C’era una volta il tempo dell’infanzia, quella di cui spesso poco ci si ricorda, così succede ad Andrea (Romano Reggiani), che era ancora bambino quando accadde quella storia che riguarda tutti… dove “tutti” sono la sorella Margherita (Lucrezia Guidone), poco più grande di lui, e il gruppetto di amici dell’estate a San Saverino, Calabria: Antonio (Francesco Russo), Walter (Lorenzo Richelmy), Gianluca (Alessio Lapice) e Peppino Rizzo (Giancarlo Commare), figlio del Senatore (Massimo Popolizio).
Erano loro “i bambini” dell’Eravamo bambini di Marco Martani, che l’ha diretto e scritto con Massimiliano Bruno, film nella selezione di Alice nella Città.
Martani racconta che il film “nasce 15 anni fa, con Massimiliano, che ha messo in scena la storia a teatro con Zero, interpretando tutti i ruoli lui. Ci siamo sempre detti sarebbe stato un film interessante; però non era scontato che l’operazione teatrale potesse diventare cinematografica, anche per i tre piani temporali differenti. Ci siamo divertiti a raccontare una storia molto attuale: ci piaceva raccontare, oltre al genere Noir, la contrapposizione tra la generazione dei 25/30enni e le precedenti, quasi antagoniste, come con Rizzo, simbolo del potere politico che schiaccia la generazione presente, un po’ come ha fatto il cinema americano Anni ‘70/’80, che col genere raccontava la società”.
Nel film, per alcuni il paesino era natale – così per Antonio e Peppino -, per altri la destinazione delle estati spensierate sulla spiaggia a suonare alla chitarra Sole Cuore e Amore o a scoprire i primi istinti… ma non per Andrea, appunto solo un bimbo, allora sempre a traino della sorellina maggiore. Infatti, Reggiani dice: “il mio personaggio rappresenta l’occhio del pubblico, perché non era presente, non sa cosa accadde, e quindi è chiave”.
E Russo aggiunge: “il mio personaggio è invece un po’ il messaggero della tragedia greca, quello che racconta e porta il pubblico dentro il racconto. Il mio personaggio è l’unico che rimane al paese, con un attaccamento molto forte alla vendetta: ho potuto raccontare così la provincia”.
E, proprio sulla struttura, Martani parla di “una tragedia corale che racconta dentro al Noir, in cui ciascuno ha una parte oscura, che esplode nell’atto finale in cui l’elemento nero si racchiude: in questo vive la modernità”.
E lì, in quel paesino, la spensieratezza però è anche stata stracciata da una mattanza che gli occhi di nessuno dovrebbero mai dover guardare, eppure… Il tempo trascorre, l’età adulta sopraggiunge e così il disegno di sei personalità definite, differenti, eppure in fondo strette ancora da un mastodontico cuore comune perennemente ferito, da riscattare, pensa Gianluca, che con un messaggio al resto del gruppo innesca la miccia che fa da propulsore alla storia.
Così, dalla città, tornano a San Severino Inferno, nome d’arte di Walter, famoso cantante rock tutto ossigeno e tatuaggi; Gianluca, poliziotto con la persecuzione cerebrale dei pestaggi che ha affrontato; Margherita, adesso impiegata in un’agenzia immobiliare ma soprattutto ossessionata dal sesso, e con lei Andrea, l’ignaro fratello, tossicodipendente. Li aspetta Antonio, detto Cacasotto, postino e vittima di questo nomignolo che, insieme all’esperienza di vita tutta, è un po’ naif: Martani fa di ciascuno un ritratto mai macchiettistico, spesso sensibile, di personalità, affinché ciascuna sia un unicum ma anche tassello fondamentale al tutto. Non li aspetta, invece, Peppino, che però la vicenda costringe a incontrare, per innescare l’ulteriore evoluzione della storia.
Per Lapice, “la storia di questi cinque ragazzi ha un elemento comune: l’assenza di affetti importanti, anche per chi ancora li possiede; li accomuna un dolore irrisolto e mi affascinava portare per mano il mio personaggio per affrontare i demoni che non lo fanno vivere appieno, così decidono di tornare indietro, dove il tempo sembrava essersi fermato. Si tratta di personaggi su una linea sottilissima e ringrazio Marco per averci preso per mano. Ho cercato di lavorare sulle mancanze del personaggio, come se lui volesse abbracciarle”.
Mentre per Lucrezia Guidone, “la cosa che m’è molto piaciuta fare in preparazione sono state le sessioni di prove, partendo anche dalla base teatrale; Margherita è una giovane donna che in apparenza è una cosa e dentro un’altra, sono due temperature che si scontrano, un dualismo in campo: una dolcezza con demoni da affrontare. È stato un viaggio dentro le sue rotture. È stato fatto anche un lavoro di ‘tappo’, per il soffocamento della rabbia, e ho lavorato su senso di responsabilità e senso di colpa”.
Mentre sulla rockstar di Richelmy è ancora Martani a parlare e spiegare che: “con lui abbiamo creato un personaggio che esprimesse la rabbia sotto forma di creatività: duro, aspro, estremo; lui diventa famoso perché tira fuori la rabbia feroce, cosa che lo fa diventare una star presso il pubblico”.
Se a suo modo, con l’amaro in bocca per un passato tragico, trionfa una giustizia violenta ma comprensibile umanamente, dall’altra Eravamo bambini, con quel suo passato nel verbo che sta a dire che forse quell’innocenza è stata persa – e troppo presto – non sceglie un finale edificante, ma coerente, soprattutto al personaggio a cui lo si affida, ovvero Peppino, a cui il papà deputato, d’altronde, sin da bambino aveva fortemente insegnato come si strozzino le galline…
Il film è una produzione Minerva Pictures e Wildside, in collaborazione con Vision Distribution, con Sky Distribuzione e uscirà con Europictures a febbraio/marzo 2024.
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