Sabina Guzzanti: ‘La trattativa’ tra giallo e umorismo

L’idea di un film sulla trattativa Stato-mafia, le è venuta intervistando Massimo Ciancimino per il doc' 'Draquila'. Dopo due anni di ricerche, l'attrice e regista ha realizzato un’opera di finzione


SORRENTO. L’idea di realizzare La trattativa, un film sulla trattativa Stato-mafia le è venuta intervistando Massimo Ciancimino per il documentario Draquila. Dopo due anni di documentazioni e ricerche, Sabina Guzzanti ha deciso di realizzare un’opera di finzione per raccontare quella che alle Giornate Professionali definisce “una storia complicatissima di cui si potrebbero fare film all’infinito: c’è dentro la mafia, la camorra, la ‘ndrangheta, i ministri, i servizi segreti italiani, americani, israeliani, i carabinieri, l’esercito”.

Da dove è partita?
Dalla scoperta di non saperne poi così tanto. Ho iniziato a lavorarci nel settembre del 2010, dopo Draquila. Sono stati due anni di ricerche per capire di cosa si trattasse veramente: tutti abbiamo letto articoli e sentiamo sempre parlare della ‘Trattativa’, ma solo approfondendo diventa che non ne sappiamo un bel niente. E’ una storia avvincente, drammatica, scioccante, ricca e soprattutto lunga vent’anni.

Non è un documentario, giusto?
E’ un film di finzione con alcuni inserti di repertorio, perché alcune cose si potevano raccontare solo con la finzione, altre solo con materiale di repertorio. Inoltre cercavo una maniera di semplificare la storia per far capire al pubblico di cosa si parla, rendendola appassionante, simile a un giallo, qualcosa che si scopre via via che il film va avanti.

Come ha lavorato sulla messa in scena?
Ho riflettuto a lungo, anche perché i personaggi erano tanti, e altrettanti i punti di vista da raccontare. Alla fine ho pensato a questa formula originale: gli attori raccontano le vicende e si raccontano, entrano nei personaggi ed escono. Il tutto con un tono che ha punte di drammaticità, ma anche di umorismo.

Non è un tema su cui ridere…
Non lo è, ma il cinema è anche godimento: questioni come la mafia, su cui il cinema americano ironizza molto, in Italia vengono sempre affrontate con retorica, che è un modo per stordire lo spettatore e farlo sentire ricattato e costretto ad essere d’accordo, a condannare senza capire. Come se gli fosse chiesto, di fatto, un esercizio morale. Ma il cinema è altro da un gesto morale. E il mio obiettivo era che tutti capissero quello che il film prova a raccontare.

Claudia Catalli
06 Dicembre 2013

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