne.
Le “streghe” in questione sono Laurie Strode, sorella dell’assassino interpretata da Scout Taylor Compton (nell’originale era una giovane e grintosa Jamie Lee Curtis), e a sorpresa, visto l’accoltellamento mortale subito nel primo episodio, l’ambigua “mammina” Deborah Myers, ancora viva e vegeta nella psiche disturbata del figlio.
Il ruolo nel film di Carpenter non c’era: l’ha inventato Zombie appositamente per l’adorata (e, in effetti, adorabile) mogliettina Sheri Moon.

A fare il resto ci penseranno i tipici effetti da “salto sulla sedia” ed ettolitri di sangue finto ma, a quanto pare, non troppo “computerizzato”. Chi è cresciuto a pane e horror negli anni ’80 ne andrà matto.

Halloween II sarà nelle sale italiane a partire dal 16 ottobre, distribuito da Mediafilm, mentre per ciò che riguarda il già annunciato e poi rimandato terzo capitolo, girato in 3D, Zombie ha già fermamente dichiarato il suo “Assolutamente NO!”
Gli dobbiamo credere, o cadrà di nuovo “vittima” dell’incantesimo della strega?

08 Ottobre 2009

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