Addio a Ermanno Olmi

E' morto ad Asiago il regista Ermanno Olmi. Aveva 86 anni


E’ morto ad Asiago Ermanno Olmi, aveva 86 anni, era nato il 24 luglio 1931 a Bergamo.  Autodidatta, pioniere nel campo del documentario, creatore di un linguaggio personale e fuori da ogni schema fin da opere come Il tempo si è fermato, I recuperanti e La circostanza, sperimentatore incessante ha portato per la prima volta al cinema il dialetto come lingua (L’albero degli zoccoli, Palma d’oro a Cannes nel 1978) e i grandi miti della tradizione cristiana (Cammina cammina).  

Ma il range di Olmi è sempre stato ampio, fino a includere i toni e i generi più differenti: dal racconto storico all’allegoria, a varie declinazioni della fiaba. In origine il regista curò il servizio cinematografico della Edisonvolta per la quale realizzò decine di titoli: tra i più noti La diga sul ghiacciaio, Tre fili fino a Milano, Un metro è lungo cinque. Testimonianze dell’attività della società elettrica, come negli auspici dell’azienda committente, però già piene di attenzione per gli sforzi e l’operosità della gente che vi lavora.

Degli anni Cinquanta sono anche alcuni “corti” a soggetto, come Manon finestra 2 Grigio (col testo di Pasolini).  Da ricordare, tra i lungometraggi, Il posto, delicata storia di due giovani al primo impiego in un’azienda milanese ai tempi del cosiddetto boom economico. Segue I fidanzati, ambientato nel milieu operario ma dove si affacciano già preoccupazioni per la crisi dei sentimenti.

Con E venne un uomo (1965), biografia di papa Giovanni XIII, il regista dà spazio al proprio sentire religioso, però in forma sempre terrena ed eminentemente umana. Dopo alcuni film tinti di metafora (Un certo giorno, Durante l’estate), realizza appunto L’albero degli zoccoli, fiaba contadina considerata il suo capolavoro.

Raggiunta fama internazionale, Olmi si trasferisce ad Asiago e nel 1982, a Bassano del Grappa, dà vita a Ipotesi Cinema, “bottega del cinema” che collaborerà con la Rai di Paolo Valmarana e sfornerà nuovi registi. Colpito da una malattia invalidante, e da conseguente depressione, il regista resta lontano dal set per un lungo periodo. Vi torna nella seconda metà degli anni Ottanta con la parabola Lunga vita alla signora! (Leone d’argento a Venezia) e con La leggenda del Santo bevitore (Leone d’oro, tratto dal romanzo di Joseph Roth che il critico e amico Tullio Kezich, poi suo co-sceneggiatore nel film, gli ha fatto conoscere).

Poi dirige Paolo Villaggio ne Il Segreto del bosco vecchio, dal romanzo di Dino Buzzati. Dal 2000 in avanti la filmografia olmiana inanella titoli di assoluta originalità. Come Il mestiere delle armi, sugli ultimi giorni della vita di Giovanni dalle Bande Nere; poi Cantando dietro i paraventi, fiaba pacifista in costume interpretata da Bud Spencer con un cast di attori orientali. Del 2007 è la parabola cristologica Centochiodi, poi ancora storie di fiction, con Il Villaggio di cartone e Torneranno i prati, ambientato nelle trincee dell’altopiano di Asiago durante la prima guerra mondiale. Poco più di un anno fa Olmi aveva firmato un intenso ritratto del cardinale Carlo Maria Martini (1927-2012) con il documentario  vedete, sono uno di voi, scritto con Marco Garzonio e prodotto, insieme a Rai Cinema, da Istituto Luce Cinecittà.

Titolare di Leone d’oro alla carriera e di una quantità di altri premi, Olmi è anche l’autore di alcuni libri: il più noto è ‘Ragazzo della Bovisa’.

Redazione
07 Maggio 2018

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