Constantin Brâncuși è venuto al mondo in un piccolo villaggio della Romania il 19 febbraio 1876 (scomparendo poi a Parigi il 16 marzo 1957): da quella landa rumena, camminando – letteralmente – fino alla capitale francese, s’è affermato poi come uno dei più influenti scultori del XX secolo, considerato il padre della scultura moderna.
Brâncuși è un soggetto particolarmente interessante per il cinema perché incarna l’artista in cerca della verità assoluta attraverso la semplicità e la purezza della forma. La sua biografia è segnata da un continuo conflitto tra tradizione e modernità, tra radici popolari e successo internazionale, tra concretezza del mestiere e tensione verso l’assoluto. Il viaggio fisico e interiore che lo portò dalla Romania rurale ai salotti intellettuali di Parigi offre spunti ricchi di fascino e contraddizioni, humus per la narrazione cinematografica, mentre la dedizione all’essenza della forma fornisce un potente substrato visivo e concettuale per visioni estetiche che oscillano tra realismo e lirismo. Brâncuși si è formato all’Accademia di Belle Arti di Bucarest, poi a Parigi ha incontrato l’ambiente ideale per sviluppare il suo concetto di Arte. Le sue opere, dalle forme essenziali e pregne della ricerca spirituale della purezza, attingono alle tradizioni folkloristiche rumene e alla filosofia universale dell’Arte stessa: tra le creazioni più celebri c’è la monumentale Colonna Infinita, simbolo dell’aspirazione umana verso l’eternità.
Il cinema ha affrontato la figura di Brâncuși alternando rappresentazioni poetiche a indagini documentaristiche più rigorose. Da un lato, un film come Walking to Paris di Peter Greenaway racconta il viaggio fisico e simbolico del giovane artista verso la maturità creativa, adottando uno stile estetizzante che, senza dubbio di fascino, rischia però di sacrificare un pochino la dimensione storica e biografica, in favore di una narrazione quasi mitologica. Brâncuși in questo contesto si allontana dall’uomo reale, avvicinandolo a un’icona romantica in cerca di sé: un ritratto affascinante per il pubblico generalista, ma meno accurato per gli studiosi. Mentre un doc come The Column, or the Lesson on the Infinite adotta un linguaggio più analitico, concentrandosi su aspetti tecnici e concettuali, rischiando però di inciampare nell’accademismo e trascurando, invece, sfide concrete e conflitti interiori che lo scultore rumeno ha dovuto affrontare nella sua carriera. L’attenzione si concentra sull’eredità artistica e filosofica e meno sulla dimensione umana e sulle controversie che hanno accompagnato la sua affermazione nel panorama dell’Arte Moderna.
Il cinema ha saputo restituire molteplici dimensioni di Brâncuși – il visionario, l’esploratore, il patriota, il mistico, ma non sempre con la dovuta complessità e precisione storica; alcune messe in scena si soffermano sulla superficie estetica della sua opera, mentre altre, pur più approfondite, rischiano di cristallizzarlo come simbolo statico piuttosto che come artista in continua evoluzione.
È Peter Greenaway a raccontare il vero viaggio intrapreso a piedi dal giovane Brâncuși, da Bucarest a Parigi tra il 1903 e il 1904: WALKING TO PARIS (2018) porta sul grande schermo un’esperienza che ha preceduto la sua affermazione apicale, narra infatti la lunga via europea intrapresa dal ventisettenne scultore rumeno e così esplora esperienze formative e sfide affrontate dall’artista durante il cammino, offrendo una visione intima del processo creativo che lo condusse a diventare uno dei più influenti artisti del XX secolo. Greenaway sceglie una narrazione visivamente ricca e simbolica per rappresentare l’interazione di Brâncuși con la natura e le culture incontrate lungo il percorso; il regista britannico affronta la figura di Brâncuși con il suo stile inconfondibile, fatto di tableaux vivants e un’estetica pittorica pregna di riferimenti simbolici. L’opera è un’esplorazione lirica della formazione dell’artista, che diventa un vero e proprio pellegrinaggio attraverso paesaggi e incontri che plasmano il suo immaginario. Greenaway costruisce una narrazione densa di rimandi pittorici e di simbolismi, in cui il viaggio non è solo geografico, ma anche interiore: la colonna visiva, ricca di paesaggi maestosi e interni dettagliati, dialoga con la colonna sonora, che alterna silenzi riflessivi a momenti di magnificenza musicale. Greenaway affida il ruolo dello scultore a Robert Pattinson, capace d’ intensità, seppur lontana dalla consueta iconografia dell’artista: l’attore incarna un Brâncuși introspettivo e contemplativo, il cui percorso è costellato da momenti di profonda riflessione e improvvise esplosioni di vitalità creativa; riesce a restituire una fisicità intensa al personaggio, catturando la fatica e l’entusiasmo della scoperta di un nuovo mondo artistico. Certo, alla critica non è sfuggito che il film, pur offrendo una ricostruzione estetica affascinante, sacrifichi a tratti la dimensione biografica, trasformando la narrazione in una serie di tableaux astratti che rischiano di distanziare lo spettatore dalla vera articolazione del personaggio. Questo viaggio, lungo e arduo, testimonia la sua determinazione e passione per l’arte, ma simboleggia anche il desiderio di emanciparsi dalle tradizioni accademiche del Paese natale, per abbracciare le avanguardie europee.
CONSTANTIN BRÂNCUȘI: THE COLUMN, OR THE LESSON ON THE INFINITE (2004) è un documentario realizzato in occasione del restauro della Colonna Infinita, opera tra le più celebri di Brâncuși. Laurențiu Damian, che l’ha diretto, attraverso riprese dettagliate del processo di restauro e approfondimenti storici, restituisce una lezione sull’infinito, concetto centrale nella filosofia artistica del rumeno; vengono messe in luce la maestria tecnica e la profondità concettuale dell’artista, evidenziando come la Colonna Infinita simboleggi l’aspirazione umana verso l’infinita trascendenza. Damian costruisce un’analisi approfondita non solo del significato artistico dell’opera, ma anche della sua ricezione storica e della complessa operazione di restauro che ha coinvolto numerosi esperti: il doc eccelle nel mostrare il legame tra la semplicità formale dell’opera e il concetto filosofico di infinito, centrale nella visione dello scultore. Il ritmo dell’approccio registico è meditativo, lascia spazio a lunghe riprese della Colonna e dei suoi dettagli costruttivi, con testimonianze di critici d’arte e restauratori che aggiungono valore storico al film, seppur a tratti il tono accademico rischi di appesantire. Uno degli aspetti più riusciti del documentario è l’esplorazione del rapporto tra Brâncuși e la sua terra natale, con particolare attenzione all’influenza del folklore rumeno nella concezione della Colonna come simbolo di ascesa spirituale.
È un altro documentario, CONSTANTIN BRÂNCUȘI: TRA TERRA E CIELO SUL SENTIERO DELLE ANIME della giornalista Cristina Liberis, a presentare il più grande complesso monumentale dedicato agli eroi caduti nella Prima Guerra Mondiale, creato da Brâncuși a Târgu Jiu, in Romania. Si esplora la vita e l’opera di Brâncuși concentrandosi sul suo legame con la spiritualità e la natura. Attraverso interviste, immagini d’archivio e riprese dei luoghi significativi per l’artista, il doc traccia un percorso che va dalle radici rurali in Romania fino al successo internazionale nella capitale francese. Il titolo suggerisce un viaggio simbolico, “tra terra e cielo”, riflettendo sulla ricerca di Brâncuși di un’arte pura e universale, che trascenda le limitazioni materiali. L’approccio è poetico e intimista e tenta di connettere la dimensione spirituale dell’arte dello scultore con le sue radici culturali. Il titolo stesso suggerisce un percorso di elevazione e trasformazione, un concetto che il film esplora attraverso riprese suggestive dei luoghi chiave dell’esistenza dell’uomo, tra cui il villaggio natale e il suo atelier parigino. La regista riesce a evocare tensione tra il mondo concreto della materia e l’aspirazione verso l’assoluto. Le immagini, spesso accompagnate da voci fuori campo che recitano estratti di lettere e interviste all’artista, creano un’atmosfera contemplativa, quasi mistica, con il rischio che però il documentario a tratti sia percepito come un’eccessiva idealizzazione del personaggio, che perde di vista le sfide reali e le contraddizioni che hanno segnato la sua carriera. La rappresentazione di Brâncuși come una sorta di mistico moderno potrebbe risultare riduttiva rispetto alla complessità della sua figura artistica.
BRÂNCUȘI – PATRIOTISM PRIN ORDONANȚĂ DE URGENȚĂ – trasmesso sul canale nazionale rumeno TVR1 lo scorso 19 febbraio 2024, in occasione della ricorrenza della sua nascita – racconta dettagli legati alla Legge del 2015 che ha istituito la “Giornata Nazionale Constantin Brâncuși”, festa nazionale ufficiale. Il doc ha il valore aggiunto di tentare di decostruire la mitologia dell’artista, figura spesso strumentalizzata dalle politiche culturali rumene. Questo approccio, se da un lato contribuisce a un’analisi più critica della sua eredità, dall’altro potrebbe risultare eccessivamente politicizzato: il film analizza il rapporto tra l’opera di Brâncuși e il concetto di patriottismo; attraverso un’analisi critica delle politiche culturali e delle interpretazioni ufficiali, il documentario mette in discussione le appropriazioni ideologiche dell’eredità di Brâncuși, offrendo una riflessione sulle tensioni tra arte, identità nazionale e potere politico. Si offre uno sguardo critico e politico sull’eredità culturale di Brâncuși, analizzando come la sua figura sia stata reinterpretata dal punto di vista ideologico. Il tono del doc è marcatamente polemico, mettendo in discussione le narrazioni ufficiali e le politiche culturali che hanno tentato di “ingabbiare” l’eredità di Brâncuși. La regia fa un uso efficace di materiali d’archivio e filmati contemporanei, mostrando il contrasto tra l’arte universale di Brâncuși e la tendenza a farne un emblema locale. Tuttavia, il film rappresenta un importante contributo al dibattito sull’identità culturale rumena e sulla responsabilità della politica nella gestione del patrimonio artistico.
I quattro film e documentari scelti offrono una panoramica approfondita sulla biografia, sul mestiere e sull’eredità artistica di Constantin Brâncuși, evidenziando il suo contributo fondamentale alla scultura moderna: ciascuno offre una prospettiva differente e complementare, dalla liricità visiva di Walking to Paris alla rigorosa analisi storica di The Column, fino alle riflessioni sulla spiritualità e sulle strumentalizzazioni politiche della sua figura. Ciascuno di questi lavori contribuisce a restituire l’immagine di un artista complesso, in bilico tra tradizione e modernità, materia e spirito, radici e universalità.
Se quello che possiamo considerare L’aneddoto dell’esistenza di Brâncuși è la vicenda del viaggio a piedi per raggiungere Parigi, è proprio la capitale francese a offrire però lo spunto di un episodio aneddotico che “ha dato scandalo”, al Salon des Indépendants del 1920, con la scultura Principessa X: Brâncuși esposte quest’opera dalle forme astratte e allungate, figura che suscitò immediatamente scalpore per la sua presunta somiglianza fallica. Nonostante l’artista rumeno avesse dichiarato che l’intento fosse di rappresentare l’essenza della femminilità, l’opera fu rimossa a causa delle polemiche. L’episodio evidenzia sia la natura innovativa e provocatoria del lavoro di Brâncuși, sia le sfide che l’Arte Astratta affrontava nell’essere compresa e accettata dal pubblico dell’epoca; accadimenti come questo confermano la personalità determinata e visionaria dello scultore, ma anche le difficoltà e le incomprensioni che spesso accompagnano i pionieri.
“La semplicità non è un fine dell’Arte ma si arriva alla semplicità malgrado se stessi avvicinandosi al senso reale delle cose”: questa è una conosciuta citazione di Brâncuși, che con queste parole riflette la sua filosofia creativa, che mirava a distillare le forme fino alla loro essenza primaria, cercando di cogliere il nucleo intrinseco dei soggetti rappresentati, come si può certamente approfondire in questa manciata di titoli fondamentali, tra gli altri:
Il bacio (1907-1908)
La preghiera (1907)
Musa addormentata (1910)
Madame Pogany (1913)
Uccello nello spazio (1919-1923)
Colonna Infinita (1938)
La tavola del silenzio (1938) – parte del complesso di Târgu Jiu
La porta del bacio (1938) – parte del complesso di Târgu Jiu
La sua ultima grande opera realizzata è Colonna Infinita (1938), considerata una delle sue massime espressioni artistiche e filosofiche.
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