Angelo Voiello, tra Dio e il Napoli calcio

Una vita da protagonista. Personaggi che hanno cambiato per sempre la serialità televisiva


Angelo Voiello crede in due cose: Dio e il Napoli calcio. E non per forza in questo ordine. Dipende dalle giornate e dai risultati in campionato. Per molto tempo è stato il Segretario di Stato del Vaticano, e questo vuol dire essere sempre il primo a sapere quello che succede ed essere sempre l’ultimo a dover intervenire per mettere una pezza agli errori e alle sviste degli altri.

All’inizio, e lo ricorderete, ha combattuto strenuamente contro il papato di Pio XIII, questo ragazzo arrivato dal nulla, biondo e bellissimo, benedetto dallo Spirito Santo. Poi ha capito, è stato folgorato sulla via di Damasco, come si dice, e a modo suo – perché è comunque di un uomo di chiesa che stiamo parlando – gli ha fatto quasi da padre. Anzi no, meglio: da amico. E quindi l’ha ascoltato, seguito e protetto. Voiello è l’espressione massima di un certo modo di fare politica – perché la religione è anche politica, non prendiamoci in giro – e di stare con gli altri. Lui non chiede: ordina.

Negli anni, ha consolidato la propria posizione e il proprio potere. È una figura quasi – ma non proprio – andreottiana. Simpatico, brillante, napoletanissimo. È uno che si fa capire, che sa esattamente cosa dire e come dirlo, che si muove nell’ombra e alla luce del giorno. Scrive, come tutti gli uomini di potere, e viene raccontato, come tutti gli uomini odiati e invidiati. Ha una faccia simpatica, due occhiali grandi, dalla montatura di metallo, e un grosso neo sulla guancia destra. Il suo carisma è il carisma di quelli che, a fatica e a spintoni, se lo sono costruiti nel tempo, tra segreti e indiscrezioni, e non ci sono nati.

Voiello non è il prete confessore: è il confessore del confessore. È uno pratico, sveglio, furbo. Le sue battute migliori non sono pensate per far ridere le persone: sono piene di una serietà disarmante, e proprio per questo suonano più assurde e comicamente rilevanti. Il Vaticano è solo un frammento della reale estensione della Chiesa, e Voiello sa che non tutti sono uguali e hanno le stesse aspirazioni. Dietro una tonaca, c’è sempre un uomo, fatto di fragilità e imperfezioni. Di carne, soprattutto di quella, e ossa. E dietro a queste fragilità e imperfezioni, dietro a questa carne e a queste ossa, c’è sempre un modo per ottenere qualcosa. Ora pro nobis. Non chiamiamoli ricatti: chiamiamoli, semmai, leve e punti sensibili.

Oltre la politica, nella vita di Voiello c’è il calcio. Legge Tuttosport, la Gazzetta e il Corriere con attenzione, come se fossero una seconda Bibbia: meno definitiva e solenne, ma molto più rivelatoria e attuale. A Dio chiede miracoli per il campionato e per la Champions, e ai suoi assistenti di non essere disturbato. Voiello è intelligente e l’intelligenza, come ha imparato a sua spese, può separarti dagli altri, tenerti lontano dalla loro sensibilità, farti vedere il mondo e le cose del mondo sotto una luce completamente diversa.

Alla fine, pure Voiello cambia. E lo sappiamo. Non staremo qui a parlare della sua scalata verso il soglio pontificio. È importante quello che avviene nel mezzo, il suo riavvicinamento alla fede intesa come atto puro e incondizionato, che vale sia nella vita di ogni giorno che nella religione. Ed è importante pure quello che succede dentro di lui, nel suo spirito. Si piega, Voiello. Ma non si spezza. Non è uno di quei fuscelli giovani, sempreverdi, che ispirano gioia e speranza. È un vecchio pino che sta in riva al mare, che davanti alle folate di vento più forte si lascia scuotere ma che ha le sue radici ben piantate nel terreno.

Voiello coincide – proprio come Tony Soprano e Rust Cohle – con  il suo attore, Silvio Orlando. La sua voce, le sue espressioni; la sua comicità innata e accattivante. Il suo modo di stare in mezzo agli altri: sempre leggermente defilato, mai però lontano dal centro della scena. Orlando non è il protagonista delle due serie di Paolo Sorrentino, The Young Pope e The New Pope. Eppure è indubbiamente uno degli interpreti più amati e apprezzati. Orlando è un fuoriclasse: uno che gioca nello stesso campionato di John Malkovich e di Diane Keaton, uno che fraseggia senza problemi con Jude Law, che trova la sua dimensione, che sa misurarsi – non la palla, no, ma – la battuta. Con il suo ruolo, s’è fatto notare in tutto il mondo, dividendosi equamente tra italiano e inglese, farcendo con giudizio le frasi con il napoletano e con la sua cadenza.

Voiello, sostenuto anche dalla scrittura di Sorrentino, si è velocemente affermato come uno dei personaggi più belli e complessi della serialità italiana. Qualcosa di cui, ed è inutile negarlo, si sente una grande mancanza. Perché sì: ci sono le serie, le belle storie; ci sono le co-produzioni internazionali e i grandi attori. Ma uno come Voiello, così unico, così fedele a se stesso, divertente, arguto, sarcastico, rimane un’eccezione. La sua è davvero una vita da protagonista.

Gianmaria Tammaro
03 Febbraio 2024

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