Anna Gargano è nata ad Adelfia, cittadina in provincia di Bari. Sin da piccola, in casa veniva chiamata “l’artist” in dialetto pugliese. A 23 anni si è trasferita a Roma per studiare recitazione e da quel momento è iniziato il suo percorso nel mondo del teatro e del cinema.
In Eterno visionario di Michele Placido, film su Luigi Pirandello presentato in anteprima alla 19esima Festa del cinema di Roma, e attualmente nelle sale con 01, l’attrice interpreta Cele(stina) Abba, la sorella nell’ombra della diva Marta. “È stata un’eterna seconda, ma per questo una donna davvero libera, che ha potuto essere chi voleva”.
Anna, da dove sei partita per costruire il personaggio di Cele Abba?
Da alcune ricerche storiche, anche se non c’era molto su di lei. Tutto si basava sul suo legame con Marta, che è stata una diva. Cele ha seguito la sorella per tutta la vita. I riflettori sono sempre stati puntati su Marta. Sono partita dalla domanda, come ci si sente ad avere la consapevolezza di essere sempre seconde? All’inizio ci sarà stata una sofferenza per lei, ma poi accettandolo ha avuto modo di prendere una sua forma.
La Cele che vediamo sullo schermo è una donna libera ed emancipata anche emotivamente e sessualmente.
Lei ha vissuto nell’ombra della sorella, ma proprio per questo ha avuto la possibilità di essere chi voleva. Sotto ai riflettori sei costretto a essere qualcuno che non sei, ti viene richiesto di mostrarti in un certo modo. Nell’ombra è diverso. Lei non è stata una donna vittima, ma fieramente libera.
Com’è stato il lavoro con Placido?
Michele è anche un attore e quindi conosce bene i meccanismi emotivi quando sei su un set. Lì siamo tutti nudi e fragili. Con lui avevo fatto una piccola parte nel suo precedente film L’ombra di Caravaggio, ma soprattutto due anni di tournée nello spettacolo teatrale La bottega del caffè, capolavoro di Carlo Goldoni diretto da Paolo Valerio. Quindi ho avuto modo di conoscere nel tempo il suo modo di lavorare e questo film per me è stata un’esperienza magica.
Sei approdata prima sul palcoscenico che al cinema.
Il teatro è stata una grande scuola. Mi ha costretto al coraggio, è stato qualcosa anche di terapeutico. Il debutto al cinema è stato con il film Bocche inutili di Claudio Uberti, sull’Olocausto in Italia, girato in un vero campo di concentramento femminile, vicino Modena. Una storia che, chiaramente, avevo il timore di rappresentare in maniera autentica per il rispetto nei confronti di chi l’ha vissuto. Anche nel caso di Cele Abba, ho sentito la responsabilità di rappresentare una donna realmente esistita.
Quando hai deciso di fare l’attrice?
Sono sempre stata molto estroversa. Quando ero ragazzina mio nonno mi chiamava “l’artist”, in dialetto pugliese. Crescendo, quello di recitare, è stato un pensiero che non mi ha mai lasciata. Anche nei periodi più complicati, guardare un film è stato per me il mio nido sicuro. Mi sono iscritta all’università di Economia, poi ho interrotto gli studi. Nel frattempo ho iniziato a fare la modella in Puglia. Ma a 23 anni mi sono iniziata a sentire fuori posto.
E cosa hai fatto?
Mi sono trasferita a Roma. Il primo approccio alla recitazione è stato con Gisella Burinato. Grazie a lei ho compreso il significato del lavoro dell’attore. Devi entrare nella psicologia degli altri, ma prima conoscere anche la tua e così ho iniziato un percorso anche con me stessa.
Fare l’attore significa indossare una maschera?
Per me recitare significa toglierla. Io sono tutto, ma scelgo di essere qualcosa, in un certo modo. Quello che mi piace di questo mestiere, è che con il tempo riesci a dare un nome alle emozioni e a gestirle.
Non viviamo in un momento in cui, anche per via dei social, vi è richiesto di essere sempre in un certo modo?
Anche troppo. direi. Quella è una vetrina non sempre realistica. Il compromesso c’è in questo lavoro. Ma io cerco di non andare oltre me stessa. Voglio essere onesta con quella che sono, non dimenticare i valori che mi hanno insegnato. Continuo a prediligere ciò che è, e non seguo un mondo che ci vuole sempre perfetti.
Il futuro come lo vedi?
Farò di tutto perché sia positivo. Accoglierò il bello che verrà con la stessa gratitudine con cui ho accolto il bello che già c’è stato. Viviamo in un mondo competitivo. Ai primi dieci no che ricevi, la soluzione può essere quella di abbatterti, ma devi farci i conti. E sapere che questo mestiere è una montagna russa. Mentre aspetto delle risposte dal cinema, continuo anche con il teatro. Ho in mente di scrivere uno spettacolo con altri colleghi attori.
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