Francesco Rosi: i Leoni di domani? Giordana e Sorrentino


VENEZIA –  Viene consegnato oggi a Francesco Rosi il Leone d’oro alla carriera. Il regista e sceneggiatore, autore simbolo e innovatore del cinema italiano di impegno civile con film, tra i molti suoi importanti e significativi, quali Le mani sulla città , Leone d’oro alla Mostra di Venezia nel 1963, Il caso Mattei, Palma d’oro a Cannes nel 1972, e Salvatore Giuliano, Orso d’argento a Berlino nel 1961.

Rosi riceve il riconoscimento dalle mani di Giuseppe Tornatore, proprio in occasione della proiezione della copia restaurata Il caso Mattei (1972), lavoro realizzato dalla Cineteca di Bologna e promosso dalla Film Foundation di Martin Scorsese, con il sostegno di Gucci e la collaborazione del Museo Nazionale del Cinema di Torino. Il maestro si racconta anche in un’autobiografia, nata proprio da una lunga conversazione con Tornatore, che sarà in libreria per Mondadori il prossimo novembre, quando si festeggeranno i suoi 90 anni. Alcuni brani del libro, che non ha ancora un titolo definitivo, saranno anticipati nell’ebook ‘E adesso facciamo il cinematografo’, in vendita su tutti gli store online dal 20 settembre.

 

Il ‘popolo’ del festival, composto in gran parte da giovani, blogger, accreditati ‘professionali’ che tengono i soldi da parte per l’accredito, lo acclama. Anche se è tanto che il maestro non si vede al cinema e nemmeno in tv. Lui aprezza, ricambia gentilmente i saluti, e risponde volentieri alle domande dei giornalisti.

Che cosa vuol dire oggi per lei ricevere questo premio prestigioso?
E’ il punto d’arrivo del lungo percorso che ho fatto coi miei film attraverso la realtà del mio paese, la cosa che principalmente mi ha interessato testimoniare in tutti questi anni. Il percorso dei miei 50 anni di carriera trova oggi il suo riconoscimento.

 

Mentre girava i suoi film, lei era consapevole di essere un modello per la realizzazione del cinema civile in italia e in Europa?
Ma il cinema civile non l’ho inventato io. Pensi agli autori americani che hanno fatto cinema civile e si sono ispirati al nostro neorealismo. Quello sì, fu un momento molto importante. Il cinema neorealista era riuscito a imporre la sua visione che era testimonianza di certi avvenimenti e della partecipazione umana a questi.

Eppure il suo cinema è ancora molto attuale. Significa che abbiamo risolto pochi problemi nel nostro paese?
Io non facevo film per risolvere problemi. Lo facevo per testimoniare una realtà che andava indicata al pubblico nei termini più accessibili possibili. E il cinema è il mezzo che maggiormente permette questa accessibilità, dato che lo spettatore s’identifica quasi fisicamente con i personaggi sullo schermo, e coi problemi che essi vivono e rappresentano. L’Italia la vedo oggi come un paese molto diviso da varie convinzioni contrarie, ma anche finalmente partecipante a tutti gli sforzi che sta facendo il presidente Mario Monti che sono, va detto, encomiabili e che danno la possibilità, se non proprio di avviare l’Italia verso la normalità, ma almeno di contrastare i problemi che l’assillano.

Lei ha raccontato anni molto difficili del nostro paese. Non avrebbe voglia di raccontare anche il presente, altrettanto difficile?
La lettura dei giornali in questo periodo ci consente di avere già di per sé uno sguardo veritiero e responsabile della situazione italiana, europea e anche mondiale. Perché la crisi non riguarda solo noi. E’ giusto fare un cinema che testimoni le difficoltà che stiamo vivendo e aiuti la gente a capire come comportarsi per superarle. Ma dare una risposta mi pare superfluo. Credo che con i miei film ho anticipato quello che sarebbe successo, quindi in un certo senso posso dire che il mio lavoro l’ho già fatto. Basta che ciascuno di noi, e non solo i cineasti, applichi alla propria professione le ragioni per cui essere fiero di appartenere a un paese che sta facendo di tutto per superare i suoi problemi.

C’è qualche autore a cui passerebbe volentieri il testimone?
Certo, ce ne sono. Giordana, Sorrentino, Martone, Andò…

31 Agosto 2012

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