Bellocchio: figlio e padre a confronto

Il regista e l'attore si raccontano a partire da un rapporto professionale che li ha visti insieme in numerose occasioni, agli incontri di Generazione Cinema delle Giornate professionali


SORRENTO. Sono Marco e Pier Giorgio Bellocchio a inaugurare gli incontri di Generazione Cinema programmati all’interno delle Giornate professionali. Padre e figlio si raccontano a partire da un rapporto professionale che li ha visti insieme in numerose occasioni, dal film Vacanze in Val di Trebbia (1980) fino a Bella addormentata (2012). Dividere il set, condividere esperienze di vita e di lavoro, superare divergenze, contrasti, privilegiare la dialettica come fondamento di un lavoro artistico e insieme umano, fare del confronto generazionale un percorso da intraprendere giorno dopo giorno senza mai stancarsi.


Questa la quotidianità che raccontano: “Quando vedo i suoi film resto schiacciato dalla mole del suo cinema – esordisce Piergiorgio – Negli anni con Marco ci siamo scontrati, combattuti, ignorati, poi riavvicinati e oggi siamo determinati a portare avanti il nostro rapporto sulla base del confronto. C’è stata una reciproca volontà di costruire una relazione per cui oggi non provo più alcuna rabbia, e in questo il cinema ci ha aiutato”.

Il regista di I pugni in tasca concorda e aggiunge: “Il matricidio come il parricidio sono simbolicamente gesti di liberazione: leggevo su un quotidiano che viene definito ‘parricidio’ anche quello di Alfano nei confronti di Berlusconi, per me invece significa essenzialmente trovare la propria identità. Ecco, in questo senso per un padre è il massimo che i propri figli scelgano di andare per la propria strada per poi tornare. Solo così si può creare un nuovo incontro, risultato di un parricidio non violento ma necessario, che sento di consigliare a tutti”.

Continua Pier Giorgio: “L’incontro-scontro tra noi in passato ha avuto manifestazioni anche pesanti, non ho mai usato i suoi film contro di lui, ma il fatto che per anni io abbia remato contro la mia inclinazione a voler fare l’attore forse è dipeso anche da questo. Il cinema, come dicevo, ci è stato molto d’aiuto: penso ad un film come Sorelle mai, che è stato ideato e realizzato nel corso di tanti anni, seguendo per altro la crescita di mia sorella che è stata importante nel nostro rapporto più di quanto lei stessa non ne sia consapevole. Ecco, quello è un film che ha risolto molti nostri conflitti”.

Poi, l’affondo su quanti storcono il naso di fronte alla ‘bottega Bellocchio’: “Vengo dalla bottega di Marco, e alcuni sono desiderosi che io porti il bagaglio che ho imparato sui suoi set. Altri invece mi fanno scontare il peso del pregiudizio: chi diffida di mio padre, di fatto, non mi fa lavorare”.

Il cineasta di Bobbio si riserva dal commentare e parla invece dell’attuale momento cinematografico, in cui le commedie vivono l’ennesima stagione fortunata: “Come tanti mi sono formato sulla grande commedia di contestazione, oggi invece vedo commedie leggere che non mettono minimamente in discussione lo status quo. La commedia dei nostri tempi, benché cinica e pessimista, era decisamente schierata contro il potere dominante. Far ridere, in questa direzione, è qualcosa che mi attrae molto: con La Cina è vicina, in un certo senso, provai già a fare qualcosa del genere”.

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05 Dicembre 2013

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