PESARO – Aldo Braibanti, Dario Bellezza. Un intellettuale, un poeta. L’Italia profondamente omofoba che perseguita il primo in tribunale con il reato di plagio, che crea un caso mediatico attorno a una malattia dal forte sapore di stigma per il secondo. Era il 1996 quando Dario Bellezza finiva sui giornali per aver cercato una cura sperimentale contro l’HIV, bollato come appestato, da quel momento spinto a chiudersi in casa, preludio a una morte drammatica.
Il “Rimbaud di Monteverde”, come lo definivano goliardicamente, il “poeta più importante della sua generazione”, secondo Pasolini, è raccontato oggi nell’avvincente documentario Bellezza, addio di Carmen Giardina e Massimiliano Palmese, già autori nel 2020 de Il caso Braibanti. E anche stavolta il film, prodotto da Zivago e da Luce Cinecittà, debutta alla Mostra di Pesaro (ed è disponibile per alcuni giorni sulla piattaforma MyMovies).
A partire da un episodio dell’infanzia – all’età di due anni fu salvato per un pelo dall’annegamento – raccontato dallo stesso poeta, Bellezza emerge come un talento inquieto, un giovane uomo che si autodefiniva “pezzo di merda”, precoce vincitore del Premio Viareggio nel 1976 con Morte segreta, autore di scritti apertamente omosessuali, tra cui il romanzo Lettere da Sodoma. Un uomo al centro di una vertigine culturale irripetibile: amico di Pier Paolo Pasolini, che lo volle suo segretario ma forse solo per aiutarlo a sbarcare il lunario, di Amelia Rosselli, di cui fu anche coinquilino, di Elsa Morante, con cui ebbe una relazione di amore e odio, di Anna Maria Ortese. Polemico, ironico, pronto allo scherzo e alla battuta (come quando diceva di essere Moravia ai marchettari della Stazione Termini), irripetibile anche nel look col ciuffo di capelli folti e gli occhiali spessi.
Nel film, con le musiche di Pivio e Aldo De Scalzi, troviamo anche il racconto di una Roma in cui si aggiravano i grandi nomi del Novecento italiano, da Gadda a Palazzeschi, da Fellini a Carmelo Bene e Tano Festa. Per la prima volta il professor Giuseppe Garrera apre l’archivio privato del poeta, da lui comprato dopo che l’asta era andata deserta, lì si trovano molte poesie inedite e tantissime lettere. Per raccontarvi Bellezza, addio lasciamo la parola ai due autori.
La drammaturgia.
PALMESE “L’Italia non ricorda”, diceva lapidario Aldo Braibanti. Fin da quando mi sono imbattuto in questo pauroso giudizio sul nostro Paese ho pensato a un cinema documentario che scavasse tra le pieghe della memoria collettiva. A questo scopo il mio lavoro di drammaturgo mi è utile. Penso che per raccontare vita e opera di artisti e scrittori occorra trovare un architrave drammatico, così che una biografia possa non solo informare ma stupire, emozionare, scuotere. E tra gli aspetti più commoventi di queste “vite da poeta” è la tragica frizione tra artista e società, individuo e mondo. Spesso quando si raccontano gli scrittori si mette insieme una voce off, i materiali di repertorio e un attore che legge dal leggio. La nostra idea è sempre stata quella di costruire una storia piuttosto che un saggio critico. La vita inquieta e turbolenta di Bellezza, il suo gusto dello scherzo ma anche del pettegolezzo ne fanno un personaggio che anche la televisione ha usato.
Un trauma d’infanzia.
GIARDINA. In uno degli ultimi romanzi, Nozze col diavolo, Bellezza racconta la sua infanzia e l’adolescenza compreso l’episodio dell’annegamento che lui legge come un presagio di sventura e di dannazione. Dal legame fortissimo con la madre scaturisce un legame fortissimo con le figure femminili, le sue amicizie con Elsa Morante, con la poetessa Amelia Rosselli, con Anna Maria Ortese nel film vengono raccontate. Secondo Elio Pecora, in queste figure lui ricercava una madre letteraria.
Castelporziano.
GIARDINA. Nella scelta delle testimonianze ci siamo fatti guidare dalla sua biografia. Renzo Paris e Franco Cordelli lo conoscevano sin dai tempi dell’università. Mentre Paris lo ha frequentato per tutta la vita, l’intervista di Cordelli è più legata all’episodio del Festival della poesia di Castelporziano, che segna un momento di caduta, con i fischi a molti poeti, tra cui lui. Tutto prende una piega un po’ sinistra fino al crollo del palcoscenico. Qualche giornale titolò “la morte della poesia”. Era il ’79, negli anni ’80 le profezie di Pasolini iniziano a verificarsi: il consumismo prende il sopravvento.
La Roma degli anni ’70 e il tempo dello scandalo.
GIARDINA. Roma negli anni ’70 viveva una stagione di una ricchezza culturale enorme. Come dice Barbara Alberti in quegli anni per le strade si incontrava la poesia, la follia e l’arte, un’epoca irripetibile. Bellezza è stato il primo in Italia a pubblicare un romanzo dove si parlava in maniera esplicita di amore omosessuale, Lettere da Sodoma. Questo gli ha permesso di diventare un personaggio di maledetto, di outsider, di essere il primo ad aprire una strada che poi è stata seguita da molti altri, come Busi e Tondelli. Per gli omosessuali dell’epoca, come racconta Nichi Vendola, era una rivelazione leggere quel libro, aveva una valenza sociale molto forte.
Gli archivi Luce e Rai.
GIARDINA. Negli archivi del Luce abbiamo trovato molte cose, per esempio la premiazione del Viareggio, dove un timidissimo e molto giovane Dario Bellezza sale a ritirare questo premio che gli ha cambiato la vita. Dagli archivi della Rai viene un video in cui lui è giovanissimo e parla di Pavese con una certa sufficienza, lo definisce uno scrittore mediocre. E poi ci sono le immagini del celebre litigio televisivo con Aldo Busi.
Le musiche.
GIARDINA. C’è molta musica nel documentario. Trattiamo un argomento che potrebbe essere indirizzato a una élite di persone; invece, anche grazie al tipo di montaggio e all’uso delle musiche può arrivare a tutti. Non è detto che ci voglia sempre austerità quando si parla di cultura.
La scomparsa della poesia.
PALMESE. La poesia, lì dove sono nato, è il luogo dove ritorno grazie al cinema. E dunque da Aldo Braibanti a Dario Bellezza, la mia ricerca nel cinema documentario mi pare segnata. Adesso sto lavorando su Sandro Penna concentrandomi sugli anni giovanili, quando lui arriva a Roma da Perugia. Penna ha esordito nel ’39, in pieno fascismo, ma nei suoi scritti non cita mai il fascismo, ed è l’oltraggio più assoluto che si potesse fare. La sua è una poesia solare in anni così bui.
Braibanti & Bellezza.
GIARDINA. Sono due casi molto diversi, ma in entrambi c’è il tema della discriminazione. Per Bellezza fu legata all’Aids, una malattia che all’inizio etichettò i gay come i portatori della peste e questo lo investì in pieno, essendo uno dei primi di cui si seppe. Venne allontanato e isolato. Con gli anni si capì che l’Aids non si contagiava con una stretta di mano ma, come dice Nichi Vendola, questa nuvola nera arrivò sopra un mondo omosessuale che aveva affermato il diritto al piacere rivendicato politicamente, la liberazione era già in atto e l’Aids ripiombò tutti in una sorta di Medioevo.
PALMESE. Trattare i poeti al cinema non è cosa facile: il pericolo del “santino” è dietro l’angolo. Per questo è preferibile lasciar parlare l’artista attraverso i testi e i materiali di repertorio, e scegliere di intervistare gli amici, che l’hanno conosciuto, prima di chi l’abbia soltanto studiato. E poi non vanno censurati i lati bruschi dei caratteri, i temperamenti appuntiti, le vite di eccessi e di errori. Solo così, credo, una biografia vive e respira, e l’artista torna a parlarci dicendo di sé cose palpitanti e vere.
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