Anna Bonaiuto


Non è nata a Napoli, ma è ormai, insieme a Iaia Forte, l’icona della “scuola napoletana”. Perché Anna Bonaiuto ha interpretato molti film, ma tra i suoi ruoli più belli restano quelli che le ha regalato Mario Martone in Morte di un matematico napoletano, L’amore molesto e il recente Teatro di guerra. Nel terzo lungometraggio di Fulvio Wetzl, Prima la musica, poi le parole, è Marina, una psicologa che ha in cura il piccolo Giovanni, un bambino di sette anni che parla soltanto un misterioso italiano stravolto, e decide di salvarlo a tutti i costi, fino a fuggire dalla clinica con lui. Scegliendo una terapia fatta di emozioni.

Perché hai accettato questo ruolo, che è positivo ma con forti sfumature di ambiguità?
Ho letto il copione, poi Fulvio mi ha raccontato la storia, o forse le cose sono andate in ordine inverso, non ricordo, è passato tanto tempo. Comunque, dopo aver visto la sceneggiatura, ho deciso di accettare perché mi sembrava molto originale e non convenzionale, rispetto al cinema che si fa oggi.

Questo film si può leggere come un saggio sull’amore come possesso, dove la vertigine di esclusività rischia di contaminare anche la protagonista.
C’è questo rischio. Ma il mio personaggio alla fine sceglie un modo sano di amare il figlio che si è scelta, sentendone improvvisamente la responsabilità: accetta di imparare il suo linguaggio, entrando nel suo mondo, e contemporaneamente gli regala la possibilità di interagire con altri.

Nei tuoi ultimi ruoli, a cinema e a teatro, hai esplorato molto il lato materno della personalità femminile, anche nelle sue sfumature più feroci. Un caso?
E’ vero. L’amore materno ha a che vedere col controllo, con la simbiosi, con il desiderio di eccezionalità del proprio figlio e con la necessità, all’opposto, di farne comunque un essere sociale. Nei miei personaggi cerco di mettere anche le sfumature di ambiguità. Le madri non sono delle sante, né creature retoriche. Partono da mancanze, difetti, magari da una storia d’amore personale non felice, ma da questo poi può anche venire un bene, come a volte dal bene può venire un male. Non sappiamo che cosa può derivare dalle nostre azioni.

10 Maggio 2000

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