Assayas, Dumont e Philibert: la Francia a Berlino tra provocazione e impegno

Tre declinazioni di cinema francese alla Berlinale. In concorso l'autobiografico 'Hors du Temps' di Olivier Assayas e il delirante 'L'Empire' di Bruno Dumont, in Berlinale Special l'approfondito sguardo documentaristico di Nicolas Philibert


BERLINO –  Tre declinazioni di cinema francese alla Berlinale, tutte estremamente interessanti e diversissime. In concorso l’autobiografico e riflessivo Hors du Temps di Olivier Assayas e il delirante L’Empire di Bruno Dumont, in Berlinale Special l’approfondito sguardo documentaristico di Nicolas Philibert, Orso d’oro lo scorso anno con Sur l’Adamant, che torna a parlare di disagio mentale lasciando lo spazio sia ai soggetti della sua rappresentazione che allo spettatore in Averroès & Rosa Parks.

Ma partiamo da Assayas che affida le sue personali memorie del coronavirus a due attori chiamati a dar vita sullo schermo a se stesso (l’istrionico Vincent Macaigne) e a suo fratello, giornalista e critico musicale (Micha Lescot). Confinati nella casa di campagna dove sono cresciuti, una dimora carica di memorie borghesi – la biblioteca del padre, la stanza da letto della madre con i dipinti alle pareti – i due fratelli si incontrano e si scontrano, con tutte le loro manie e nevrosi, l’insonnia o la passione per le crepes, mettendo alla prova la pazienza delle nuove compagne di vita interpretate da Nine D’Urso e Nora Hamzawi. Tra partite di tennis amichevoli e porte cigolanti, spazzatura differenziata e vicini di casa intolleranti, il film dipana sottovoce e con gusto un autoritratto d’artista e un ritratto di famiglia che evoca i Renoir, svelando anche un gioco delle coppie tenero e garbato – benché le due donne sembrino un po’ troppo adoranti – che contiene un autoironico passaggio di testimone alle nuovissime generazioni.

Per l’alter ego del regista – autore di recente della serie Irma Vep – questi mesi “fuori dal tempo” sono una vera panacea come confessa all’incredula psicoanalista con cui si incontra virtualmente sotto un albero del giardino e anche il modo di scoprire un’affinità elettiva con la nuova compagna, mentre la ex moglie sta cambiando casa a Parigi.

L'Empire

L’empire

E’ addirittura una parodia di Guerre stellari L’Empire di Bruno Dumont, autore sempre provocatorio e sorprendente. Chiassoso, erotico, roboante, pieno di effetti speciali e di cattedrali astronavi, il film, che ha una coproduzione italiana che coinvolge Fabrizio Mosca, Andrea Paris e Matteo Rovere, richiede una totale sospensione dell’incredulità. In un villaggio di pescatori del Nord della Francia si sfidano infatti due potenze che cercano di sottrarsi reciprocamente un bambino destinato ad avere un ruolo speciale nell’eterna guerra tra il bene e il male. Con uno scatenato Fabrice Luchini nel ruolo nientemeno che di Belzebù, L’Empire imbastisce una love story disinibita che ricorda quella di Romeo e Giulietta. Solo che qui Montecchi e Capuleti sono creature e demoni venuti dallo Spazio e incarnati negli abitanti del luogo, al cospetto di due ignari poliziotti della locale Gendarmerie. Nel cast anche Anamaria Vartolomei e Lyna Khoudri.

Averroes & Rosa Parks

Averroes & Rosa Parks

Dopo Sur l’Adamant, vincitore dell’Orso d’oro lo scorso anno, Philibert torna con Averroès & Rosa Parks, approfondito documentario su un ospedale psichiatrico che, come l’Adamant, fa parte del Centro di Salute Mentale di Parigi. Lunghe interviste individuali, che sono vere e proprie sedute di psicoterapia ci permettono di fare la conoscenza di alcuni ospiti del centro e di scandagliare la relazione paziente-terapeuta in una dimensione di umanesimo e di totale accettazione del disagio come componente fondamentale della condizione umana. Il film fa parte di una trilogia sulla malattia mentale che ricorda, per certi versi, il puntuale lavoro di un documentarista come Frederick Wiseman per la capacità di andare a fondo negli argomenti trattati e la profonda, sentita umanità.

 

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