“Fatti della banda della Magliana”


D. CostantiniNasce dalla pièce teatrale “Chiacchiere e sangue” messa in scena nel 2000 al Teatro Colosseo di Roma, Fatti della banda della Magliana, il film di Daniele Costantini sulle vicende criminali dell’organizzazione romana in uscita il 27 maggio, distribuito dall’Istituto Luce in 15 sale. Il film è stato proiettato per la stampa all’interno dell’istituto penitenziario romano di Rebibbia, nel quale la troupe ha lavorato per circa due mesi, tra preparazione e riprese.

L’opera di Costantini racconta, attraverso le parole del pentito “Accattone” – ispirato al vero pentito Maurizio Abbatino e interpretato da Francesco Pannofino – intervallate da brevi flash di azione e dalle zuffe tra i suoi membri, gli eventi che hanno portato alla formazione della banda della Magliana.

 

Tra gli interpreti, accanto a Roberto Brunetti, Francesco Dominedò e Fabio Grossi (oltre al già citato Pannofino), figurano alcuni detenuti del carcere di Rebibbia, come Mario Contu (“Ubaldino”), Lucio Sinisi (“Urbinati”), Tommaso Capogreco (“Operaietto”) e Massimiliano Rasori (“Peppe er Terribile”).

 

“Il lavoro è stato complesso e delicato – racconta Carmelo Cantone direttore del carcere – perché era necessario integrare la troupe del film nei meccanismi, anche burocratici, di un penitenziario. I detenuti che hanno preso parte al film hanno avuto un regolare contratto da lavoratori dello spettacolo”.

F. PannofinoFatti della banda della Magliana alterna momenti di grande tensione, come la narrazione delle azioni più cruente del gruppo, a lampi di ilarità. “Avevo un interesse culturale, sociologico nei confronti di questa storia, e poi la banda della Magliana è stata la prima organizzazione criminale a organizzarsi secondo precisi criteri ‘etici’ – spiega il regista Costantini – come la ‘solidarietà’ tra i suoi membri, che si impegnavano a difendersi a vicenda e a dividere tutto; la democraticità, cioè l’assenza di una gerarchia interna; e l’esclusività, vale a dire il divieto di lavorare con altri. Per scrivere la sceneggiatura mi sono ispirato per l’80% ai verbali di pentimento di Maurizio Abbatino e per il resto a quelli di Antonio Mancini: in questi, accanto alla pura esposizione dei fatti, comparivano passaggi di grande comicità involontaria, quell’ironia schietta tipica dei romani”.

Il film ha avuto delle modalità di produzione molto particolari, condizionate dal piccolo budget, dalla tecnologia di ripresa digitale, e dalle regole del penitenziario: “Quasi tutte le scene di interni sono state girate nella stessa sala del carcere, la G8, dove sono stati ricostruiti i vari ambienti – spiega il protagonista Francesco Pannofino, tra le altre cose doppiatore di George Clooney – e a causa dei tempi rigidi del carcere, abbiamo girato alcune scene con inquadrature lunghe fino a 11 minuti”.

Alcuni degli attori (Grossi, Brunetti e Dominedò) avevano già dato vita a questa storia in teatro e l’hanno rielaborata per il cinema, ma confrontandosi con la realtà del carcere : “Abbiamo stretto amicizie forti ma impossibili con i ragazzi di Rebibbia – racconta Dominedò – perchè ovviamente fuori dal carcere non possiamo rivederli, almeno finché non avranno esaurito le loro condanne. L’ultimo giorno è stato tremendo”.

 

L’ad dell’Istituto Luce Luciano Sovena dichiara “di essere orgoglioso di aver aiutato questo film, che è costato 500mila euro, quanto la “S” di Star Wars, ma che rientra pienamente nella politica del Luce, quella di coniugare grande pubblico, con opere come Il mercante di Venezia, e qualità, con pellicole come questa, Private e La spettatrice“.

25 Maggio 2005

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