Alba Rohrwacher: a Berlino alla ricerca della felicità


BERLINO – Il suo volto campeggia sui manifesti affissi ovunque per le strade di Berlino, insieme a quello del coprotagonista Vincenz Kiefer, e il suo exploit da protagonista di un film tedesco firmato dalla più importante regista donna teutonica, dopo essere passato alla Berlinale Special, arriverà nelle sale tedesche il 23 febbraio, e in quelle italiane, si suppone, tra qualche mese. Alba Rohrwacher ha esportato il suo talento in terra di Germania con Glück (Bliss), di Doris Dörrie, un film spiazzante, fuori da ogni schema, che inizia come un dramma social-sentimentale e poi sterza violentemente nella crime-comedy grottesca. Impegnata in questi giorni a Udine sul set (segretissimo) di La bella addormentata, il film di Marco Bellocchio sull’eutanasia ispirato alle vicende di Eluana Englaro, l’attrice di Il papà di Giovanna e Cosa voglio di più ha raccontato per telefono a CinecittàNews la sua esperienza sul set di Bliss. In cui si mette negli scomodi panni di una prostituta in fuga da un passato lacerante distrutto dalla guerra, che tra le strade di Berlino incontra Kalle (Vincenz Kiefer, appunto), un punk senzatetto che, come lei, appartiene alla schiera degli invisibili e degli emarginati. Un dolce incontro tra due solitudini che sfocia in amore, e poi addirittura in un folle gesto “splatter” fatto per difendere la felicità appena conquistata.

Cosa l’ha convinta ad accettare questo ruolo così strano, di certo difficile da trovare in una sceneggiatura italiana?
Senza dubbio l’incontro con la regista Doris Dörrie. Mi ha chiamata dopo avermi visto in Cosa voglio di più di Soldini e mi ha mandato la sceneggiatura, che mio padre mi ha aiutato a leggere in tedesco. Quindi sono andata a Berlino a incontrarla. Abbiamo fatto uno strano provino, un giorno di lavoro approfondito, provando le scene in interni e in esterni, con il direttore della fotografia. Di quella giornata mi è rimasto molto, e ho deciso di collaborare. Il provino è stato produttivo, ma già la sceneggiatura aveva già in sé una grande forza, quella del racconto di un incontro descritto con grande attenzione alla quotidianità. In Bliss si raccontano cose piccole ma importanti… e poi mi incuriosiva il finale: è sorprendente.

Bliss è un film originale, diverso, coraggioso, che attraversa più generi. C’è qualcosa che l’ha spaventata nel progetto?
Le cose che mi avevano un po’ spaventato leggendo la sceneggiatura le ho dimenticate immediatamente una volta incontrata Doris. All’inizio mi sembrava di non capire fino in fondo il tono del film, ma ero sicura del progetto perché mi sono resa conto che tra Doris, me e Vincenz si è instaurata subito una comunicazione emotiva sincera. Credo che il film sia una commedia romantica con un risvolto drammatico, e che somigli molto a Doris: libero, spiazzante, ma capace di mantenere una coerenza. Un film che non teme giudizi, a suo modo coraggioso.

Il titolo originale del film, Glück, in tedesco significa “felicità-fortuna”…
E’ interessante vedere come il termine tedesco Glück contenga in sè due significati. In inglese è stato tradotto con Bliss: felicità, gioia. Nel film si parla di come preservarla. Mi piaceva che queste due persone ai margini cercassero di costruire una loro quotidianità e, pur di mantenerla, arrivassero a fare cose insensate.

E per lei cos’è la felicità? Sta anche nel suo lavoro di attrice?
E’ una domanda difficile. Fatico a rispondere. Tendere alla felicità credo significhi individuare una vocazione e seguirla, con fedeltà. Il percorso è il territorio che può contenere momenti di felicità. Tra i Felici Pochi descritti da Elsa Morante nel Mondo salvato dai ragazzini ci sono persone che hanno sacrificato la vita all’arte, alla ricerca di Dio, che si sono persi, sono morti e risorti. Rivoluzionari, umili, santi, persone dentro una ricerca, una lotta. Per quanto riguarda Kalle e Irina, trovano la felicità nel loro piccolo mondo, il quotidiano semplice li appaga.  Mangiano pane e miele e sono liberi.

Com’è andata con la recitazione in tedesco?
E’ stata spiazzante i primi giorni, per le dinamiche di un linguaggio veloce e tecnico che mi era sconosciuto. Poi qualcosa è cambiato, ho capito che potevo integrare le difficoltà della lingua con le difficoltà del mio personaggio, da elaborare e superare. Alla fine addirittura improvvisavamo i dialoghi, tanto mi veniva naturale.

Il film di Doris Dörrie descrive anche molto bene una Berlino degli “invisibili”.
Abbiamo girato gli esterni nel quartiere berlinese di Charlottenburg, nella zona Ovest, all’incrocio di due-tre strade. E’ una zona a Ovest che ricorda certe parti di Berlino Est prima della caduta del muro. A parte le scenografie degli interni e i personaggi principali, tutto il resto è reale, abbiamo “rubato” immagini in un contesto che esiste ed è così come si vede nel film.

Dopo questa ribalta alla Berlinale con un film tedesco, ha voglia di fare altre esperienze all’estero?
Naturalmente dipende dal progetto, ma dico sì a tutto ciò che comporta una scoperta e che mi appassiona.

Prossimi impegni italiani?
A giugno girerò un’opera prima italiana a cui tengo molto.

16 Febbraio 2012

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