Giovanni Davide Maderna


Con il primo film, Questo è il giardino, Giovanni Davide Maderna ha vinto il Premio Luigi de Laurentiis per l’opera prima a Venezia 1999. Ora torna con Miguel Juan. Un film difficile, un mélo religioso carnale e intellettuale. La storia di un bambino anencefalo e dei suoi genitori, Enrico lo Verso (leggi l’intervista di Cinemazip) e Marta Belaustegui, che sperano in un miracolo. Ma intanto, Lo Verso è indiziato di omicidio e stupro… Il film, ormai alla settima e ultima settimana di riprese, sarà distribuito dalla Lucky Red di Andrea Occhipinti nella prossima stagione, e ha alle spalle anche Raicinema, Eyescreen, Kubla Khan e la spagnola Tornasol. Il budget? Quattro miliardi e trecento milioni. Non male.

“Questo è il giardino” era un film a bassissimo costo, mentre per “Miguel Juan” hai avuto un budget medio-alto e riprese abbastanza lunghe. Avete girato molto in esterni? O la produzione ha voluto “proteggerti”?
Per me, i quattro miliardi e passa erano il budget minimo per questo tipo di film. Anche se non mi sono mai fatto condizionare dai costi, nemmeno ai tempi del Giardino. Abbiamo girato molto in interni, qualcuno parlerà di film “intimista”, anche se in realtà volevo raccontare una storia intima uscendo dal minimalismo obbligato di un certo cinema italiano. Ma proprio le storie intime e private richiedono tempo, per preparare gli attori, per rendere interessante quello che succede tra la cucina e il tinello.

Come hai scelto il cast e la troupe?
Già in fase di scrittura avevo pensato a Enrico Lo Verso, e quando ci siamo incontrati sono stato completamente sicuro della mia scelta. Enrico è attoriale, esteriore, molto forte, e per questo ero sicuro che dando il minimo avrebbe dato il massimo per questo tipo di film.
Mi sono ispirato al cinema francese, come sempre, e a un certo cinema orientale, e con questi criteri ho scelto anche i collaboratori, come Yves Cape, che è stato il direttore della fotografia de L’Humanité di Bruno Dumont. Marta, invece, era una novità per me, ma mi ha convinto subito.

Il fatto di cronaca da cui hai preso spunto era ambientato a Torino. Poi hai deciso di girare a Roma e a Genova. Solo una scelta logistica?
Abbiamo girato gli interni a Roma e gli esterni a Genova. Avevo fatto anche dei sopralluoghi a Torino. Volevo comunque una città nordica, per una certa fedeltà alla vicenda originaria e per girare un film asciutto, compresso, in cui i sentimenti implodono, invece di esplodere. Quando ho visto Genova ho capito che avrei avuto, in una sola location, un doppio set: uno sfondo industriale e “freddo” da una parte, che avrebbe assecondato la mia storia, e una città carnale, luminosa, marittima, che in parte mi avrebbe contraddetto. Ho accettato la sfida.

27 Febbraio 2001

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