Giuseppe Tornatore: amore all’asta


Una storia d’amore con ambientazione mitteleuropea e niente di autobiografico, lontano chilometri dalla Sicilia, tanto amata e narrata da Tornatore. Il protagonista de La migliore offerta è un battitore d’aste Geoffrey Rush, l’originale e non accademico logopedista de Il discorso del re; Sylvia Hoeks una cliente della casa d’aste dove lavora Geoffrey; Jim Sturgess un giovane con la straordinaria capacità di restaurare congegni meccanici di qualunque epoca nei quali talvolta s’imbatte Geoffrey nel suo lavoro; Donald Sutherland il suo migliore amico. “Questo è il quadrilatero dei personaggi de La migliore offerta” racconta Giuseppe Tornatore, restituendo l’atmosfera del film ma non la trama, top secret.

Le riprese sono terminate la scorsa settimana, ma la data di uscita italiana è già sicura: il 1° gennaio con Warner Bros. Poi toccherà alla Germania e qui è probabile che il film si candidi per la Berlinale. La migliore offerta, prodotto dalla Paco Cinematografica (Cover Boy e Basilicata coast to coast) in associazione con Warner Bros. e Unicredit, è costato 13 milioni e mezzo, ed è già stato venduto in Australia, Benelux, mentre stanno per concludersi gli accordi con Usa, Francia e Inghilterra.

 

Un film sul mondo delle aste?
No, la storia ha solo nel suo background quel mondo. Il titolo ha una terminologia che fa parte di quell’universo. Ci sono delle parole che mi hanno sempre attratto per il loro significato particolare: nel mondo delle aste ‘la migliore offerta’ è la più alta, nel mondo delle gare d’appalto è invece la più bassa. Nel film questo titolo ha una valenza allegorica che ha a che fare con ciò che la pellicola racconta veramente perché si tratta di una storia d’amore. In amore non sai mai quale è l’offerta migliore per conquistare una persona, non sai mai se è troppo alta o troppo bassa, se è giusta o meno.

 

Allora vedremo una storia d’amore?
Raccontata su una tessitura narrativa un po’ misteriosa, un po’ da giallo classico, thriller, anche se nel film non ci sono assassini, omicidi e investigatori.

‘La migliore offerta’ sembra appartenere a un’altra fase artistica.

Un film che rompe un po’ le costanti di quel che ho fatto finora, come accadde con Una pura formalità . Non c’è qui una connotazione autobiografica che in fondo Una pura formalità aveva. Il mondo delle case d’aste è entrato per caso nella mia vita. Per parecchio tempo ricevevo un loro catalogo e leggendolo ho amato la descrizione, così attraente e sensuale, delle opere in vendita. A New York ho poi ripreso di nascosto un battitore d’aste con la sua tecnica di annunciare rilanci, a volte falsi, per convincere il possibile acquirente che sta per perdere un affare.

E il personaggio di Geoffrey Rush
E’ un uomo che all’inizio ha una personalità e alla fine un’altra del tutto diversa, insomma due personaggi completamente differenti. E’ la storia di una trasformazione, non parlerei di evoluzione.

 

Grazie all’amore?
Non lo so, può essere.

Cast anglofono?
E’ una storia che non poteva accettare un’ambientazione italiana, non avrebbe funzionato. Perciò abbiamo scelto di girarla in lingua inglese. Purtroppo non ci sono attori italiani, neppure nei ruoli minori.

Come ha scelto Rush?
E’ stato il primo a cui ho mandato il copione. Gli è piaciuto e ci siamo incontrati a Toronto nei giorni del Festival. ‘Quale è la cosa che ti ha fatto decidere?’, gli ho chiesto. E lui: ‘Mia moglie, è lei che legge i copioni che arrivano e mi dice a quali dire sì’. Rush è un uomo semplice e leggero nei rapporti e nel contempo un attore che segue il suo personaggio in modo maniacale e ossessivo.

 

L’ambientazione?
Ho provato a immaginare la storia ambientata in Italia, ma non funzionava, perché alcuni eventi importanti che accadono sarebbero stati troppo caratterizzati. Così come non avrebbe funzionato un’ambientazione americana.

 

Ha scelto allora un paesaggio mitteleuropeo?
All’inizio pensavo di girarlo tutto a Vienna, poi ho rinunciato a un’identificazione con una sola città, ho ridotto questa parte e ho voluto altre location, anche più facili dal punto di vista produttivo: Trieste, Bolzano, Merano, Milano per gli interni, Bolzano, Parma, Praga e Roma. Il solo luogo che ha un’identità dichiarata è Praga, dove si svolge il finale.

 

Perché ha firmato l’appello di solidarietà con la protesta dei lavoratori di Cinecittà Studios?
Non accetto che un luogo come Cinecittà, che non è solo un simbolo del cinema, sparisca e diventi tutt’altra cosa. E non accetto che a Cinecittà non si giri più nulla. Occorre un rilancio, spero che ci sia qualche investitore interessato al cinema.

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