Dire “moda” sembra dire luccichio, leggerezza, frivolezza, e questo non si discute, fa parte della lievità della materia, e certamente è una delle sfaccettature più affascinati e magnetiche – ovviamente, se non si pensa alla stessa come macchina industriale o a una delle sue altre, molte, componenti; una di queste che non sempre emerge immediatamente in superficie è la Storia: sì, certo, ogni epoca corrisponde a delle tendenze estetiche dettate dalla moda, o vicendevolmente influenti, ma la Storia, intesa come eventi sociali e politici, è un’interessante punto di vista tematico per guardare alla moda e questo fa The New Look.
La serie – 10 episodi, su AppleTV+ dal 14 febbraio al 3 aprile, uno alla settimana con i primi tre rilasciati nel giorno del debutto – non mette in scena la rivalità tra Chanel (Juliette Binoche) e Dior (Ben Mendelsohn) ma come la Storia dell’occupazione nazista di Parigi e il primo Dopoguerra abbiano corso paralleli all’ascesa del couturier (Dior) che, dopo i modelli austeri per le restrizioni nei consumi di stoffa attuate durante il conflitto, ripensa la figura femminile con la Ligne Corolle, essenza di eleganza, per cui le giacche avvitate e le gonne voluminose sono il polo opposto agli abiti destrutturati e liberi di Mademoiselle Coco.
Un tempo nuovo della vita sociale e politica, il recupero di un ossigeno vitale per le persone, riflessi nel lievito materico dei tessuti e nelle piroette delle silhouette.
Dunque, Chanel e Dior, Dior e Chanel, imperatori di quella Parigi e di una Storia della Moda che si stava scrivendo e che ha scritto quella a venire: però, intorno, prima e dopo, durante, i venti che soffiavano non erano soltanto quelli di Coco e Christian, ma anche di altri creatori di quell’Arte, come Pierre Balmain (Thomas Poitevin), Yves Saint Laurent, Hubert de Givenchy o Cristobal Balenciaga.
Se grandi sono i nomi di questi maestri della Moda, non da meno sono quelli degli interpreti che gli danno corpo e anima, è proprio il caso di dirlo, perché la grandezza degli attori che si sono misurati nel recitare le parti di sommi sarti per The New Look risiede proprio nella mimesis che – ciascuno col proprio tratto – riescono a imprimere ai personaggi: certamente – ça va sans dire per una serie che racconta la Moda – la ricerca e la cura estetiche dei costumi e delle scenografie, come Binoche o Mendelsohn indossano gli abiti d’epoca, concorrono alla verità e alla qualità della visione.
Ma perché, per una storia che nasce francese, il cui cuore batte francese – al di là del pubblico internazionale che andrà a fruire in piattaforma – s’è scelto un titolo inglese? La Storia, ancora, narra che fu Carmel Snow, famosa direttrice della celebre rivista “Harper’s Bazaar”, colei che coniò l’espressione “New Look”quando, alla visione della prima collezione Dior nel ‘47, pronunciò una frase considerata storica: “It’s such a new look!”. E, per una figura che così ha marchiato non solo la storia di un monumento dell’editoria di settore, ma addirittura la storia di un marchio di moda, è stata scelta Glenn Close, mutuata – così si può dire – dal legal thriller Damages, come The New Look prodotto sempre da Todd A. Kessler.
Una “guerra” nella guerra, perché quello tra Chanel e Dior, appunto durante il periodo bellico, non fu solo un conflitto creativo e commerciale ma un’opposizione precisa di ordine umano, sembra proprio che i due non potessero essere più dissimili: se Dior era immerso nell’atmosfera bucolica, per cui sono rinomate le sue passioni per la botanica e il giardinaggio, curate negli incantevoli giardini della residenza a Granville, in Normandia e, dopo aver lasciato l’esercito francese nel 1942, con il supporto di Lucien Lelong (John Malkovich) – presidente della Chambre Syndicale de la Haute Couture, che aiutò Dior dandogli lavoro durante l’occupazione -, creò il suo marchio quattro anni più tardi; Chanel si sfamava di vita mondana, alta società, e – cosa nota – divenne un’agente dell’intelligence nazista, mentre Catherine Dior (Maisie Williams), sorella di Christian, veniva arrestata, torturata e internata nel campo di Ravensbrück, per il suo impegno nella Resistenza francese.
The New Look, dunque, ha scelto di raccontare la Moda da un punto di vista decisamente particolare e, in fondo, non poco insidioso, ma certamente realistico, riuscendo anche in un mélange che accarezza il sentire spy: nel dilaniante teatro della guerra, un consesso di geniali creatori immagina la società del Novecento che verrà, pensando soprattutto alla donna, figura a cui, in Europa ma non soltanto, si sa che fu affidata una significativa parte della ricostruzione. La transizione del mondo sociale, da un “vecchio mondo” ad uno neonato, si rispecchia così nella transizione del mondo della Moda, in cui Coco Chanel si percepisce “assediata” da colui che da lì in poi contribuirà a destrutturare e scrivere altre regole della materia.
Un abbraccio globale è quello offerto, poi, dalla colonna sonora, attenta all’epoca raccontata ma anche a quella dello spettatore corrente, scegliendo così sonorità contemporanee: le musiche della serie sono prodotte da Jack Antonoff – vincitore del Grammy Award -, che propone anche cover di brani pop nella prima metà del XX secolo, per l’occasione eseguite da Lana Del Rey, Nick Cave, Beabadoobee, Bleachers, Florence Welch, Matty Healy (The 1975), Perfume Genius e altri artisti.
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