Appena lo scorso anno, un documentario di Kathryn Ferguson passato al Sundance, intitolato Nothing Compares, esaminava la sua ascesa, l’unicità della sua voce e la sua personalità fuori dal comune che l’ha condotta anche all’esilio dal pop mainstream.
Oggi Sinead O’Connor non c’è più, e come sempre, quando se ne va qualcuno che oltre a persona e personaggio è anche icona, sembra talmente assurdo accettarne la dipartita che la morte sembra quasi un elemento secondario, qualcosa che si aggiunge, più che togliere altro, all’importanza del simbolo. Nel documentario si ripercorreva vita e carriera dell’artista, dagli abusi infantili al successo, dal difficile rapporto con la popolarità e l’impegno civile alla grande fragilità che l’ha sempre accompagnata. In particolare il documentario analizzava l’odio arrivato alla cantante proprio a causa delle sue forti prese di posizione.
La cantante irlandese aveva 56 anni. Ha pubblicato 10 album in studio e la sua canzone “Nothing Compares 2 U” è stata un grande successo ed è stata insignita del titolo di singolo numero uno nel mondo nel 1990 ai Billboard Music Awards. Nello stesso anno, ha partecipato al concerto “The Wall – Live in Berlin” organizzato da Roger Waters, dove ha eseguito il brano “Mother“.
O’Connor ha sofferto di diversi problemi di natura mentale tra cui agorafobia e bassa autostima acuta. Nel 2017 ha confessato di aver tentato per ben otto volte il suicidio, l’ultima volta dopo la perdita del figlio Shane, fuggito da un centro psichiatrico, e di essere stata torturata dalla madre.
Tornando alla carriera, va ricordato anche l’album intitolato “Am I Not Your Girl?”, contenente reinterpretazioni di celebri standard jazz e un inedito intitolato “Success Has Made a Failure of Our Home”. Nel 1992, durante un’apparizione al Saturday Night Live, ha modificato le ultime parole del brano “War” di Bob Marley per denunciare il problema della pedofilia nella Chiesa cattolica negli Stati Uniti.
Negli ultimi anni, la cantante ha dovuto affrontare una battaglia contro la depressione, affrontando apertamente i suoi problemi di salute mentale. Anche la sua conversione all’Islam nel 2017, con il conseguente cambio di nome in Shuhada’ Davitt, non ha portato a una stabilità emotiva duratura.
Una delle sue ultime apparizioni pubbliche si è svolta all’inizio dell’anno agli RTÉ Choice Music Awards in Irlanda, dove ha dedicato un premio “a ogni singolo membro della comunità di rifugiati irlandesi”. Con affetto ha accolto e incoraggiato la presenza di questi rifugiati in Irlanda, esprimendo il suo amore e i suoi sinceri auguri di felicità.
Questo toccante momento ha ricevuto un caloroso applauso dalla platea, segnando l’ultima standing ovation della sua vita.
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