Daniel Pennac: “Maradona, un ballerino come Pina Bausch”

Il regista Ximo Solano, ma anche Maurizio De Giovanni e Roberto Saviano per un’indagine creativa e immaginifica sull'effetto del mito, dalla messa in scena di uno spettacolo teatrale al Freestyle


“Non ho mai giocato a calcio, non mi è mai interessato particolarmente. Maradona è un’icona che tutto sommato mi è simpatica. Ma non ne so nulla. Non so niente di calcio, niente di Maradona, niente di Napoli… Non so niente, di niente, di niente”, dichiara Daniel Pennac

Il soggetto e l’oggetto: Diego Armando Maradona e Napoli, entrambi protagonisti del documentario Daniel Pennac: Ho visto Maradona!, perché – tra teatro e cinema -, nel gioco dell’ibridazione narrativa, entrambi sono fulcro centrale e motivo di osservazione: il primo perché – come ha detto lo stesso Pennac – era sì un mito ma anche “un oggetto di consumo mediatico”; la seconda, la città, perché si fa palcoscenico ma anche cassa di risonanza del mito stesso.

E qui subentra il concetto principe del film – un progetto Feltrinelli Real Cinema, in anteprima alla Festa di Roma, sezione Freestyle – il mito. “Primo voglio eliminare un malinteso: non è un film sulla rappresentazione mitica che Pennac può fare di Maradona. Di lui, non ne sapevo assolutamente nulla, ma una notte ho fatto un sogno: passeggio in un giardino, vedo una grande porta, la tocco, dietro trovo il lupo, Stefano Benni con un bisturi in mano, ‘sto operando Maradona’, mi dice. Poi – dopo il sogno – mi sono svegliato, sono sceso a bere un caffè e ho trovato degli attori napoletani e una regista tutti disperati, in lacrime: ‘Maradona è morto!’. Cerco di consolarli, loro, tre persone normali ma disperate perché è morto un calciatore. ‘Dovete fare uno spettacolo per rappresentare questa emozione!’, gli dico. E in quel momento mi suona il telefono e Ximo Solano mi dice: ‘è morto Maradona’. Se quattro persone provano un’emozione simile probabilmente anche quattro milioni: non è un film su Maradona, ma sull’effetto di Maradona sul mondo”. 

Per Daniel Pennac, Maradona “è come Pina Bausch. Non lo conoscevo affatto prima, ma l’ho guardato molto giocare durante l’allestimento dello spettacolo: il calcio incarna la poesia e la coreografia. Maradona era come un ballerino, paragonabile a Pina Bausch: il suo fisico era contrario al concetto di poesia, non era alto, era cubico, ma bastava avesse un pallone tra i piedi per riuscire a trasformarsi in Pina Bausch, un miracolo. Da allora mi interesso un po’ di più di calcio ma non ho mai visto qualcuno che possa assomigliare a Maradona”.  

Daniel Pennac: Ho visto Maradona! è un documentario che è un viaggio, errare che include in sé la scoperta: un viaggio fisico, nel capoluogo partenopeo, nella rivelazione di “una sorta di genio della poesia fisica”, che potrebbe trovare in Maradona anche connessioni con Malaussène, protagonista dei suoi più famosi romanzi e, soprattutto, capro espiatorio perfetto, come lo era – a suo modo – anche Maradona. “Non c’è alcun rapporto effettivo con Malaussène, forse il punto in comune è il senso della collettività. Maradona è un fratello di famiglia, che si occupa dei giovani delle periferie. Sono entrambi personaggi che hanno saputo creare tribù intorno a loro. Ma Malaussène non ha mai giocato a calcio, come Maradona non credo abbia mai letto molto”. Comunque, “Maradona è stato un capro espiatorio, sì, basti ricordare quando giocava e quello che esponevano i tifosi delle altre squadre. E poi, quando è morto, le accuse di connessione con la Mafia, con la droga”. 

Con questo doc si tocca il delicato contesto dell’immaginario collettivo e lo si fa con un tocco di indagine creativa e surreale e di ricerca dell’impatto emotivo, sotto la guida di Daniel Pennac e quella di Ximo Solano, appunto, alla regia: “Nei 20 giorni a Napoli è successa la magia: Pennac stava in stato di grazia, così la gente intorno. C’erano solo 20 giorni per uno spettacolo e per un film: dico ‘grazie’ a Daniel per il suo atto d’amore”. 

Non c’è Napoli senza le voci della stessa, e qui sono tre e DOC: Luciano Ferrara, autore dell’immagine simbolo di Maradona che sale per la prima volta gli scalini dell’ex Stadio San Paolo, il 5 luglio 1984: “ho realizzato questa immagine di Maradona che è un’icona ormai, perché lui sale, sale al cielo”, l’olimpo del mito; e gli autori Maurizio De Giovanni – che porta Pennac dentro la continuità tra vita e morte che sussiste nel popolo napoletano, dentro il “mare di lava” che sta sotto la città, come l’Inferno, a cui sopra sta l’azzurro del mare, il Paradiso: “questo fa, di questa città, un Purgatorio” -, e Roberto Saviano, che s’immerge nel ricordo: “io vedevo sempre le sue partite con mio padre, infatti la morte di Maradona, per me, ha significato la morte dell’infanzia … sono ricordi carnali”, come quelli della semifinale dei Mondiali di Italia ’90, occasione in cui “si compie un patto di non tradimento”, al calciatore della Nazionale avversaria a quella padrona di casa.

16 Ottobre 2022

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