Com’è comico Gianni Schicchi secondo Michieletto

Dopo il Rigoletto del Circo Massimo, diventato anche film, Damiano Michieletto è al 39° TFF con Gianni Schicchi di Giacomo Puccini, atto unico che diventa commedia all'italiana


TORINO – Dopo il Rigoletto del Circo Massimo, diventato anche film, Damiano Michieletto torna al 39° TFF con Gianni Schicchi di Giacomo Puccini, atto unico che diventa commedia all’italiana nella versione contemporanea girata a bordo piscina e dentro un casale toscano.  

L’opera lirica su libretto di Giovacchino Forzano è ispirata al Canto XXX dell’Inferno di Dante: la morte del facoltoso mercante Buoso Donati scatena la cupidigia dei parenti che, essendo stati diseredati a favore dei poveri frati di un convento, accettano l’aiuto del poliedrico faccendiere Gianni Schicchi che si finge Buoso per far riscrivere il testamento (non senza beffa finale). Lo fa soprattutto per amore della figliola Lauretta, innamorata di uno dei Donati, Rinuccio, e disperata come ben dimostra nella celebre aria O mio babbino caro.

Con la produzione artistica di Cinzia Salvioli e Elisabetta Bruscolini, le scenografie di Paolo Fantin, i costumi di Nicoletta Ercole in collaborazione con Alessandra Carta, il film riscrive questa vicenda anche grazie all’ottimo cast molto appropriato ai ruoli (Roberto Frontali, Federica Guida, Vincenzo Costantino, Manuela Custer, Giacomo Prestia, Caterina Di Tonno, Marcello Nardis, Guglielmo Angeloni, Veronica Simeoni, Roberto Maietta, Bruno Taddia, Matteo Peirone, Domenico Colaianni, Andrea Pellegrini, Gaetano Triscari). L’Orchestra è quella del Teatro Comunale di Bologna diretta dal Maestro Stefano Montanari con la partecipazione di Jonathan Santagada. Le riprese si sono svolte in provincia di Siena, tra i comuni di Trequanda e Pienza con 237 maestranze in 15 location, in cinque settimane.

“Fare un film partendo da un’opera – spiega Michieletto – non è certo una novità, ma qui ci sono due cose nuove: l’idea che l’opera lirica sia vitale, divertente, quindi la voglia di fare un film comico. E la presa diretta in cui i cantanti sono davanti alla macchina da presa, senza playback e senza filtri. Ciascuno con la musica dentro un auricolare. Cosa non facile dal punto di vista tecnico e per la difficoltà di essere perfetti dal punto di vista musicale. Ma tutte queste incognite hanno aggiunto energia”. Il direttore Stefano Montanari elogia la flessibilità dei cantanti. “Abbiamo resettato i loro cervelli”. Ed è stato fondamentale che gli interpreti avessero oltre alla qualità vocale anche il fisico del personaggio. “La scelta – spiega ancora il regista – è stata fatta sulla fisicità, lo sguardo, la capacità di reggere il primo piano, di non atteggiarsi a cantante. Questa è una generazione di interpreti lirici che cura la propria immagine, sono fisicamente pronti a tutto. Non c’è più lo stereotipo del cantante che si pianta in mezzo al palcoscenico con la sua aria”. E aggiunge: “Gianni Schicchi vive dell’ensemble, non è la storia di un singolo personaggio, ma della famiglia dei Donati, e devono essere bravi insieme”. Aggiunge Montanari: “Non abbiamo cercato l’omogeneità vocale, perché ognuno doveva avere una voce riconoscile e un ruolo specifico”.

Il produttore Paolo Rossi Pisu per Genoma Films (che coproduce in associazione con Albedo Production e DO Consulting & Production, in collaborazione con Rai Cinema, in partecipazione con Illumia, Bravo Produzioni, Musa Produzioni e Orchestra Teatro Comunale di Bologna) ricorda come il film sarà in 40 sale la settimana prossima e su Raiuno nel periodo natalizio. “Si possono fare prodotti artistici per il grande pubblico, qui con un budget superiore ai 2 milioni di euro. Per noi questo è il vero musical italiano, nella tradizione di Rossini e Puccini”.

Michieletto racconta infine com’è nata l’idea di affidare il prologo e la conclusione a Giancarlo Giannini nel ruolo del ‘cadavere’ Buoso Donati. “Questa è una storia ambientata nel Medioevo in una stanza dove c’è un morto, io ho provato ad aprirla. Tutte le opere si prestano a questa operazione, anche quelle apparentemente più lontane. Volevo che l’inizio del film non coincidesse con l’inizio dell’opera, che fosse qualcosa di inaspettato. Dunque ho scelto di dare l’identità e la parola a Buoso Donati. Per suo tramite capisci chi sono i parenti ed entri a contatto con gli ingredienti dell’opera che poi si chiude con una parte parlata di Gianni Schicchi che fa la morale, che noi abbiamo affidato sempre a Giannini, creando una circolarità cinematografica”. 

27 Novembre 2021

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