“Una cosa che mi piace molto è quando un regista ti indica dei film da vedere, non tanto per stimolare un’imitazione, ma per l’emozione che può suscitare, e Delphine mi ha chiesto di guardare, prima delle riprese, Qualcuno volò sul nido del cuculo: l’esperienza di rivederlo è stata molto importante, ricordo in particolare una scena in cui Jack Nicholson, nel tentativo di resistere, di non lasciarsi andare, tiene le mani nelle tasche, per frenarsi e non partire, per non andare in una direzione in cui non riuscirebbe più a fermarsi; è una scena che simboleggia molto bene quello che ci si aspetta da noi, nelle nostre società, nel mondo del lavoro, dell’essere madre e, a partire da quella visione, ho riflettuto su una serie di situazioni, anche personali, o su quello che ci viene insegnato da piccoli, che magari offre idee preconcette, che però ci infilano in buchi da cui è difficile uscire. È stato, quindi, una base importante, che si mescola con la disponibilità che ciascun attore ha poi sul set di lasciarsi andare e offrire se stesso” spiega Virginie Efira per il ruolo di Sylvie nell’opera prima di Delphine Deloget, Niente da perdere, già nella selezione di Un Certain Regard 2023 a Cannes e adesso tra i titoli di Rendez-Vous a Roma, in anteprima nazionale.
La madre coraggio è una figura caposaldo della narrativa, sia essa letteraria o cinematografica, e Efira la incarna con spirito fiero e indipendente.
Una tempesta quasi indomabile si scatena per un incidente domestico, un’ustione di secondo grado sull’addome: il più piccolo dei due figli, Sofiane, un bambino, una notte si ferisce cercando di cucinare delle patatine fritte, mentre la mamma è assente da casa, perché impegnata a lavorare, come barista in una discoteca; da qui si dilata una macchia d’olio che sembra senza perimetro, s’innesca un effetto domino tra giustizia, servizi sociali e burocrazia, macchine che tendono a stritolare il sentimento assoluto dell’amore materno e il suo sacrificio di genitore solo, del più piccolo e dell’adolescente Jean-Jacques.
L’attrice condivide la visione di “madre esemplare” per il suo personaggio. “Sylvie lo è perché capace di stare in ascolto dei suoi figli, tracciando anche dei binari, prendendo in se stessa la forza e il coraggio, nonostante sia sola, però questa non è un’opinione condivisa da tutti; con mia grande sorpresa, gli uomini spesso comprendono l’intervento dei servizi sociali in una situazione simile, e invece mi piace molto come Delphine abbia deciso di rendere Sylvie totalmente priva di sensi di colpa per lo stile di vita che conduce: si rimbocca le maniche, cerca di fare del suo meglio, e ovviamente questo è in contrasto con l’immagine sociale ricorrente della madre pura e devota; non appena c’è una piccolissima mancanza da parte sua si apre una faglia, ed ecco che intervengono i servizi sociali”.
Nessuna fantasia, piuttosto un senso realistico molto concreto quello della storia di Sylvie, emancipata e orgogliosa del proprio ruolo materno, ma effettivamente messa alla prova da una circostanza già di base complessa; innescata dal suddetto incidente domestico, scaturisce la denuncia che porta il piccolo a essere messo in una casa famiglia, dopo la suggestiva sequenza di apertura in cui Jean-Jacques, nel buio notturno di Brest, spinge forsennatamente – verso il pronto soccorso – un carrello della spesa, dentro cui è seduto il fratellino ferito.
“Non si sceglie mai un ruolo, si sceglie un film”, continua Efira. “Io non conoscevo Delphine ma quando ho letto la sceneggiatura mi è apparso chiaro lo sguardo su questa storia, piena di contraddizioni, e priva di una caratteristica del cinema francese – che a volte ha dei risultati anche interessanti -, basato su un puro realismo sociale, mentre nel suo sguardo ho colto un dato in più, che ha a che vedere con certo cinema britannico, con un senso dell’umorismo, il ritratto di ‘un’eroina’, quindi in questa storia c’era davvero del cinema e uno sguardo registico che permetteva a chi interpreta di incarnare il personaggio”.
Per l’attrice francese “il lavoro dell’attore è all’opposto del giudizio verso la storia e il personaggio, perché esige una adesione, quindi ciascuno dei personaggi ha qui le proprie ragioni; se da un lato non si giudica un personaggio, il meccanismo di una società, così come viene creata per il bene degli stessi cittadini, a volte ha un sistema non virtuoso per come era stato ideato per essere, perché dovendo valere per la maggioranza della società può scivolare nella caricatura di se stesso, e a quel punto costringere anche l’individuo a diventare esso stesso caricatura rispetto alla casistica che incarna. Considerando l’altro un mostro, diventi anche tu un mostro”.
Se la vita di Sylvie non è quotidianamente costellata da una serena condotta, eppure affrontata con tempra ammirevole, l’esistenza diventa da incubo, uno stato stressogeno che minaccia l’equilibrio mentale della mamma, chiamata a una guerra sociale e legale per dimostrare la propria capacità genitoriale. Sulla maternità e sulla sua personale costruzione del profilo materno in generale, soggetto già affrontato – per esempio ne I figli degli altri (Mostra di Venezia 2022) – Virgine Efira spiega che “se questo è un film che ci mostra una società che da un lato diventa sempre più dura, dall’altro è bello accostare l’immagine di un amore famigliare, di come una madre ami il proprio figlio, al di là delle affettuosità: ha molto a che fare con la possibilità di crescere i figli e lasciarli liberi, questo è il senso dell’amore di un genitore, perché amare è accompagnare verso un’autonomia. Non credo ci sia un solo modo di essere madre o di essere donna, ciascuna è fatta di tantissimi aspetti, è un soggetto immenso che può essere esplorato da tantissimi punti di vista, ed è quello che mi stimola in questi ruoli, fondamentali ma difficili; mi piacerebbe interpretare una donna che ha delle patologie, che magari beve o soffoca i propri figli, perché appunto non c’è un unico modo di essere madre, di essere donna; per esempio, alla mia età è anche normale riflettere se la maternità sia veramente così fondamentale per la realizzazione di una donna, perché non è detto sia così; quello che mi piace è la prospettiva non codificata”.
Nel cast del film, oltre a Efira: Arieh Worthalter (Il Caso Goldman), Félix Lefebvre (Mon Crime – La colpevole sono io) e India Hair (Jeanne Du Barry – La Favorita del Re), oltre all’esordiente Alexis Tonetti.
Niente da perdere esce nelle sale italiane dal 1 maggio, distribuito da Wanted Cinema.
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